L’invasione dell’olio tunisino minaccerà anche la produzione ligure? A sentire l’assessore regionale Stefano Mai, «questa nuova imponente iniezione di olio tunisino non farà altro che mortificare le nostre imprese e disorientare i consumatori». Non la pensano così invece i più importanti produttori di olio ligure, compresi quelli che importano quantitativi dall’estero: «Nelle nostre imprese non transita olio non comunitario» – dicono in coro al Secolo XIX. Mentre Franco Boeri “Roi” di Badalucco (entroterra di Taggia), selezionatore per Eataly dell’eccellenza olearia italiana, addirittura plaude all’iniziativa: «si dice che bisogna aiutarli a casa loro, loro producono olio. Mi sembra che stiamo facendo questo. Il nostro olio è diverso, i consumatori lo sanno. E poi basta leggere le etichette».
Si parla, in ogni caso, di 35 mila tonnellate di olio a dazio zero, immesse sul mercato italiano come misura d’aiuto approvata dal Parlamento europeo per una Tunisia in ginocchio dopo la crisi del comparto turistico, diretta conseguenza degli attacchi terroristici e jihadisti. «Dal punto di vista dei produttori liguri – scrive il Consorzio di tutela della Dop Riviera Ligure – non emerge una particolare preoccupazione per l’eliminazione dei dazi dalle importazioni di olio tunisino. L’importante è che ci siano i controlli, affinché l’origine di questo olio al momento della commercializzazione sia corretta. Sarà poi il consumatore ad effettuare la scelta in base alle caratteristiche del prodotto». La filiera dell’olio certificato, in Liguria, conta 740 mila piante d’olivo, su una superficie di 3 mila ettari. Millecinquecento le aziende iscritte ai controlli, 7.500 quintali di produzione potenziale e 3.300 quintali di olio prodotto. Meno dell’1% dell’olio tunisino autorizzato senza dazio.
Getta acqua sul fuoco anche Franco Boeri “Roi”: «35 mila tonnellate sono il 10% della produzione italiana e il 5 % del venduto in Italia. Se ne importa già tanto, di olio. Per noi piccoli produttori che facciamo qualità non vedo conseguenze drammatiche. A subirne forse le conseguenze – dice “Roi” – saranno i colleghi pugliesi, siciliani, che fanno quantitativi importanti e puntano sulla grande distribuzione». Resta il consiglio ai consumatori, proprio dal “re” dell’olio di Badalucco (come recitano le insegne sullo store newyorkese di Oscar Farinetti): «Leggere sempre l’etichetta. C’è scritto tutto, come sul vino, non si può sbagliare». In sintesi: olio Dop di un territorio specifico, olio 100% italiano, miscela di oli comunitari e miscela di oli comunitari e non comunitari. Tutto semplice, salvo frodi e sofisticazioni: «Ma i controlli sono efficaci» – assicura il direttore del Consorzio Dop Giorgio Lazzaretti, che aggiunge: «Dobbiamo puntare sull’olio che appartiene a territori specifici, collocandoci sulla gamma alta. Il 100% italiano non basta e lo abbiamo sempre sostenuto».