Si riunirà il cda di Carige in tarda mattinata. Argomento principale della seduta i dati dei primi nove mesi dell’anno. La banca non lascia trapelare indiscrezioni ma in ambiente finanziario si ritiene che questi confermeranno il progresso dell’attività commerciale registrato nei mesi precedenti. Concentrata sul suo mercato principale, le famiglie e le pmi della Liguria, e degli altri territori su cui insediata, e favorita dalla ripresa dell’economia, la banca ligure dovrebbe presentare conti incoraggianti.
Sull’altro tema fondamentale per il futuro di Carige, quello della “business combination” voluto dalla Bce e imposto dai mercati, che premiano i grandi gruppi finanziari in grado di praticare economia di scala o piccole banche specializzate, gli amministratori di Carige, dopo avere conferito a Boston Consulting Group l’incarico di consulenza per lo sviluppo del core business anche ai fini della business combination, non possono fare altro che stare attenti a cogliere segnali di attenzione da parte di eventuali partner o acquirenti e rendere la banca sempre più appetibile.
In questo processo li aiuta il miglioramento dei conti, la drastica riduzione degli npl, scesi quasi a zero, e il fatto che gli incentivi fiscali alle aggregazioni sono stati prorogati al giugno 2022. Si tratta della norma che consente di trasformare le Dta in credito d’imposta, introdotta con l’ultima legge di Bilancio. Carige avrebbe da offrire Dta per un valore da un minimo di 420 milioni a un massimo di 1,3miliardi, secondo le condizioni fiscali del partner. Una cifra di cui senza dubbio eventuali possibili acquirenti terranno conto. Resta la richiesta di risarcimento (oltre mezzo miliardo) presentata al Tribunale di Genova dai vecchi azionisti nei confronti dell’attuale Carige. Siamo al primo grado di giudizio, la sentenza era attesa per il 4 novembre scorso ma i giudici si stanno prendendo altro tempo. I vertici della banca ritengono infondate le ragioni delle controparti, tanto che non hanno neppure predisposto alcun accantonamento a bilancio nel caso di un esito negativo della vertenza ma la questione resta comunque in sospeso.
D’altra parte il Fondo interbancario di tutela dei depositi e prestiti che attualmente detiene l’80% del capitale della banca ligure, deve, in base al suo statuto, uscire dal capitale azionario al più presto. Il suo ingresso era stato deciso soltanto come intervento-ponte, per mettere in sicurezza Carige in attesa dell’arrivo di un partner o di un acquirente. L’uscita del Fitd era stata programmata entro la fine del 2021, a subentrargli sarebbe stata la trentina Cassa centrale banca, che però alcuni mesi fa ha dichiarato di rinunciare ad esercitare il diritto d’opzione a causa del cambiamento delle ragioni di mercato in seguito alla pandemia.
Il fallimento dell’acquisizione di Mps da parte di Unicredit ha bloccato, per il momento, il processo di riassetto del sistema bancario italiano che si stava avviando e avrebbe potuto coinvolgere anche Carige. Comunque la banca ligure, almeno per ora, può procedere in autonomia. Fitd ha già dato il suo assenso a sottoscrivere un nuovo aumento (4-500 milioni) a fine 2022, poi rimarranno sei mesi per trovare un partner e i motivi che periodicamente fanno parlare di un nuovo risiko bancario italiano non sono venuti meno. Molti ritengono che, accanto ai due colossi Unicredit e Intesa Sanpaolo sia opportuna la presenza di un terzo grande polo. Carige potrebbe farne parte.