Essere una piccola impresa non è più bello come era una volta. Perché una volta il piccolo era sinonimo di bello, flessibile, dinamico. Oggi non basta. La catena corta ha i suoi vantaggi perché consente di prendere decisioni in tempo reale, però non è più sufficiente. Serve fare squadra, rete, sul serio. Se ne parla da vent’anni a livello politico, ma non è certamente facile concretizzarlo.
Ci sta provando il Consorzio Tecnomar all’interno del Distretto Ligure delle Tecnologie Marine, che racchiude le pmi del settore della Blue Economy. Lo presiede Cristiana Pagni (che è anche nel cda del Dltm), vulcanica imprenditrice e da sempre figura di riferimento non solo nello spezzino per chi fa impresa e per chi vuole guardare oltre le punte dei propri piedi. «Siamo l’unico Paese al mondo che non fa sistema e dobbiamo cercare di colmare questa lacuna: gli altri Stati lo fanno, portano le loro aziende in giro per il mondo, mentre noi ancora non abbiamo un metodo in questo».
Con il Dltm e il Consorzio il supporto sta riuscendo. È bastato, per esempio, scrivere nei bandi in cui fra i requisiti la completezza della filiera assicurava il maggior punteggio. «È vero che i capofila dovevano comunque essere grosse aziende e hanno un ruolo importante. Devono fare il big player a livello internazionale, ma anche da volano alle piccole e le medie verso l’esterno. Con dei criteri trasparenti nei bandi abbiamo dato un impulso a favorire veramente l’ingresso nei progetti di ricerca delle piccole e alle medie imprese. E così, quando la grande azienda va a riproporre il progetto ad esempio in Asia o in America, si porta dietro la filiera».
In un colpo solo, così, si è data una mano alle pmi innovative e anche all’internazionalizzazione dei loro prodotti. «Internazionalizzare – Pagni sgombra il campo da fraintendimenti – non significa vendere all’estero, ma creare un rapporto forte, costante con un certo Paese, significa interfacciarsi con esso, conoscerne la cultura, trovare il giusto partner per creare delle collaborazioni, così si internazionalizza».
Puntare sulla concretezza è il motto di Cristiana Pagni. L’avventura del Consorzio Tecnomar è iniziata nel 2009, nel 2010 è stato creato il Dltm e il Consorzio (che possiede poco più dell’11% delle quote del Distretto) è proprio un veicolo per parteciparvi. «Allo stesso tavolo siedono enti di ricerca, università, grandi aziende, il consorzio e poi tanti altri stakeholder. Quindi ci possiamo trovare riuniti in un unico posto, che dovrebbe essere la casa dell’impresa, dove si possono vagliare, valutare, creare collaborazioni».
Aderire al Consorzio significa avere la possibilità di fare sempre formazione, di partecipare a seminari, di avere un supporto nella stesura dei bandi: «Anche questo è importante perché le imprese piccole non sono strutturate così come le medie e le grandi. Non hanno un reparto che partecipa alla stesura o un reparto legale; nelle pmi e nelle mpmi l’imprenditore è quello che fa un po’ di tutto, quindi si occupa di fornitori, di clienti, di banche, di personale e le persone che lavorano nell’impresa si trovano alla fine davvero troppo sotto pressione e spesso non riescono a dare seguito alle buone idee». Il Dltm invece scrive i bandi e offre diversi servizi, oltre che essere luogo di confronto. «Questi bandi servono a far aggregare le aziende e quindi qui si trova il giusto partner, qualcuno con cui collaborare, con cui crescere. Una cosa che spesso ci dimentichiamo e soprattutto le nostre istituzioni dovrebbero ricordarelo di più è che l’obiettivo del nostro Paese è che le micro imprese diventino piccole, che le piccole diventino medie,. che le medie diventino grandi e che le grandi facciano competere il Paese a livello internazionale e per fare tutto questo c’è bisogno di luoghi dove portare un un’idea, un progetto, comunque dove si possa fare aggregazione su dei temi. Il nostro è un distretto chiaramente delle tecnologie marine e quindi noi parliamo di tutto quello che riguarda il mare e devo dire che è stata un’idea vincente».
Secondo Pagni è fondamentale puntare sulle materie Stem: «Investire su di esse significa intanto avere del personale qualificatissimo, che aiuta le aziende a fare un salto tecnologico. Le aziende che portano avanti l’innovazione in tecnologia e ricerca, fanno progredire il Paese e consentono all’Italia di stare nella top ten dei Paesi tecnologicamente avanzati».
L’altro aspetto su cui c’è stata una crescita di consapevolezza, ma ancora non sufficiente a livello centrale è il ruolo del mare: «L’Italia è una piattaforma sul mare, siamo un hub sul Mediterraneo, dobbiamo assolutamente sfruttarlo».
Sinora grazie al Dltm si sono realizzati un centinaio di progetti che hanno cubato circa 100 milioni di investimenti e tutto ciò è stato possibile anche grazie alla formazione in materia di cultura d’impresa in un’epoca in cui l’Arsenale ha smesso di essere il traino dell’economia locale alla Spezia.
«Quello che dobbiamo cercare di far capire alle istituzioni è che questi tipi di progetti vanno valutati in poche settimane, perché altrimenti in un mondo come quello di adesso che è accelerato, dove qualsiasi innovazione tecnologica dura qualche mese, dobbiamo dare alle imprese una risposta veloce perché a loro serve per essere competitivi a livello internazionale».
Il settore delle tecnologie marine in Liguria è molto attivo su tutti i fronti: cantieristica, difesa e ambiente. Le imprese liguri che aderiscono al Consorzio sono parecchie: oggi 71 dopo un picco di 130 che è però stato falcidiato dalle crisi che si sono susseguite negli ultimi 15 anni.
Il Consorzio è fra i soci fondatori di Ibg, società che organizza Seafuture, il salone delle tecnologie del mare che si svolge nella base navale della Spezia a cadenza biennale, a cui partecipano realtà specializzate in difesa, tecnologia, sicurezza e scienze ambientali.