Liguria maglia nera del Nord Ovest italiano per lavoro sommerso. È quanto emerge, riferisce l’agenzia Dire, dai dati diffusi da Unilavoro Pmi, associazione datoriale delle piccole e medie imprese.
Negli ultimi dieci anni, il tasso di irregolarità, che nel 2003 aveva toccato il minino del 7,4%, è progressivamente aumentato fino a toccare l’11,8%, un punto e mezzo sopra la media dell’area e poco sotto la media nazionale del 12,6%.
«La Liguria – spiega il segretario generale di Unilavoro Pmi Savona, Emiliano Martino – è costituita prevalentemente da micro e nano imprese composte da due o tre dipendenti al massimo, che i titolari non riescono più a mantenere: ecco il motivo per cui si rischia l’insinuarsi di forme di lavoro irregolare, se non la chiusura definitiva dell’attività. Un’altra parte di colpa è additabile al reddito di cittadinanza, che sta favorendo la tendenza nei percettori a prediligere occupazioni brevi, saltuarie e soprattutto sommerse. Il settore più interessato dal lavoro “in nero” è quello delle costruzioni, con un tasso di sommerso che ha raggiunto il 15,8%, superiore anche alla media nazionale del 15,4%».
«Ritengo importante evidenziare che lavoro sommerso e sicurezza sul lavoro sono spesso le due facce di una stessa moneta – aggiunge Martino – per questo il sistema è da rivedere con urgenza, partendo dai controlli che nella nostra regione scarseggiano. Invertire la rotta si può, sicuramente incentivando le assunzioni con l’azzeramento dei costi per le aziende, quantomeno per un periodo iniziale».