Cantano vittoria Fiba Confesercenti e Sib Confcommercio e parlano, secondo quanto riporta l’agenzia Dire, di grande adesione allo sciopero dei balneari, che questa mattina hanno chiuso il servizio ombreggio per due ore per chiedere al Governo una legge sulle concessioni demaniali che “dia certezze” alle imprese del settore.
Si è trattato di uno sciopero simbolico per non danneggiare gli utenti – al quale peraltro non hanno aderito Assobalneari, Federbalneari e Cna –: gli ombrelloni hanno aperto alle 9.30, in pratica quando i bagnanti cominciano ad arrivare in spiaggia.
Ma al di là delle adesioni e delle modalità dello sciopero, la manifestazione dei balneari non sembra aprire una reale prospettiva che le “certezze” richieste dalle organizzazioni possano essere ottenute. Secondo quanto riporta l’agenzia Dire, Maurizio Rustignoli, presidente di Fiba Confesercenti in una nota dichiara: “Non chiediamo privilegi, non vogliamo eludere i principi europei, ma non siamo disponibili a far espropriare le nostre imprese”.
Sull’Italia pende la procedura di infrazione europea per non aver ancora avviato le gare sulle concessioni prevista dalla direttiva Bolkestein. Il Governo Meloni e molte amministrazioni regionali e comunali ha fatto il possibile per prendere tempo e non perdere i voti dei balneari, rischiando di fare pagare a tutti i contribuenti italiani i costi della procedura di infrazione per la mancata attuazione della direttiva europea. Ora, però, il tempo delle proroghe sembra scaduto, le concessioni dovranno essere messe a gara, ed è essenziale in una gara, se predisposta in modo corretto, che non sia stabilito a priori chi vince e chi perde.
I gestori hanno ragione a rivendicare gli investimenti effettuati, ma in una gara a evidenza pubblica è sufficiente che l’entrante corrisponda all’uscente la quota di investimento non ancora ammortizzata. Nel caso del settore balneare gli investimenti sono di facile valutazione e non sembra arduo stimarne il valore residuo. Ma dovrà essere una stima obiettiva: la direttiva Bolkestein vieta l’attribuzione di “vantaggi ingiustificati” a favore del concessionario uscente, come sarebbe un indennizzo svincolato da criteri di proporzionalità.
La messa a gara delle concessioni e una riforma del settore che comprenda anche la percentuale di spiagge libere sono urgenti non solo per evitare le procedure d’infrazione Ue ma anche per tutelare la libertà di scelta dei bagnanti e garantire introiti adeguati alle casse dello Stato. Legambiente denuncia che secondo i dati del monitoraggio del Sistema informativo demanio marittimo (S.I.D.), effettuato a maggio 2021 in alcune Regioni troviamo dei veri e propri record a livello europeo, come in Liguria, Emilia-Romagna e Campania, dove quasi il 70% delle spiagge è occupato da stabilimenti balneari. Nel Comune di Gatteo, in Provincia di Forlì e Cesena, tutte le spiagge sono in concessione, ma anche a Pietrasanta, Camaiore, Montignoso, Laigueglia e Diano Marina, sempre secondo Legambiente, siamo sopra il 90% e rimangono liberi solo pochi metri spesso in prossimità degli scoli di torrenti in aree degradate.
Su canoni e introiti circolano dati differenti. Anche su questo aspetto è necessario che il Governo faccia chiarezza (oltre a effettuare le gare). Quanto ai canoni, la Corte dei Conti ha stimato in circa 93 milioni il gettito complessivo ricavato dalle concessioni balneari (si veda: Corte dei conti, “La gestione delle entrate derivanti dai beni demaniali marittimi”, 21 dicembre 2021). Per avere un termine di paragone, si tenga presente che il Comune di Milano ricava annualmente circa 60 milioni di euro dagli affitti della sola galleria Vittorio Emanuele II (“Milano: affitti in Galleria valgono 55mln, obiettivo 60 nel 2022”, Ansa, 23 giugno 2022). Circa il giro di affari annuo degli stabilimenti balneari, non disponiamo di dati recenti e univoci. Uno studio di Nomisma pubblicato nel febbraio 2023 stima un fatturato medio di circa 260.000 euro ad azienda, generato per il 50% dai ‘servizi tradizionali’: spiaggia, parcheggio e noleggio attrezzature. Bar e ristoranti arrivano a contribuire con una quota addizionale intorno al 48% del totale. Le 6.592 imprese balneari attive in Italia, che operano attraverso 10.443 stabilimenti con 44.134 addetti, secondo lo studio, producono un valore aggiunto per il 2019 (anno di stima), a 2,1 miliardi di euro (dati Istat, Banca d’Italia, Nomisma).