In tanti lo pensano, in tanti lo predicano. In tanti si pongono la stessa domanda: l’uso più ampio del contante, potrebbe essere stato un volano per rilanciare i consumi? Da sempre, almeno in Italia, sulla materia si combatte una guerra politica e morale.
Chi è contrario all’ultimo provvedimento di legge che aumenta la circolazione del contante da 1.000 a 3.000 euro dice appunto che consentire limiti di spesa più alti con le banconote aiuterà l’evasione fiscale a rialzare la testa.
Altre autorevolissime istituzioni, soprattutto inquirenti, dicono che il troppo liquido legalmente in circolazione potrebbe essere uno strumento più facile per il finanziamento del terrorismo e della malavita.
Resta il fatto che, apparentemente, i soldi, in Italia, piacciono ancora così: fruscianti, colorati e in tasca.
Le notizie di stampa che arrivano dal Nord Europa raccontano che in Svezia e Danimarca il giornale, al mattino, lo si compra con la carta di credito. Se lo dicono sarà senz’altro così, cioè che la moneta di plastica — ad altre latitudini — ha ormai rimpiazzato la banconota e gli spiccioli.
Ma in Italia, e in Liguria, la si pensa così? Ed è poi vero che nel resto d’Europa sui bigliettoni ci sia una sorta di abiura?
Partiamo dal presupposto che in Europa non esiste un limite masso per l’utilizzo del contante. Esisterebbe un limito teorico dell’Unione Europea che lo limiterebbe a 10 mila euro. Ma l’argomento, di fatto, è lasciato nella libera discrezione dei Paesi. In Germania e Austria, ad esempio, non esiste limite. Come peraltro in Ungheria, Finlandia, Malta Lituania e non solo in questi Stati. In Francia il limite è a 3.000 euro come da noi. In Spagna 2.500, in Grecia 1.500. In Bulgaria si viaggia sul controvalore di 5.000 euro. Una torre di Babele, dove le montagne di banconote a contatto con l’altissimo numero di carte prepagate “libere” consente ogni transazionalità lecita o meno.
Molti anche i luoghi comuni da sfatare.
Rileggendo uno studio di Pierantonio Braggio (per veronaeconomia) relativo all’uso del contante in Germania si legge che su fonte Deutsche Bundesbank «nel 2015 il contante, come sempre, è in Germania il più usato mezzo di pagamento. Per quasi l’80% dei pagamenti, la gente mette mano alle banconote e alle monete. Più della metà di tutte le transazioni, al punto vendita, vengono pagate in contanti. In media, nel 2014, i privati avevano con sé comunque, 103 euro». Chiaro che su queste basi, facendo appello alla privacy e alla libertà di scelta dei cittadini, l’appello a limitare in Germania a 5.000 euro la possibilità di pagare in contanti, sia stata accolta con una raffica di “nein”. Quindi anche se i bancomat e le carte di credito teutoniche siano in costante aumento, nessuno vuole rinunciare a poter usare la banconota quando vuole.
Torniamo all’Italia. E alla Liguria. Una curiosità può fa riflettere. Anche qui i pagamenti con carte di ogni genere sta prendendo molto campo. Ma leggere il punto di partenza di non molto tempo fa aiuta.
Analizzando alcuni dati della Banca d’Italia, ci si stupisce nel leggere che nel 2010, cioè a circa 8 anni dall’ingresso nell’euro, risultavano in circolazione vecchie lire per l’incredibile valore di 2.557 miliardi di lire, ossia quasi 1,3 miliardi di euro. Nascosti chissà dove, in quali materassi o scatole da scarpe. Lire finite poi, per 2500 miliardi, a far poco più che da segnalibro dopo il decreto Monti di fine 2011, che le ha rese non più trasformabili in euro.
Un’affezione, quella per il denaro a portata di mano, che nel nostro Paese fa fatica a trasformarsi in amore per l’innovazione (e per la sicurezza). Uno studio di Assofin-Crif Decision Solutions — Gfk Eurisko, relativo al consuntivo 2011 (cioè nel pieno della crisi economica), rilevava la presenza di 71,2 milioni di carte per i pagamenti in Italia, in sostanza 1,2 per abitante. In Svezia nello stesso periodo ce n’erano 2,2 per abitante. Ma il numero non decreta anche che di queste carte si faccia uso. Le transazioni, cioè gli acquisti, chiusi con bancomat e carte di credito in Italia sono oltre 12 punti percentuali più basse che nel resto d’Europa.
Della Liguria uno studio — datato — rilasciato da Banca d’Italia dal titolo “”Eterogeneità nelle abitudini di pagamento: confronto tra paesi europei e specificità italiane” (autori, Guerino Ardizzi e Eleonora Iachini) si leggeva che l’uso del pagamento elettronico era una rarità. Se infatti nel Lazio i pagamenti pro capite con strumenti elettronici era pari a 75, in Lombardia e Trentino Alto Adige si toccavano i 70, in Liguria le transazioni erano solo 41. La regione era undicesima in Italia, ultimissima tra le regioni del Nord sopravanzata da Marche e a pari con l’Umbria. Lo studio, basato su criteri scientifici, aggiungeva inoltre che:«le differenze territoriali sono evidenti anche guardando all’indicatore di utilizzo del contante, pari al rapporto tra il valore dei prelievi da Atm (cioè il bancomat) e quello delle operazioni complessivamente addebitate sul conto per transazioni con carta. L’indicatore è pari a circa il 65 per cento nel Mezzogiorno e al 51 per cento nel Centro-Nord.
Ancora oggi, quindi, a differenza della maggior parte dei paesi dell’Eurosistema, dove in media il cash card ratio (cioè prelievo per spendere poi in contanti) è pari al 35 per cento, in Italia la carta di debito (cioè la carta bancomat) è utilizzata in prevalenza per effettuare prelievi di contante da Atm (oltre il 56 per cento del totale operazioni a livello nazionale).
Quindi il nostro è un Paese che ama vivere con i soldi in bocca. Questione di abitudine? Questione di “furbizia” perché il cash non lascia traccia e si può utilizzare per ottenere magari qualche bello sconto? Altro? Anche altro. Recenti fonti di stampa dicono che nel Belpaese ci sono milioni di persone che vivono senza conto corrente. Pagano le bollette in posta, fanno la spesa con il portamonete in mano, pagano addirittura le tasse con le banconote. Una constatazione: negli ultimi anni, a limitare nettamente l’uso del contante, ha contribuito parecchio l’acquisto on line.