«Questo viaggio è un’odissea, un mito, una cosmologia, un libro di filosofia scritto come un romanzo di fantascienza, un libro sognato da un filosofo balena, un tatuaggio inciso sul mio intero corpo, la riscrittura dell’opera andata perduta di Talete “Astronomia nautica”, il pensiero pensato dalla grande onda Jaws, il sonno di una ragione immersa nelle profondità oceaniche della luna di Giove Europa, un dialogo all’alba con Willliam Turner alla foce del Tamigi, la trascrizione dei geroglifici incisi sul corpo di Moby Dick, il monologo interiore di un feto stellare che mi riporta a casa: là dove non abbiamo mai cessato di essere, dove si tratta di imparare ad abitare, come su un altro pianeta, in un’altra dimensione della vita». Così Simone Regazzoni, autore di “Oceano – Filosofia del pianeta” (Ponte alle Grazie, 2022), nell’ultima pagina riassume il pensiero che ha svolto nel suo libro.
Regazzoni rifiuta l’interpretazione della filosofia come attività astratta, disincarnata, e se nella “Palestra di Platone” (Ponte alle Grazie, 2020), fa dialogare il pensiero filosofico delle origini con la corporeità umana per prospettare un modo di pensare e vivere bene, qui il dialogo si estende all’Oceano, a Oceano, in greco antico Okeanòs, nome di una divinità arcaica, primordiale, di cui parla Omero nell’Iliade. E Oceano non è qui un oggetto da analizzare filosoficamente ma una dimensione da vivere: «Pensare, qui, è vivere e provare la natura oceanica nell’esperienza percettiva del mio corpo carnale».
L’autore ha iniziato a scrivere il libro durante un soggiorno sull’isola corallina di Maupiti, nella Polinesia francese, non pensando sull’Oceano ma con Oceano, «immerso fisicamente, materialmente, nel flusso del suo scorrere». Ha nuotato, surfato, si è immerso nell’acqua dell’Oceano. E ha concepito un «libro-corpo» in cui viene delineata «l’unità carnale di uomo-natura, o meglio ancora mente-corpo-natura, al di là dei limiti di una filosofia ancorata a un pensiero terrestre che prenda semplicemente a oggetto della propria riflessione discorsiva la natura, sulla base della separazione tra uomo e natura», tra uomo e quello che i Greci chiamavano physis, cioè il divenire vitale a livello cosmico. Un divenire che è flusso acquoreo, fiume cosmico che impone di «ripensare radicalmente il rapporto Terra-Oceano e la costituzione stessa del mondo».
Regazzoni ripensa «l’idea di pianeta e l’idea di vita a partire da Oceano» ripercorrendo il pensiero di Talete per arrivare alla «svolta oceanica» quando, il 7 dicembre 1972, a quarantacinquemila chilometri dalla terra, uno degli astronauti a bordo del Saturno 5 della missione Apollo 17 fotografa il nostro pianeta. La foto diventerà famosa con il nome di “Blu Murble” e «cambierà per sempre la percezione del nostro pianeta»: ci apparirà come un pianeta blu, una sfera acquorea che vaga nello spazio come altre sfere, altri mondi oceanici: tanto che «oggi una filosofia naturalistica deve rompere con il geocentrismo e tornare ad avere un respiro cosmologico, pensando non solo l’altrove, ma la connessione tra qui e l’altrove. L’Uno acquoreo come Uno oceanico è l’Uno tutto che abbraccia il cosmo».