“Il campo di battaglia” di Maurizio Molinari (ed. La nave di Teseo) è composto da una settantina di articoli, divisi in sette capitoli, dedicati ai temi politico-economici d’attualità. Articoli che, uno per uno mettono bene a fuoco un tema e, nel loro insieme propongono una visione del nostro Paese per molti di noi lettori sorprendente eppure, a ben pensarci, realistica: l’Italia come protagonista del Grande Gioco della politica mondiale. Protagonista, non solo campo di battaglia come è stata tra fine Quattrocento e metà Cinquecento. Protagonista – potenzialmente – sul serio, senza elmi di Scipio e altre scemenze da trovarobato che ci hanno afflitto dal Risorgimento al fascismo.
«La simultaneità tra ricostruzione europea, populismo, affermazione di nuovi diritti, duello tra Stati Uniti e Cina, competizione fra potenze nel Mediterraneo e ritorno della minaccia jihadista ci assegna un ruolo inatteso sul palcoscenico nazionale» spiega l’autore nella prefazione. Quindi «Il Grande Gioco attraversa la nostra Penisola, trasformandoci in un campo di battaglia di scontri di portata globale e assegnandoci un ruolo strategico che supera spesso la nostra percezione».
L’Italia, nella visione di Molinari, è campo di battaglia ma non più solo oggetto passivo di contesa tra grandi potenze, come al tempo di Francia e Spagna. È protagonista strategico, nel senso che quanto avviene, quanto facciamo, all’interno dei nostri confini ha un impatto decisivo sul resto del mondo. Data la dimensione del nostro pil, il rilancio dell’Unione europea dopo la devastazione economica causata dalla pandemia potrà avvenire se noi italiani saremo capaci di superare le nostre secolari fragilità strutturali: fisco, giustizia, concorrenza, infrastrutture, inefficienza della burocrazia. Paradossalmente proprio l’entità dei nostri errori e ritardi e l’enormità del nostro debito pubblico, il secondo più alto dell’Ue, ci assegnano la maggiore responsabilità della ripresa collettiva (e la quota più alta di aiuti): «Se falliremo sarà l’intera Europa a risentirne, se avremo successo sarà l’intera Europa a giovarsene» , avverte Molinari.
Anche un’altra nostra debolezza ci spinge ad assumere un ruolo di battistrada. Siamo il primo paese d’Europa ad avere assegnato la maggioranza relativa dei voti in un’elezione politica ai partiti populisti. Molto è cambiato, nei partiti e nell’opinione pubblica dal marzo 2018 a oggi, ma tuttora il primo partito in Parlamento è quello nato dalle gag di un comico e le istanza sovraniste e populiste di Lega e M5S sono tenute a bada dal nuovo Governo ma non sono spente e non sappiamo se il prestigio di Draghi nei prossimi mesi basterà a evitare che il Parlamento non blocchi la ricostruzione, se non altro inceppando la tempistica di attuazione del Pnrrr. Se lo Stato-nazione in Italia riuscirà a rilegittimarsi agli occhi dei cittadini, e potrà farlo solo se sarà capace di realizzare le riforme previste dal Pnrr, assicurando maggiore benessere e soprattutto migliori prospettive per le nuove generazioni, indicherà agli altri paesi la strada maestra per battere il populismo.
L’Italia è anche un grande paese al centro del Mediterraneo, conteso tra Usa, Russia, Cina, Turchia, jihadisti. Gli Usa per fortuna sono riusciti a ottenere da Roma lo stop alla penetrazione dei cinesi nella nostra tecnologia – nel 5G in particolare – e al controllo dei nostri porti che con i populisti al Governo stava diventando minacciosa, e l’Italia può rimanere un partner affidabile dell’Occidente, nel Mediterraneo e non solo.
Un altro oggettivo punto debole dell’Italia, quello di essere esposta all’emigrazione clandestina dall’Africa la spinge ad assumere un ruolo di protagonista nel definire una politica mediterranea della sicurezza all’interno dell’Ue e della Nato.
Insomma, siamo in bilico, nulla ci è garantito, ma abbiamo le carte in regola per tornare a contare nel mondo.