«A Savona abbiamo perso perché si è ripetuta la stessa dinamica che si è sviluppata alle regionali: un pezzo del partito non ha sostenuto la candidata. Cristina Battaglia era un’ottima candidata, come lo era Raffaella Paita». Così Simone Regazzoni, componente della commissione regionale dei garanti del Pd, analizza per Liguria Business Journal l’esito del ballottaggio di Savona. Mancanza di unità e chiusura del partito all’innovazione, secondo Regazzoni, hanno giocato contro Cristina Battaglia. «Continuiamo a eludere i bisogni e la domanda di innovazione che viene dalla società – prosegue Regazzoni – così il nostro partito viene percepito, in parte a ragione, come vecchio, come un gruppo oligarchico che blocca l’innovazione. Il processo innovativo che Renzi sta portando avanti a livello nazionale in Liguria e a Genova non riesce a svilupparsi. Consiglierei di leggere quello che ha scritto il Mulino sulla vicenda di Fassino, che è stato sconfitto pur avendo amministrato bene».
Secondo il Mulino «a Torino l’amministrazione ha perso perché le elezioni municipali sono diventate – come ha notato Bruno Manghi sul sito di commenti politici locali Lospiffero.com – un referendum su Fassino, come ultima configurazione del Sistema Torino, vale a dire una sorta di blindatura dell’establishment» e «col volgere degli anni il Sistema Torino si è trasformato in un formidabile strumento di conservazione del potere locale nelle mani di quella che è diventata un’oligarchia».
Per Regazzoni in Liguria il Pd «deve cambiare parte della classe dirigente, idee, linguaggio. L’unità è importante ma non deve essere un alibi per tenere tutti insieme, l’unità deve servire a guardare in avanti, altrimenti il partito diventa una palude in cui ognuno galleggia sperando di essere l’ultimo ad affondare. Dobbiamo discutere, anche negli spazi pubblici, non soltanto al nostro interno».
Regazzoni nei giorni scorsi ha annunciato la propria disponibilità a candidarsi alle eventuali primarie genovesi per la scelta del prossimo candidato sindaco del centrosinistra. «Volevo gettare un sasso nello stagno – spiega – dopo cinque anni non possiamo aspettare fino a ottobre per discutere e intanto sperare che Doria prenda una decisione. La mia disponibilità c’è fin da adesso ma auspico si trovi una candidatura unitaria, in questo caso sarei il primo a fare un passo indietro. Guardiamo all’esempio di Milano: ci sono stati un sindaco che ha amministrato bene e ha saputo andarsene al momento giusto e un candidato unitario per la sua successione. Giusto il contrario di quello che sta avvenendo a Genova».