«Leggendo le parole del Presidente Toti, abbiamo avuto una folgorazione. Lord Nelson e J.F. Kennedy citati nello stesso comunicato stampa. E da un politico italiano! Sarà perché non siamo abituati a un simile lignaggio intellettuale, la cosa ci ha stupiti. Ma dal tono aulico dell’incipit, la discesa a livello della polverosa terra è stata tanto repentina quanto deludente. Le parole dure riservate dal presidente allo sciopero del pubblico impiego annunciato per il 9 dicembre sono l’ennesima dimostrazione del “rispetto” che la politica ha per i lavoratori di questo settore che in Liguria sono 103 mila» spiega Gabriele Bertocchi, segretario generale Cisl Funzione Pubblica della Liguria in una nota rispondendo alle dichiarazioni del presidente della Regione Liguria Giovanni Toti sullo sciopero nazionale unitario del pubblico impiego in programma il 9 dicembre.
«Tanto per cominciare – sottolinea Bertocchi – ci piacerebbe ricordare che la parte di nazione impegnata nello sforzo bellico contro il Covid è rappresentata soprattutto da quei lavoratori pubblici che rischiano la vita negli ospedali per garantire un servizio tragicamente inadeguato per numeri e strutture. Incroceranno le braccia per i loro diritti vedendosi magari precettati da uno stato che nella legge di bilancio si è dimenticato di loro. Senza ricordare tutte le altre forme di lavoro statale prestate da dipendenti che, anche in periodo Covid, hanno garantito i servizi essenziali educativi, di sicurezza, di aiuto alla persona e di tutto ciò che costituisce lo stato sociale. Ma la parte del comunicato, iniziato così in alto, in cui la discesa ha raggiunto il punto più basso, è quella in cui si fa riferimento a “tutti quei cittadini che vorrebbero lavorare ma non possono farlo perché le loro attività hanno le saracinesche chiuse per legge”».
Per la Cisl lo stile è in caduta libera. «Il tentativo di distogliere l’attenzione dal vero problema innescando una “guerra tra poveri” rappresenta un’alchimia già vista e assai poco degna di ruolo un politico di rilievo assoluto. I servizi minimi essenziali saranno come sempre garantiti, ma lo sciopero è un diritto che va esercitato nei tempi e nei modi utili. Scioperare a primavera per una legge approvata nel dicembre dell’anno prima sarebbe assurdo. E qui non si rivendicano solo i diritti economici dei lavoratori, ma si pongono all’attenzione anche tutti i problemi di un apparato profondamente in crisi. Problemi legati ai servizi offerti alla cittadinanza con risorse sempre più scarse, legati alle assunzioni che da anni non coprono nemmeno il turnover: legati, insomma, a tutte quelle criticità che rendono la pubblica amministrazione inadeguata agli occhi dei cittadini. Giova forse, in questo senso, ricordare che l’Italia è il paese europeo che conta meno dipendenti statali in rapporto alla popolazione. La pubblica amministrazione e i lavoratori in essa impiegati, meritano il rispetto della politica, che continua a chiedere sforzi senza riconoscere alcun merito. Il lavoro pubblico va difeso nel nome di tutti».