Fincantieri e sindacati il 26 maggio scorso hanno sottoscritto un accordo a livello nazionale che riguarda i lavoratori degli appalti.
Secondo quanto riporta una nota delle segreteria Fiom Genova e della Fiom Fincantieri Sestri Ponente, l’accordo prevede:
«la riduzione delle lavorazioni in appalto attraverso la limitazione del subappalto e tramite internalizzazioni, in particolare nella pitturazione ed isolazione e nelle attività impiantistiche e ad alto valore aggiunto; l’adozione di macchinari automatizzati che supporteranno la produzione consentendo il miglioramento delle condizioni di lavoro nelle attività attualmente più critiche; la costruzione di un “bacino delle professionalità di settore” per garantire la continuità occupazionale dei lavoratori degli appalti e rafforzare il patrimonio professionale del comparto cantieristico; la consegna mensile alla RSU dell’elenco delle aziende e il numero dei lavoratori in appalto contrattualizzati per ciascuna azienda, anche attraverso somministrazione di lavoro; ulteriori investimenti per l’adeguamento delle infrastrutture logistiche dei servizi per i dipendenti delle ditte operanti in appalto; la messa a disposizione di locali in Fincantieri per l’effettuazione delle assemblee dei lavoratori in appalto (anche per le categorie sindacali di Cgil Cisl Uil dei CCNL applicati) e l’adozione di bacheche sindacali negli spazi riservati alle ditte».
«L’accordo – si legge ancora nella nota – ci consegna strumenti per continuare ad organizzare ed intervenire a favore dei lavoratori degli appalti. Punti importanti che vanno in parallelo alle altre iniziative sul fronte sicurezza. Infine riteniamo necessario che anche sul fronte delle vaccinazioni da effettuarsi in azienda o in hub vicini, si lavori per estendere a tutti i lavoratori del cantiere (diretti e appalti) la possibilità di accedere volontariamente alla somministrazione, bypassando le problematiche esterne legate a residenza, nazionalità, mancata assegnazione del medico di base ecc., insomma tutti i problemi burocratici che già all’inizio della pandemia hanno comportato disparità di trattamenti».