H2Boat è una startup innovativa fondata nel 2020, ma è figlia di un progetto di ricerca più datato sull’idrogeno per applicazioni navali, partito nel 2015 grazie a un gruppo di ingegneri dottorandi e dottorati dell’Università di Genova appassionati di questo tipo di tecnologia. Oggi fa parte del Consorzio Tecnomar del Distretto Ligure delle Tecnologie Marine e cresce. A raccontarne la storia, i progetti e il futuro è Annalisa Bracco, ingegnere e portavoce del team.
«Ci siamo chiesti come l’idrogeno avrebbe potuto essere applicato in ambito navale. La tecnologia esiste, è nota ed è derivata da applicazioni aeronautiche, già utilizzata nell’ambito dei programmi Apollo, e poi è già stata migrata ad applicazioni di mobilità terrestre. Mancava ancora il passaggio al navale con le problematiche tecniche che ne conseguono. La nascita della società viene da questa ricerca».
In H2Boat lavorano tre persone. La startup fa parte della società corporate Ber, Blue Energy Revolution, che si occupa di applicazioni dell’idrogeno, e ha sede al Bic, l’acceleratore di imprese di Filse, a Genova Campi: «Avevamo le carte in regola per fare domanda e poi il Bic ci consente di avere il laboratorio, quindi la parte di test, con tutti gli obblighi legati alla sicurezza, vicina agli uffici».
H2Boat si occupa dell’integrazione a bordo delle navi della tecnologia a idrogeno, quindi sostanzialmente di fuel cell, elettrolizzatori e stoccaggio di idrogeno sotto forma di idruri metallici. «Oltre alla progettazione ci occupiamo anche dell’installazione, quindi di tutto il preassemblaggio e quello che può essere fatto in azienda viene fatto al Bic. Successivamente l’integrazione fisica, l’installazione a bordo viene fatta nei cantieri navali, dagli armatori o secondo la necessità della commessa».
La tecnologia idrogeno è scalabile e può essere applicata da piccole unità di 10-12 metri sino alle grandi navi da crociera. «Le nostre forze, razionalmente, ora sono dedicate al diporto, agli yacht e ai megayacht. Sia navi, sia barche a vela o a motore». Per imbarcazioni a motore l’idrogeno può essere utilizzato per navi che già fanno navigazione ibrida e quindi usano motori elettrici e batterie. L’idrogeno ha quindi funzione range extended per aumentare l’autonomia delle batterie a bordo e non dover portarsi dietro troppo peso in termini di batterie al litio, oltre che contribuire a ridurre i problemi ambientali legati alla loro installazione. «Per le barche a vela – spiega Bracco – dove la richiesta energetica tipicamente è inferiore, l’optimum è utilizzare le risorse rinnovabili che possono essere raccolte a bordo, quindi pannelli fotovoltaici o l’elica trascinata quando si va a vela, per far funzionare l’elettrolizzatore che poi produce l’idrogeno, il carburante vero e proprio che fa funzionare la fuel cell che genera elettricità».
Nella complessità della transizione energetica l’idrogeno non è la soluzione a tutti i problemi, ma un’alternativa valida e tecnologicamente affidabile: «Ci sono progetti dove ha senso applicarlo e progetti dove la tecnologia non è ancora matura per farlo. Per esempio una nave da crociera solo a idrogeno oggi non ha senso. Funziona in parallelo ad altri combustibili. C’è poi tutta la tematica dell’idrogeno verde. È opportuno usarlo solo se prodotto da fonti rinnovabili. Oggi dà ottimi risultati nel diporto, medio, grande e piccolo».
Con l’avanzare della tecnologia, con la riduzione dei costi e con una maggiore diffusione sul mercato, ragionevolmente crescerà anche la fornitura di componenti a potenza più elevata. Il mercato si sta creando ora ed H2Boat fornisce anche tutta l’analisi tecnica e la progettazione di supporto, oltre che la parte legata alla certificazione, perché si tratta di una tecnologia comunque ancora non diffusa, non nota nell’ambito navale.
L’adesione al Consorzio Tecnomar
Da qualche tempo H2Boat ha aderito al Consorzio Tecnomar che raggruppa le pmi all’interno del Distretto Ligure delle Tecnologie Marine. «Ci consente di farci conoscere a figure di riferimento nel mercato, nell’indotto. Ci consente di ottenere un feedback che ci permette di aggiornare la nostra offerta tecnica sia in termini di prodotto sia di servizi di ingegneria, in relazione a quelle che sono poi le richieste effettive del mercato. Sentire da chi si occupa di navale, magari da vent’anni, trent’anni, o che comunque conosce il mercato degli yacht e anche del militare, su cosa è meglio puntare è fondamentale per noi per aggiornare meglio la nostra offerta e anche per dialogare in maniera tecnica e costruttiva con gli altri partner».
L’altro aspetto, anzi, forse il primo, che ha convinto H2Boat ad aderire al Consorzio è la possibilità di ottenere finanziamenti grazie ai bandi che il Dltm offre. «H2Boat da quando era un progetto di ricerca fino alla sua fondazione vera e propria nel 2020 è andata avanti di rimbalzo tra un bando e l’altro, perché comunque anche se eravamo ancora in una fase embrionale e si trattava più di ricerca che di messa a bordo fisica del prodotto, ci sono costi da sostenere che altrimenti non sarebbero stati affrontabili. E al giorno d’oggi ancora di più, sia attraverso il Consorzio, il Distretto, sia attraverso il Bic, abbiamo la possibilità di partecipare a progetti importanti.
I progetti
«Stiamo completando, con la Corporate Ber, un progetto che si chiama Biim, Battello Ibrido Innovativo Modulare, che mette l’idrogeno a bordo di una barca sperimentale e funziona come range extender per le batterie a bordo. Inoltre, come H2Boat abbiamo un progetto che si chiama Sailing2Zero: la barca Nikita, che rappresenta il Poc, quindi il Proof of Concept, un prototipo della tecnologia, verrà aggiornata: sarà rifatta una revisione completa del sistema e aggiornato in funzione dei miglioramenti tecnologici che ci sono stati negli ultimi quattro anni. Poi navigherà nel Mar Ligure a disposizione degli studenti degli istituti nautici, formando i marinai di domani alla tecnologia. Potrà fare anche servizio di campionamento ambientale e controllo del mare».
Un altro progetto fiore all’occhiello è Bzero, insieme ai Cantieri Baglietto: «Hanno creduto nella tecnologia a idrogeno e ci hanno affidato il supporto alla progettazione della parte idrogenodi un nuovo yacht da 52 metri. Inoltre hanno realizzato un laboratorio-prototipo dedicato a questa tecnologia all’interno del cantiere che è in fase di avviamento».