I dati ora sono ufficiali: Marco Bucci ha vinto le elezioni per la presidenza della Regione Liguria con 291.093 voti, pari al 48,77%, alla sua coalizione andranno 17 seggi in consiglio regionale. Lo hanno sostenuto le liste Giorgia Meloni per Bucci Presidente Fratelli d’Italia, Bucci Presidente Vince Liguria, Lega Liguria Bucci Presidente, Forza Italia Berlusconi Bucci Presidente Ppe, Orgoglio Liguria Bucci Presidente, Bucci Libertas Udc, Alternativa Popolare Con Bandecchi Per Bucci Ppe.
Andrea Orlando ha ottenuto 282.669 voti, il 47,36%. In consiglio la minoranza disporrà di 12 seggi. Hanno sostenuto Orlando le liste Partito Democratico Andrea Orlando Presidente, Alleanza Verdi e Sinistra – Lista Sansa – Possibile – Europa Verde – Sinistra Italiana, Lista Andrea Orlando Presidente, Movimento 5 Stelle, Patto Civico e Riformista per Orlando – Azione con Calenda – Pri – Repubblicani Europei – per – Alleanza Civica Liguria, Liguri A Testa Alta Orlando Presidente.
Gli altri candidati sono rimasti sotto l’1%.
Su 1.341.693 elettori i votanti sono stati 616.748 (45,97%). Schede nulle 15.465, Schede bianche 4.312, schede contestate 138.
Questi i risultati definitivi.
Per quanto riguarda i partiti, il Pd è il primo in Liguria con il 28,42%, quasi dieci punti in più rispetto alle regionali del 2020, doppia Fratelli d’Italia che supera di poco il 15%. Nella coalizione di centrosinistra sono andate male le liste di Orlando, con Lista Orlando intorno al 5,30% e Liguri a testa alta sull’1,62%. Crollo di M5S, arrivto poco oltre il 4,50%. Avs, sfiorando il 6,20%, ha confermato la consistenza dimostrata alle europee. Nel centrodestra FI si attesta sull’8%, la Lega sull’8,48%. Sono andate bene le liste civiche di Bucci, con Bucci Presidente Vince Liguria intorno al 9,50% e Orgoglio Liguria oltre il 5,70%.
Bucci ha perso a Genova con un distacco di quasi 19 mila voti ma ha recuperato in provincia di Imperia, dove la sua coalizione ha battuto con oltre 16 mila voti quella di Orlando.
Per l’analisi del voto ci vorrà tempo ma intanto alcune considerazioni si possono fare, perché alcuni dati sono evidenti e nel corso della notte sono uscite le prime dichiarazioni ufficiali.
Intanto, è chiaro che si tratta in buona misura di una vittoria personale di Bucci. Prima della sua candidatura i sondaggi davano Orlando in netto vantaggio sul futuro avversario del centrodestra, che appariva azzoppato dall’inchiesta su porto e Regione e dal patteggiamento di Toti. A sinistra c’era chi pensava di vincere tirando un rigore a porta vuota. La candidatura di Bucci ha cambiato i rapporti di forza fin dal suo annuncio. Determinante è stato anche il ruolo di Claudio Scajola, ben radicato nel Ponente. Si dice che l’ex ministro abbia insistito perché fosse Bucci il candidato. Sta di fatto che Scajola da anni va dicendo che in questa fase sono determinanti le liste e i candidati civici.
È vistoso il crollo di M5S. Dovuto probabilmente a una tendenza di lungo periodo ma anche al fatto che Conte ha rotto con Grillo proprio a pochi giorni dal voto. C’è ancora chi considera un profeta il comico genovese e molti “grillini” devono essere andati a ingrossare lo schieramento del non voto.
Infine c’è la questione del campo largo, che questa notte ha fatto ribollire chat e blog della sinistra e provocato le prime dichiarazioni ufficiali. Italia Viva non ha partecipato alla colazione di Orlando per un veto di M5S. Abbiamo già riportato la dichiarazione di Renzi per cui solo le sue preferenze personali delle Europee sarebbero bastate a cambiare l’esito della sfida. Rappresenta con chiarezza le ragioni del mondo riformista escluso dalla coalizione di centrosinistra una nota di Mauro Gradi, coordinatore regionale di +Europa e membro della segreteria nazionale di +Europa: “Gli errori si pagano. Lo dico con l’amarezza di chi era pronto a battersi per realizzare un’alternativa al centrodestra, ma non gli è stato consentito: +Europa non ha partecipato alle elezioni regionali liguri, non per scelta, ma perché glielo hanno impedito, estromettendo, all’ultimo minuto, la propria Lista (già approvata dalla coalizione e apparentata dal candidato presidente) promossa insieme ad Italia Viva e Socialisti, un’esclusione quella della Lista Riformisti uniti per la Liguria, imposta da Roma ed in particolare determinata dal ricatto di Conte, subito dalla Schlein e da Orlando, su vicenda nazionale (Rai) totalmente estranea alla Liguria. Una follia suicida che si è rivelata decisiva: infatti, ad Orlando sono mancati i voti della discriminata Lista Riformisti uniti per la Liguria ed in ispecie i voti di Italia Viva e +Europa (entrambi non presenti al comizio conclusivo) che alle recenti elezioni europee hanno raccolto in Liguria il 3.8%. Mi pare chiaro che, di fronte all’ ennesima sconfitta, il centro sinistra debba fare una scelta di fondo tra la cultura giallorossa e il riformismo. E ai cari amici calendiani ribadisco che divisi non si va da nessuna parte”.
Lo stesso Orlando ha affermato: «Se a livello nazionale vogliamo essere competitivi non possiamo fare la discussione che abbiamo fatto in Liguria. Lo dico essendo stati un po’ una cavia. Come cavie possiamo dire che la sperimentazione sconsiglia questo percorso: ovvero “uno che dice all’ultima settimana ‘no, tu no'”, oppure “quelli che vogliono marcare la presenza o i distinguo. Tutte dinamiche che conosciamo e che qui hanno inciso sul risultato , ma che a livello nazionale possono compromettere un progetto. Spero, quindi, di essere stati utili a indurre una riflessione» .
Orlando è in sintonia con la segretaria del Pd Elly Schlein, che ha detto: «Il Pd ha dato il massimo. Siamo consapevoli che non bastiamo. Scontiamo le difficoltà degli altri e speriamo che questo risultato faccia riflettere tutte le forze alternative alla destra, come fa riflettere noi, che non abbiamo speso un minuto in polemiche o competizioni con le altre opposizioni. Perché il nostro avversario è questa destra che vogliamo battere».
La questione di quanto dovrà essere largo il campo degli oppositori del centrodestra sarà di certo al centro delle discussioni tra le forze del centrosinistra. Non è una questione semplice perché non si tratta di sommare i voti potenziali dei singoli partiti. Conte ha replicato a Schlein, Orlando e a quanti attribuiscono la sconfitta ai veti di M5S che la presenza dei renziani avrebbe comportato una perdita di voti a sinistra ancora maggiore di quella che si è avuta. Peggio di così M5S è difficile che potesse fare ma nelle dichiarazioni del suo leader c’è almeno una parte di ragione. Non tutti accettano di mettersi insieme con chi ha idee e programmi nettamente diversi solo per battere l’avversario. Vale per M5S ma anche per il mondo centrista-riformista-liberaldemocratico o come lo si vuole chiamare. Non si tratta soltanto di una questione identitaria: la vita travagliata dei governi Prodi ha dimostrato che le coalizioni troppo eterogenee possono anche vincere ma poi hanno difficoltà a governare. C’è chi non l’ha dimenticato. E in ogni caso la prospettiva di mettersi insieme solo per battere qualcun altro non entusiasma. I leader del centrosinistra dovrebbero riflettere anche su questo, non solo sulla dimensione del campo.