La Liguria, rispetto a tutte le altre regioni, ha una percentuale di personale non sanitario vaccinato contro il Covid che è la seconda più alta in Italia (dopo la Lombardia): il 39%, una fascia tra l’altro non prevista dal Piano vaccinale.
È quanto emerge dal monitoraggio settimanale elaborato dalla Fondazione Gimbe. Nella grafica qui sotto si scopre come le regioni abbiano interpretato in modo discrezionale le priorità. Per esempio la Liguria ha deciso di non somministrare ancora alcun vaccino agli over 80, mentre la Provincia Autonoma di Bolzano ha privilegiato addirittura il personale non sanitario e gli over 80, appunto. Per quanto riguarda gli ospiti delle Rsa, la Liguria sinora ha dedicato loro il 10% delle dosi di vaccino somministrate.
«Se da un lato una parte del personale non sanitario risulta essenziale per il funzionamento di ospedali ed altre strutture sanitarie – spiega il presidente della Fondazione Gimbe Nino Cartabellotta – dall’altro i numeri riportati dal Piano vaccinale per operatori sanitari e socio sanitari corrispondono a tutti gli iscritti agli albi professionali, più gli operatori socio-sanitari: questo evidenzia una discrepanza tra numeri previsti dal Piano e le diverse policy vaccinali attuate dalle Regioni». In altre parole, se la categoria “operatori sanitari e socio sanitari” deve includere tutto il personale che lavora negli ospedali a qualsiasi titolo – dato richiesto alle Regioni dal Commissario Arcuri lo scorso 17 novembre – le dosi previste dal Piano vaccinale non sono sufficienti perché rimangono esclusi tutti i professionisti sanitari che non lavorano presso strutture pubbliche.
L’analisi di Gimbe si concentra sui vaccini ed emerge che la Liguria è al terzo posto in Italia per dosi consegnate per 100 mila abitanti.
La percentuale delle persone che però ha completato il ciclo vaccinale è sotto la media nazionale: 0,44%.
Positivi invece i parametri-chiave per monitorare il contagio da Covid-19 secondo la Fondazione Gimbe. Nella settimana 20-26 gennaio anche i posti letto occupati da pazienti Covid restano sotto la soglia massima fissata. Liguria per due settimane di fila senza criticità e indicatori in calo rispetto a quella precedente.
«Tutte le curve – afferma Nino Cartabellotta – continuano questa settimana la loro lenta discesa, ancora grazie agli effetti del decreto Natale, destinati tuttavia ad esaurirsi a breve».
Tornando alla questione vaccini «oltre ai noti ritardi di consegna da parte di Pfizer – dichiara Renata Gili, responsabile Gimbe ricerca sui Servizi sanitari – AstraZeneca ha comunicato alla Commissione Europea una riduzione della fornitura stimabile fino al 60% nel 1° trimestre, mentre CureVac non potrà consegnare entro marzo le 2,019 milioni di dosi previste dal Piano vaccinale, visto che lo studio di fase 3 è stato avviato solo il 14 dicembre». Di conseguenza, al netto di ritardi di consegne, entro il 31 marzo 2021 il nostro Paese dovrebbe disporre di 16,557 milioni di dosi, di cui 8,749 milioni da Pfizer-BioNTech e 1,346 milioni da Moderna e 6,462 milioni da AstraZeneca, anziché i 16,155 milioni previsti dal Piano vaccinale. Peraltro su AstraZeneca i conti non tornano visto che è stata annunciata una fornitura di 3,4 milioni di dosi.
«Con queste disponibilità – puntualizza Cartabellotta – solo il 14% della popolazione, circa 8,278 milioni di persone in Italia, potrà completare le due dosi del ciclo vaccinale, ma non prima della metà o addirittura della fine di aprile, ovviamente previa autorizzazione condizionata del vaccino di AstraZeneca che potrebbe essere soggetto a limitazioni per i soggetti di età maggiore di 54 anni con conseguente necessità di rivedere le priorità del piano vaccinale. Inoltre, occorrerà una notevole reattività della macchina organizzativa, visto che la maggior parte delle dosi non arriverà prima di metà febbraio».
In considerazione delle notevoli differenze regionali (consegna dosi, percentuale di persone che hanno completato il ciclo vaccinale, categorie vaccinate) che generano diseguaglianze, la Fondazione Gimbe chiede al commissario straordinario all’Emergenza e al ministero della Salute di mantenere costantemente aggiornato il numero delle forniture previste dal Piano vaccinale; chiarire ufficialmente l’entità delle forniture di AstraZeneca per il primo trimestre 2021; ridefinire a livello nazionale i criteri di inclusione nella categoria “operatori sanitari e socio sanitari” rivedendo di conseguenza i numeri del piano vaccinale; rendere pubblici i criteri per la consegna delle dosi alle Regioni.
«In questa fase molto critica della pandemia – sottolinea Cartabellotta – segnata da continue rimodulazioni al ribasso delle forniture vaccinali, minacciata delle nuove varianti del virus e da una verosimile risalita della curva epidemica una volta esauriti gli effetti della “stretta” di Natale, è fondamentale che le poche dosi di vaccino disponibili siano utilizzate per proteggere chi lavora in prima linea con i pazienti e le persone più fragili, come previsto dal Piano vaccinale. Un obiettivo che, ad un mese dall’avvio della campagna vaccinale, è già stato parzialmente disatteso con inaccettabili diseguaglianze regionali, “agevolate” dall’assenza di un’anagrafe vaccinale nazionale».