“Sanguina ancora-L’incredibile vita di Fëdor M. Dostojevskij” di Paolo Nori (Mondadori) ricostruisce la storia dei capolavori di Dostoevskji, e la vita dello scrittore. Una vita incredibile, come evidenzia il sottotitolo, la vita di un uomo arrestato nel 1849 per aver partecipato alle riunioni di una società segreta costituita con scopi sovversivi, dopo sette mesi condannato a morte direttamente dallo zar Nicola I, per poi vedere all’ultimo momento la condanna a morte tramutata in quella ai lavori forzati in Siberia. E poi la malattia, il gioco…
Alla storia di Dostoevskij e a quella delle sue opere Nori alterna squarci della propria storia di lettore e di uomo. Perché è lo stesso Dostoevskij che, quando lo frequentiamo, ci chiede di bruciare la distanza tra la nostra esperienza e la sua. La prima lettura che Nori ha fatto dell’opera dello scrittore russo, quella di Delitto e castigo, è stata un’iniziazione, una ferita che continua a sanguinare. “E io, sono come un insetto o sono come Napoleone?” si chiede il protagonista del romanzo, Raskolnikov, sradicato ed esposto al suo tempo. E la stessa domanda riguarda l’autore del libro e chi lo legge, aprendo una ferita che per Nori non si è mai rimarginata.