Il gruppo di ricerca Rely-Photonics del dipartimento di Chimica e chimica industriale dell’Università di Genova, ha fatto un ulteriore passo avanti nello sviluppo di sensori colorimetrici per il monitoraggio ambientale. Lo testimonia uno studio appena pubblicato su Advanced Optical Materials.
Nei nuovi sensori, che si ispirano a sistemi naturali come le ali delle farfalle Morpho o le piume del pavone oppure gli opali, l’interazione tra la luce e una nanostruttura altamente ingegnerizzata genera dei fenomeni complessi che conferiscono un colore anche a materiali intrinsecamente trasparenti. Proprio perché il colore appartiene alla struttura, e non a coloranti o pigmenti, esso può essere controllato, per esempio quando il sensore interagisce con un inquinante.
La nanostruttura dei nuovi sensori viene creata assemblando decine di strati di materiali plastici trasparenti, ognuno con uno spessore più di mille volte inferiore al diametro di un capello. Ciascuno dei materiali è selezionato e modificato in modo da interagire con una specifica classe di inquinanti.
I polimeri impiegati possono essere ricavati da scarti industriali, da fonti rinnovabili oppure, come nel recente studio, essere il risultato di altissima tecnologia industriale per permettere l’interazione con diverse classi di inquinanti e quindi creare un nuovo sensore olistico, che non necessita di alcun recettore chimico. Attraverso una fruttuosa collaborazione con Solvay Specialty Polymers Italy spa, il gruppo Rely-Photonics ha sviluppato sensori che, in linea di principio, possono rilevare qualsiasi classe di composti. Questo risultato è dovuto all’uso di un polimero speciale sviluppato da Solvay Specialty Polymers Italy (Aquivion®).
Il principio di funzionamento è molto semplice. Quando le molecole di inquinante incontrano il sensore si diffondono all’interno degli strati polimerici la cui permeabilità e le cui proprietà sono opportunamente ingegnerizzate. Questo processo stabilisce delle interazioni molecola-polimero che modificando la nanostruttura e quindi il colore del sensore. Come la permeabilità, il colore dei sensori è ingegnerizzato dai ricercatori che gli impartiscono un’accesa tonalità verde, che dopo l’esposizione agli inquinanti vira verso il rosso, proprio come un semaforo. Un’analisi spettrale della risposta all’inquinante permette poi di identificare la molecola o addirittura miscele di inquinanti e loro concentrazione con limiti di rilevabilità anche inferiori alla parte per milione.
Le applicazioni pratiche
Le applicazioni dei nuovi sensori, insieme ad altri che il gruppo Rely-Photonics sta sviluppando, saranno molteplici. Permettendo di identificare possibili inquinanti rilasciati in atmosfera come i liquidi degli impianti di refrigerazione o prodotti derivanti da industria ed attività produttive nei contesti urbani, troveranno applicazione nel monitoraggio ambientale in aree fortemente antropizzate. Inoltre, la possibilità di rilevare composti specifici li rende sfruttabili nel controllo di processi industriali e persino per la valutazione dello stato di conservazione degli alimenti durante l’intera filiera produttiva.
Il gruppo Rely-Photonics ha pubblicato molteplici studi sull’argomento focalizzandosi su diversi aspetti dei sensori, come la loro reattività o la loro specificità. Recentemente, il lavoro si è focalizzato sullo sviluppo di linee guida generali per la progettazione dei nuovi sistemi. Nell’articolo, pubblicato su Advanced Functional Materials evidenziano l’effetto dell’ordine degli strati, il loro spessore e il loro numero nel controllare la velocità di risposta del sensore. In una visione futuristica, questi sistemi potranno essere integrati nei nostri cellulari e utilizzati per applicazioni che vanno dal controllo di qualità dell’aria in ambienti industriali allo sviluppo di imballaggi intelligenti per indicare la freschezza del cibo.