Il discorso di Trump di fronte al congresso ha spinto i listini statunitensi verso i massimi di sempre. Il Dow Jones, che a fine gennaio aveva superato quota 20 mila punti, un mese dopo si ritrova stabilmente sopra 21 mila punti.
Le aspettative del mercato sull’implementazione delle politiche fiscali annunciate in campagna elettorale da Trump sono elevatissime, e con esse crescono anche i dubbi sulle tempistiche e sugli effettivi stanziamenti che saranno dedicati. Per esempio, la dismissione del programma “Obamacare“, dovrebbe liberare risorse potenzialmente a finanziamento del taglio dell’imposizione fiscale. Sul fronte del piano di investimenti pubblici e privati a oggi si parla invece di mille miliardi di dollari necessari a sviluppare nuove infrastrutture.
La scorsa settimana è stato inoltre pubblicato il Beige Book che ha descritto un’economia americana in crescita a un ritmo tra “modesto e moderato”, un ottimismo delle imprese lievemente raffreddato rispetto al report precedente, anche a causa dalla carenza di dettagli sui tagli fiscali promessi da Trump. Per quanto riguarda l’inflazione, la risalita dei prezzi sembrerebbe aver subito una battuta d’arresto, a seguito di un aumento dei consumi ritenuto “attenuato” durante l’ultimo mese. Le pressioni salariali sono cresciute solamente in alcuni distretti, a causa di un eccesso di domanda di manodopera specializzata.
Infine, i dati relativi al Pil statunitense sono stati contrastanti. La seconda stima del 4Q annualizzata ha registrato un +1,9%, sotto le attese di due decimi di punto, mentre i consumi personali segnalano una crescita del 3% rispetto a una previsione del 2,5%.
In Europa le evidenze relative all’inflazione sono state al rialzo. Il dato mensile di febbraio ha riportato valori prossimi all’1,5% per Italia e Francia, mentre per le economie che hanno già intrapreso solidamente il cammino della ripresa, come la Germania, il livello è risultato superiore al 2%, ben oltre gli obiettivi di medio periodo vigilati dalla Bce. Sebbene questi dati siano influenzati dall’aumento dei prezzi delle materie prime registrati nell’ultimo trimestre, bisogna ricordare come gli stimoli monetari di Bce siano strettamente legati a questi risultati e di come la continuazione di questo trend ascendente, potrà influenzare le future decisioni dell’Eurotower in termini di politica monetaria.
I dati occupazionali americani potrebbero risultare tra i principali driver di mercato della settimana entrante: le attese degli analisti sono molte ambiziose, con 185 mila nuovi impiegati nel settore non agricolo e con un tasso di disoccupazione in ulteriore discesa al 4,7%.
Per quanto riguarda l’Eurozona sono attesi il dato finale del Pil annualizzato del 4Q, previsto al +1,7%, e Pmi francese, tedesco, italiano oltre al dato aggregato dei Paesi dell’Eurozona.