Circa 200 lavoratori Ilva presenti oggi a Genova per il consiglio regionale straordinario dedicato alla situazione dell’industria di Cornigliano. I lavoratori chiedono di rispettare l’accordo di programma del 2005. “Pacta servanda sunt” (i patti devono essere osservati) recita il latino scelto per lo striscione.
Si leva un coro di proteste quando il presidente del consiglio Francesco Bruzzone definisce «quella roba lì» l’accordo di programma e la questione Ilva.
Bruno Manganaro, segretario della Fiom Cgil di Genova dice: «Lo stabilimento è il fiore all’occhiello, c’è bisogno di produzione, per esempio quella della banda stagnata. Bisogna parlare di industria in questa città: i lavoratori non si possono più permettere questo gioco al ribasso che dura da anni. Serve presentare un piano serio e investire su Genova».
I lavoratori hanno chiesto a gran voce alla Regione di prendersi le proprie responsabilità, specificando che un’eventuale riscrittura dell’accordo di programma non può prescindere dalla continuità di reddito e dalla garanzia occupazionale, pilastri fondamentali per i lavoratori e i sindacati.
Giovanni Lunardon (Pd) esordisce: «Abbiamo chiesto la convocazione del consiglio perché siamo consapevoli della situazione drammatica dell’Ilva su Genova e Novi Ligure. Non solo per solidarietà, ma soprattutto per fornire risposte e prenderci degli impegni. Bisogna ripartire dall’accordo di programma di dieci anni fa: in base a questo accordo Genova e la Regione sono in debito verso i lavoratori. Siamo convinti che l’acciaio sia la linea strategica per il Paese: per questo, l’impegno che chiediamo alla giunta è una politica complessiva su Ilva, che tenga certamente conto di Taranto (perché senza Taranto l’Ilva non sopravvive), ma anche di Genova e Novi, che vanno salvaguardate e garantite. Chiediamo che gli impianti ristrutturati siano effettivamente operativi, come la zincatura 4. Ho appreso con piacere che è stato convocato il collegio di sorveglianza: è necessario per l’accordo di programma. Vogliamo assumerci impegni che riguardano i lavoratori: in primis attuare un tavolo con il governo per garantire la copertura del 70% dei contratti di solidarietà anche per i prossimi 2 anni».
Il presidente della giunta regionale Giovanni Toti puntualizza: «Con l’assessore competente Edoardo Rixi siamo andati a Roma già due volte. Non abbiamo perso tempo, anche se non si può far finta che la politica in questi 10 anni sia stata inadempiente. Siamo sicuri e certi che si riparte dall’accordo di programma 2005: lo abbiamo detto al commissario Enrico Laghi. È giusto che si sostenga il reddito dei lavoratori. Oggi dobbiamo risolvere il problema, ognuno si deve assumere le proprie responsabilità. Nella legge di stabilità ci sono risorse per Ilva: ho chiesto che questi soldi non vadano tutti a Taranto. Abbiamo chiesto il piano industriale su Genova e garanzia occupazionale. Ma in questa battaglia vi considero alleati, perché al momento la controparte è il governo. Vorrei avervi al nostro fianco per dire che la Regione non farà passi indietro. Non parliamo di piccole battaglie per piccoli interessi personali: siamo tutti legati allo stesso percorso. Non accetteremo alcuna revisione dell’accordo 2005, saremo noi a chiedere la revisione del piano».
Edoardo Rixi spiega: «Non possiamo far vivere la gente e discutere ogni anno delle stesse cose. Bisogna dare garanzia ai lavoratori e dare una prospettiva diversa da quella di ripetere ogni sei mesi le stesse cose. Vogliamo che si discuta in maniera chiara. Il 3 novembre ne parleremo anche in prefettura e abbiamo chiesto che siano presenti anche i sindacati». Si scaldano gli animi quando l’assessore spiega che vorrebbe almeno 4 anni di contratti di solidarietà: forte la protesta di alcuni lavoratori che, a gran voce, chiedono lavoro e non contratti di solidarietà». Rixi prova a spiegare che si tratterebbe di una maggiore tutela, ma torna sui suoi passi e la proposta resta di due anni.
Il consigliere Angelo Vaccarezza aggiunge: «Sottoscrivo tutte le parole dette da Toti e Rixi. Il 70% dello stipendio serve per sopravvivere e non per vivere. Bisogna andare a Roma e puntare i piedi, battere i pugni: per anni siamo andati a Roma a prendere degli schiaffi. Abbiamo visto troppe promesse a Genova e soldi andare da un’altra parte».