«I dati sull’aumento dei container movimentati nel 2024 nei porti di Genova e Savona sono importanti ma ci sono alcuni aspetti che vanno analizzati con attenzione perché nascondono problemi significativi, come quello della carenza di servizi adeguati alla merce». Così il direttore generale Spediporto Giampaolo Botta dopo che Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale ha pubblicato i numeri relativi al 2024.
«I 2 milioni e 820 mila container messi a bilancio con la fine dell’anno – osserva Botta – sono frutto di un forte incremento del transhipment che, in particolare nel porto di Savona, ha avuto un vero e proprio boom, con un aumento del 1421% rispetto al 2022 e del 128% rispetto al 2023. Va detto, però, che i trasbordi non lasciano molto in termini economici al territorio. Piuttosto è necessario capire come si arrivi al calo dei container pieni in export (-3,5% rispetto al 2023, -6% nel confronto con il 2022) mentre l’import registra un timido aumento (+1,9%) che, però, non compensa il dato negativo che emerge rispetto al 2022 con un -4,8%».
Quali, dunque, le cause? «L’inadeguatezza dei servizi continua a penalizzare il porto di Genova – è l’analisi di Botta – Servono certezze sui tempi di uscita della merce, perché le lungaggini legate a carenze di personale, dotazioni tecnologiche inadeguate, mancanza di spazi, fanno aumentare i costi e lo rendono non competitivo rispetto ai porti del nord Europa. E non vanno neppure sottovalutate le difficoltà che sta vivendo il mondo dell’autotrasporto, che rischiano di aumentare nei prossimi mesi e che sarà necessario affrontare in piena sintonia con la categoria e le aziende».
Il direttore generale Spediporto porta, a sostegno del suo ragionamento, i dati della recente indagine Srm Contship: le imprese lombarde, venete ed emiliano romagnole utilizzano il porto di Genova nelle operazioni di import per il 29% e in export per il 47%. Si tratta, però, di percentuali nettamente più basse rispetto alla media 2019-2024 attestata, per l’import al 66% e per l’export al 70%. Il tutto mentre, ad esempio, il vicino porto della Spezia guadagna, nelle preferenze delle imprese, 8 punti percentuali sulla media quinquennale in import e 11 in export.
«La carenza di servizi e i costi da sostenere per i controlli della merce stanno creando una cattiva reputazione per il porto di Genova – aggiunge Botta – Le aziende ci segnalano costantemente le difficoltà che vivono e che riguardano in particolare alcuni traffici come l’alimentare o i prodotti sanitari. Già l’operatività ordinaria è resa più difficile dall’indispensabile processo di rinnovamento delle infrastrutture; perdere tempo e denaro per i vari controlli, non avendo certezze sui tempi di uscita della merce dai porti rende la situazione insostenibile».
E che l’export rappresenti un problema per l’economia ligure e genovese in particolare emerge anche dal recente studio di Confindustria che ha certificato un calo, nel secondo semestre 2024, sia del fatturato da clienti esteri (-1,9%, una diminuzione che non si registrava dal secondo semestre 2020, in piena pandemia Covid) che degli ordini da clienti esteri (-0.5%).