Presidio dei sindacati dei lavoratori di Banca Carige in piazza De Ferrari, per ribadire che, in caso di un piano industriale che preveda un alto numero di esuberi, non staranno a guardare, chiamando l’intera categoria alla protesta. «Aspettiamo la presentazione del piano industriale, gli assetti societari, non abbiamo pregiudizi nei confronti di nessuno, ma se c’è qualcuno che pensa che la Cgil tratti con la pistola alle tempia si sbaglia di grosso», dice Giuliano Calcagni, segretario generale della Fisac Cgil.
La First Cisl, attraverso Vilma Marrone della segreteria nazionale, oltre a ribadire la contrarietà agli esuberi, propone addirittura di entrare nel capitale della Banca, usando il fondo occupazione da 165 milioni di euro.
Se i duemila esuberi di cui si parla dovessero essere confermati, per i sindacati si tratterebbe di un grosso problema: questa cifra impedirebbe l’utilizzo del fondo esuberi che ha permesso sinora di gestire 50 mila fuoriuscite a livello nazionale senza perdere i livelli salariali.
«Ricordo – aggiunge Calcagni – che il decreto del governo ha messo a disposizione 1,3 miliardi per eventuali interventi».
Per la Fisac è preoccupante anche il tentativo di chiudere metà delle filiali, specialmente quelle del Mezzogiorno: «Determinerebbe una mobilità selvaggia, con una migrazione coatta verso il Nord. Questo meccanismo, lo abbiamo già visto in altre occasioni, determina i licenziamenti delle fasce più deboli. Noi siamo disponibili a trattare, ma non accetteremo mai macelleria sociale rispetto a questa situazione. I lavoratori Carige hanno già contribuito al risanamento, ma sono vittima di una mala gestione durata almeno un quinquiennio. Occorre quindi fare bene le cose, l’azienda deve servire al rilancio della città di Genova e del suo territorio».
Rossana Leoncini, oltre a essere un danno per i dipendenti che dovrebbero rimetterci anche un 20% dello stipendio, che è già il più basso d’Italia nella categoria. Si faccia il possibile per preservarla nella sua interezza.