Puoi trovarlo in ambienti esclusivi, in compagnia di celebrità come Dolce e Gabbana, Philipp Plein, Naomi Campbell, Jennifer Lopez, Gianluca Vacchi e molti altri. Tra quelli che l’hanno accolto nel jet set c’è Paris Hilton, ma Marco Michelini, 42 anni, genovese, in arte Myfo, viene dalla strada e al mondo del lusso e della moda, del potere e della ricchezza guarda sia dall’interno sia dall’esterno.
Della duplicità dello sguardo Myfo ha fatto il tema base delle sue opere, dove spesso l’illustrazione, il poster di un film di culto, l’immagine stereotipata mostrano attraverso uno squarcio un secondo messaggio, più o meno esplicito, dipinto sulla base della tela. Forme eccentriche, schizzi coloratissimi e molteplici aggrovigliati su un’immagine nota riflettono il dinamismo di una società in continuo mutamento, ma il loro significato si completa con il mistero sottostante.
«C’è l’apparenza – spiega Myfo – e c’è una realtà sotteranea, tanto nei singoli uomini quanto nella società, e io racconto questa complessità, che di solito passa inosservata».
Che tecnica usa?
«Ho portato sulla tela quello che si può fare in strada. Mi servo di bombolette e anche di pennelli e sono uno dei pochi a usare la resina. Resino tutte le mie opere. Faccio un dipinto su tela in base al pesonaggio che devo raffigurare nel secondo tempo. Poi applico una locandina che ho disegnato io oppure è la locandina di un film. Poi faccio degli strappi per alludere a quello che c’è sotto e che rimane misterioso».
Ma come è arrivato l’artista genovese a esprimersi in opere che oggi vengono esposte in gallerie e locali di Milano, Montecarlo, Miami, Londra e nelle case di collezionisti famosi e presto, probabilmente, saranno in mostra a New York?
«Sono nato – racconta – a Genova nel 1978. Da ragazzo ero attirato dal mondo delle periferie e degli emarginati. Anche della delinquenza. La mia era una famiglia normale, potrei dire benestante, non ci mancava nulla, vivevamo a Sampierdarena ma io spesso ero a Begato, frequentavo i giovani di quel quartiere come frequentavo i writer, che disegnavano sui muri di notte e scappavano, e i ragazzi di strada. Mi attirava la loro energia e quello che avevano da dire e non riuscivano a esprimere. In seguito ho fatto anche qualche performance artistica prendendo spunto dai writer e in ogni caso non li ho dimenticati. A scuola sono arrivato fino al liceo, poi ho smesso perché volevo lavorare. Ho fatto diversi lavori. Oltre che artista professionista sono stato, di volta in volta o contemporaneamente, imprenditore, stilista di moda, manager di superyacht, personal shopper, interior designer e amministratore delegato di alcune aziende. Ho lavorato nel mondo del lusso, prenotavo jet privati e alberghi, mi occupavo di forniture di bordo, caviale e champagne. Nel 2006 ho creato il marchio Myfo per la moda. Volevo sviluppare una linea di moda, disegnavo io i modelli ma tutto questo non mi bastava. Mi interessava l’arte. Studiavo, sperimentavo, creavo.
Come le è venuto in mente di proporre queste opere al circuito commerciale?
«Ero a casa, avevo ospiti, uno era un ex gallerista, che ha notato i miei quadri e mi ha chiesto di chi erano, li voleva acquistare. “Sono miei” gli ho detto, “li ho fatti io”. E lui: “proponili a una galleria e vedrai che te li accettano. Se te li accettano me ne regali uno”. Per dieci giorni ho continuato la vita di sempre, poi una mattina mi sono svegliato, ho ripensato a quel consiglio e mi sono detto: “perché no? Proviamo”».
«Busso alla porta della prima galleria che mi viene in mente, a Genova, e quelli mi dicono: “collaboriamo subito”. È successo circa due anni fa. Da loro sono partito. Poi mi sono messo a lavorare ad altre opere, ma intanto il mio sogno era di affermarmi a Milano e poi varcare il confine, andare in Europa, in America. Tre o quattro mesi dopo l’esordio a Genova ho voluto provare con una galleria milanese».
Là è stato più difficile?
«Vado da una galleria famosa, è chiusa. Ne vedo un’altra, bellissima, in corso Magenta, E. F. Mi dicono, “torna tra poco che ora abbiamo un cliente”. Aspetto un’ora e cinque minuti in auto e torno. Il titolare, Eugenio Falcioni, mi chiede di portargli delle opere da vedere. Lo faccio e lui: “tra una ventina di giorni di dò una risposta”. Il venticinquesimo giorno mi chiama: “possiamo partire. Andiamo a Monaco. Da Cipriani”. Abbiamo tolto 18 Andy Warhol per metterci 18 Myfo!».
A Milano, dopo avere scoperto che le sue opere si vendevano, Myfo andava sempre più spesso: «Prima dell’incontro con la galleria di Falcioni proponevo le mie opere nei ristoranti top milanesi, ci andavo con un quadro sotto braccio. Ho avuto un sacco di clienti. Ero presente alle manifestazioni più importanti, come la Fashion Week. Un giorno, durante la Fashion Week, lascio un mio quadro a un party e me ne vado. Poco dopo arriva Paris Hilton, che lo vede e vuole sapere di chi è. Mi avvertono per telefono, arrivo di corsa, e lei: “questo quadro è bellissimo. Io non esco di qua finché non ho comperato una tua opera!” Non solo ha comperato ma mi ha messo sui social, su Instagram. La seguono milioni di persone e mi sono trovato catapultato a Los Angeles, a New York, nel mondo. È stato un altro salto».
«Abbiamo fatto la fiera Scope a Miami, ho ricevuto diverse richieste, di recente da una galleria di Berlino. Ora punto su Londra e New York, mi ha chiamato una galleria di Berlino ma tutte passano dai manager della galleria E. F.».
Tra i tanti personaggi famosi che hanno in casa i quadri dell’artista genovese ce n’è uno con cui il contatto è avvenuto in modo inusuale: Cristiano Ronaldo. «Un giorno mi telefona un tifoso della Juventus: “sono disposto a comperare un suo quadro se mi garantisce che lo riceverà Cristiano Ronaldo personalmente”. Parlo con dei dirigenti della Juventus che mi assicurano, arriverà a casa di Ronaldo. Avverto il cliente e, al Melià di Genova, consegno il quadro, dove il calciatore è rappresentato, ai dirigenti bianconeri».
La promozione dei quadri Myfo la fa anche a livello personale: «Sono molto attivo sui social. Le mie opere vengono conosciute attraverso la galleria, le mostre, i social, le conoscenze personali. Direi che tutte le mie esperienze, dalla strada ai superyacht, confluiscono nell’attività di oggi. Nel mondo che rappresento e, per certi aspetti, anche nei canali di promozione».