Il caldo di questi giorni ci spinge a cercare piatti freschi. E poiché lo scopo principale di questa rubrica è fare conoscere ricette liguri cadute in disuso (o poco note al di fuori di un territorio ristretto), si ripropone qui una versione della panissa (o paniccia) di farina di ceci che ha il doppio pregio di essere fresca e molto meno comune di altre varianti. Si tratta della panissa fredda. La cottura di base è uguale per tutte le versioni, in pratica bisogna fare una polenta di farina di ceci. Cotta così e poi tagliata a bastoncini o a dadi e fritta, la panissa è tornata a essere un cibo da strada, anche messa dentro un panino o una focaccetta. Sempre più spesso viene servita con gli aperitivi o tra gli antipasti e tra i fritti misti. È ottima anche, come si faceva una volta, tagliata a fette e gratinata in forno con sugo di pomodoro e parmigiano.

Nel nostro caso si procede in questo modo:
ingredienti:
un litro d’acqua;
250 – 300 grammi di farina di ceci;
sale, 4-5 grammi;
olio extravergine d’oliva.
Fare intiepidire in una pentola l’acqua già salata, ritirarla dal fuoco e versarvi la farina, mescolando in continuazione con una frusta per evitare che si formino grumi. Si può prima versare, a poco poco, la farina in un colino e dal colino farla cadere in acqua. C’è chi mette in una ciotola la farina e poi aggiunge l’acqua a poco a poco, sempre mescolando con la frusta. Come preferite, l’importante è che non si formino grumi.
Quando il composto risulta omogeneo trasferitelo in una pentola antiaderente e pesante e fatelo cuocere per un’ora e un quarto a fuoco bassissimo, mescolando in continuazione con un cucchiaio di legno. C’è chi si limita a una cottura di tre quarti d’ora. (Stare sui fornelli per un’ora e un quarto d’estate o anche 45 minuti non è un piacere. Il fatto è che questo piatto è fresco per chi lo consuma, non per chi lo prepara. Qualcuno deve sacrificarsi per il bene comune, succede).
Terminata la cottura, ungete di olio extravergine il contenitore che avrete scelto (una ciotola, o diverse piccole ciotole, scodelle, piatti fondi, terrine, ecc…) e mettete la polentina a riposare e rassodare in frigorifero almeno due o tre ore.
La panissa è fatta. Visto che, nel nostro caso, non intendiamo friggerla, non resta che tagliarla, a fette o a dadi, e condirla. Olio, limone, sale e pepe sono gli ingredienti base. C’è chi aggiunge cipolla cruda o fritta a fettine sottilissime oppure un trito di erba cipollina. E chi non mette la panissa in frigo ma la preferisce tiepida. Alcuni mescolano i dadi di panissa fredda con insalate di vario tipo.
Qui riproponiamo una ricetta interessante della “Cuciniera Genovese”, “compilata da G.B. padre e figlio Ratto” e stampata nel 1893 dalla “Tipografia dei Fratelli Pagano”.
In sostanza si tratta di distribuire la panissa ancora calda in diversi stampini o scodelline, in modo da ottenere delle porzioni, che la Cuciniera chiama “panicci”, tali da poter essere svuotate e farcite, come fossero pomodori o peperoni. Quando i panicci sono sodi si decapitano, asportando la calotta, e poi si scavano con un cucchiaino, lasciando alle pareti e al fondo lo spessore sufficiente a non rompersi. Fate soffriggere brevemente nell’olio acciughe salate, capperi conservati in aceto, (poca) cipolla e sedano tritati e un po’ della panissa scavata e tritata, e versate il tutto dentro ai panicci cavi. Rimettete le calotte sui panicci, che vanno in una teglia unta a cuocere in forno. Per quanto tempo, a quale temperatura? La ricetta non lo precisa. Secondo la nostra esperienza basta una breve cottura, giusto il necessario per fare amalgamare il tutto, diciamo venti-trenta minuti a 180 gradi. Si lasciano tornare i panicci a temperatura ambiente e si consumano.
Abbinate la vostra panissa a un bianco secco.
Placet experiri!