«Vi ringrazio per questi tre mesi. Non ero allo Spielberg, ma non è una cosa piacevole sentirsi privati del proprio tempo e della propria libertà. Non è qualcosa di piacevole soprattutto se si pensa di non aver fatto mai qualcosa di male». Sono le prime parole di Giovanni Toti, incontrando i giornalisti all’esterno della sua casa di Ameglia, dove stamattina è stato liberato dagli arresti domiciliari. Lo riporta l’Agenzia Dire.
«Ovviamente − aggiunge Toti − siamo contenti della decisione presa stamani, secondo me riequilibra alcune decisioni del passato che erano francamente poco comprensibili dal nostro punto di vista. Dal punto di vista del processo non ci siamo opposti né ci opporremo in alcun modo a un processo rapido e veloce perché siamo convinti di poter spiegare tutto quello che c’è. Io credo che mai come in quest’occasione i problemi della giustizia e della politica si siano intersecati. E mi auguro che alla politica sia molto chiaro che quello che a Genova fa parte degli atti di accusa è in realtà qualcosa che è poco comprensibile a me».
Toti conferma la linea della sua difesa: «Ci sono atti legittimi, ci sono finanziamenti legittimi, eppure messi insieme, secondo la Procura, connotano un comportamento criminoso. Questo è qualcosa che mette in discussione l’autonomia della politica sia nei suoi finanziamenti sia nella capacità di incidere sulla realtà. Quindi sarà qualcosa che credo dovrà far discutere non solo nelle aule di giustizia, ma anche nelle aule della politica».
Dopo la notifica della Guardia di finanza dell’ordinanza che lo ha fatto tornare un uomo libero, i primi ad arrivare nella villa di Ameglia dove è rimasto per 86 giorni, sono il suo ex autista e la sua ex segretaria. Poi, l’assessore regionale e suo vicino di casa, Giacomo Giampedrone, accompagnato dalla ex portavoce Jessica Nicolini.
«Credo che oggi il presidente sia felice dopo ottanta giorni che sono stati duri per tutti noi. Un grande dispiacere per aver lasciato un lavoro che stavamo facendo credo in maniera egregia, ma anche tanto orgoglio per rivendicare tutto quello che abbiamo fatto. È un sacrificio grande ma oggi siamo contenti − ha detto Giampedrone alla Dire − sarà una giornata di lavoro, oltre che di piacere per non avere più i tempi ristretti che ci ha dato la Guardia di finanza negli incontri, molto risicati. Poi credo che domani avrà una fitta agenda politica, personale e amministrativa».
La prima comunicazione, però, è arrivata su Facebook, un lungo post che riportiamo integralmente: “Sono mancato per un po’, e soprattutto mi siete mancati tanto. Grazie mille a tutti coloro che in questi 86 giorni tramite la famiglia, l’avvocato, e in ogni modo possibile, mi hanno fatto sentire il loro affetto e la loro vicinanza. È stato il maggior conforto in questi giorni bui. Ci difenderemo da ogni accusa, con la coscienza a posto di chi non ha mai intascato un centesimo dei liguri, ma lasciamo una Liguria più ricca: di lavoro, di opportunità, di speranze.
Quello che è accaduto in questi tre mesi è un processo alla politica: ai finanziamenti, trasparenti e legali, agli atti, anch’essi legali e legittimi, che abbiamo ritenuto necessari e utili a far crescere la nostra terra. Tutto questo sarà tema di confronto in tribunale. Soprattutto spero sia oggetto di vera e definitiva riflessione della politica. Della politica tutta o, almeno, di coloro che non ritengono di usare opportunisticamente la giustizia a scopo politico. Mai come in questo caso l’autonomia della politica, la sovranità popolare, il suo finanziamento trasparente, la sua possibilità di indirizzare lo sviluppo e la crescita sono stati al centro del confronto tra la giustizia e il potere sovrano che discende dal popolo.
I magistrati interpretano le leggi ma la politica quelle leggi le fa. L’autonomia della politica, come quella della giustizia, dovrebbero essere un patrimonio di tutti. Difficile sperare consapevolezza da chi riempie le piazze di luglio (riempie, insomma…), festeggiando l’aiuto arrivato. Ho fiducia in chi crede nella democrazia liberale e spero colga queste vicende come un definitivo campanello che suona per ricordare l’inerzia di troppi anni.
Mi sono dimesso, richiamando tutti voi al voto, perché ora tocca ai cittadini decidere invece la sorte della nostra terra: andare avanti con la Liguria protagonista che abbiamo costruito, o consegnarla alla cappa grigia dell’ipocrisia, della cultura del sospetto, dell’immobilismo, della doppia morale capace di oscurare già in questi giorni anche il fulgido sole di agosto. Sarebbe un futuro che, se possibile, appare già peggio del passato che ci siamo lasciati alle spalle. Un abbraccio a tutti, che spero di darvi fisicamente nelle prossime ore.
Viva la Liguria. Viva la libertà”.
«Aspettavamo questo provvedimento, nelle ultime ore l’attesa è diventata più intensa: è stato letteralmente un momento di liberazione» ha dichiarato Stefano Savi, l’avvocato difensore di Giovanni Toti, commentando la notizia della liberazione del suo assistito. «Il gip dice che sono grandemente scemati i motivi che giustificavano la custodia con la chiusura delle indagini e con le dimissioninon residuano vincoli, quinti Toti è un uomo libero che può agire come tutti noi». Savi, che non è andato ad Ameglia, ha aggiunto che «c’è soddisfazione perché è stata accolta la nostra istanza e sono stato condivisi i nostri argomenti rispetto al venir meno delle esigenze cautelari. Il primo impegno ora sarà esaminare le intercettazioni che ci dovranno essere depositate. Per quanto mi riguarda, non credo che sia praticabile la richiesta di riti alternativi ma aspettiamo di vedere come si muove la Procura».