«Non è che possiamo scegliere. Il futuro sarà meticcio. Se vi piace, sarà così, e se non vi piace sarà così Io stesso». Sergio Casali, insegnante, volontario e giornalista, ricorda la frase di Umberto Eco che riassume alla perfezione l’evoluzione della società contemporanea che ormai è sotto gli occhi di tutti. Necessario dunque affrontarlo mettendo a confronto gli attori che rappresentano il primo passo dell’integrazione di tanti lavoratori, famiglie e bambini: la scuola, i Centri provinciali per l’istruzione degli adulti e tutta la rete di volontari che insegnano l’italiano agli stranieri di tutte le età.
Tante le voci che hanno fatto il quadro della situazione nel convegno di Rete Scuole Migranti “Lingua e futuro” in collaborazione con Palazzo Ducale, che ha ospitato l’evento, l’Ufficio Scolastico Regionale, la Società Dante Alighieri, il Centro studi Medì.
È innegabile che la società Occidentale, Italia in primis, stia invecchiando, le statistiche ormai parlano di un declino pericoloso, come rileva Casali: «Abbiamo bisogno di migranti eppure gli si sta mettendo in tutti i modi i bastoni tra le ruote. La legge sulla cittadinanza è l’ultima delle difficoltà che incontrano tante donne, uomini, bambini. Senza di loro non abbiamo proprio la possibilità di sopravvivere e andare avanti».
«Sono presenti realtà che nascono in modo differente, ma che sono l’espressione di una comune visione della società: cioè il tentativo di costruire un “noi inclusivo” e non un “noi contro gli altri”», dice Casali.
Roberto Marini, responsabile della scuola di volontariato Comitato Umanità Nuova, spiega: «La lingua è il passaggio dall’accoglienza all’integrazione. Tendenzialmente stiamo riscontrando più richiesta, soprattutto perché, e questa è una delle ragioni per cui siamo noi che abbiamo promosso questo evento, da fuori riscontriamo una certa debolezza da parte della scuola pubblica che non riesce, pur con tutta la collaborazione che c’è con l’Usr, a fronteggiare tutto».
I Cpia, ossia i Centri provinciali per l’istruzione degli adulti, hanno liste d’attesa enormi, spiega Marini: «Duecento, duecentocinquanta persone che sono lì che aspettano e aspettano solo che ci sia qualcuno di quelli che si è iscritto che rinuncia perché cambia città, ha trovato lavoro e non può più seguire i corsi. E quindi a noi poi arrivano con la richiesta perlomeno di iniziare». L’anno scorso sono stati ben 1200 gli studenti iscritti ai corsi gestiti dai volontari. «Siamo sulle 14 mila ore annuali di insegnamento e anche noi siamo in affanno sulla ricerca di volontari». Per chi volesse diventare insegnante volontario basta cercare Rete Scuole Migranti Genova. È presente anche una pagina con l’elenco dei centri.
La Rete ogni anno a novembre organizza un corso di aggiornamento con docenti che sono autori di libri di testo per l’insegnamento degli stranieri.
I minori vengono esclusi tendenzialmente da questo tipo di corsi in quanto è la scuola pubblica a prenderli in carico. «In alcuni casi però, diciassettenni-diciottenni, ospiti di comunità, quindi minori stranieri non accompagnati, vengono supportati», puntualizza Marini.
Il ventaglio di nazionalità va dal Perù all’Ecuador, dal Senegal alla Russia, visto che in tanti stanno scappando da là, ma anche Argentina, Nigeria.
Alle istituzioni Marini, a nome della Rete, chiede sostegno: «Anche locali, logistica, quelle sono cose importanti. Noi collaboriamo con loro, ma collaboriamo anche con i due Cpa in Liguria e con alcuni istituti che ci mandano degli studenti che noi dobbiamo in qualche modo accompagnare mentre frequentano al mattino la scuola».
Secondo Casali l’insegnamento della lingua è il biglietto da visita di una comunità accogliente.
Andrea Minghi, preside del Cpia nello spezzino, spiega: «Abbiamo corsi attivi dalle 9 di mattina alle 9 di sera, al mattino generalmente per le mamme, fino alle 21 per gli operatori e i lavoratori dei cantieri. Abbiamo corsi di vario livello, dal pre A1, quindi la prealfabetizzazione, fino al livello A2. In più abbiamo percorsi di scuola media, primo livello, che consente il raggiungimento del diploma di terza media. Facciamo un primo screening, in cui capiamo più o meno il livello dello studente, lo inseriamo nei corsi e successivamente poi viene fatto il patto formativo per capire che tipo di corso è meglio per lui». Nello spezzino il bacino di utenza è 1.600-1.700 persone su tre sedi: due alla Spezia e una su Sarzana, in più c’è anche la sede carceraria. «Abbiamo corsi che sono attivi su tutti i plessi e più abbiamo molti corsi estivi, visto che c’è bisogno anche in quel periodo, gestiti con fondi Fami – Fondo Asilo, Migrazione e Integrazione».
La soddisfazione è tanta: «Una docente, l’anno scorso, quasi vicina alla pensione, si è commossa perché un migrante ha chiesto un libro di grammatica. Finché era nella scuola ordinaria non le capitava mai. In questo caso era uno studente che, tra l’altro, aveva fatto un percorso di alfabetizzazione, un percorso da operatore elettrico, quindi lavorava in un cantiere e la sera ha voluto partecipare ai corsi per prendere la terza media».
Le difficoltà sono comunque diverse: «Non abbiamo tantissimo personale, anche in funzione delle richieste e poi la scuola, il Cpia, dovrebbe essere un po’ diversa anche come calendario. L’estate riusciamo a coprirla solo con i finanziamenti. L’anno scorso è stata dura perché avevamo un buco di finanziamento importante a causa della fine del settennato».
A novembre al via il corso in Fincantieri a Sestri Ponente
Nello stesso giorno del convegno il Comune di Genova ha firmato con Fincantieri un protocollo d’intesa per l’attivazione di uno sportello dedicato ai lavoratori stranieri, non solo del cantiere, Lorenzo Rocca, responsabile dei Progetti di lingua della Società Dante Alighieri, annuncia l’avvio di un corso di italiano per i lavoratori proprio di Sestri (l’altro cantiere coinvolto sarà Monfalcone): «Contiamo di costruire dei materiali didattici dedicati, profilati sui bisogni linguistici e linguistico-comunicativi dei lavoratori».
La Società Dante Alighieri negli ultimi tre anni si è dedicata all’erogazione di corsi di lingua rivolti in particolare a beneficiari di protezione internazionale. «Abbiamo iniziato l’anno scorso con un progetto cofinanziato dal ministero dell’Università della Ricerca rivolto alle rifugiate ucraine e quest’anno l’abbiamo esteso a tutti gli studenti universitari iscritti nei vari atenei italiani, che sono titolari di protezione internazionale». Sono corsi di lingua sulla piattaforma Dante Global, quindi online, un ambiente digitale dedicato di apprendimento che porteranno i discenti alla certificazione Plida di livello B1 e B2 per il conseguimento della competenza linguistica attesa. Tutto il percorso per loro è a titolo totalmente gratuito».
La situazione nelle scuole
Alessandro Clavarino, dirigente dell’Ufficio Scolastico Regionale, fa il punto per quanto riguarda l’aspetto che riguarda la scuola, che si trova a fronteggiare in alcune zone della città, classi in cui gli italiani madrelingua sono pochi: «Il quadro nazionale delle norme si evolve e ha dimensioni diverse, nazionali e locali, che dovranno tenere conto delle esperienze che sui vari territori si stanno realizzando e che ancora una volta ci dicono quanto sia importante una dimensione di rete, di pluralismo». L’ultima novità in questo senso è l’articolo 11 del decreto 71/2024. Per Clavarino è necessario un regolamento che definisca meglio la presenza di insegnanti d’italiano come seconda lingua nelle classi con numerosità alta. «Sarà importante, già dal decreto organico prossimo, vedere quali e quante sono le risorse che verranno messe a disposizione, così come sarà importante dare una armonizzazione a ciò che è già presente nell’ordinamento e ulteriormente arricchito da questo articolo. Non sempre le condizioni generali sono del tutto favorevoli e su questo siamo ulteriormente impegnati a creare condizioni di apprendimento efficace in una situazione di inclusione vera e di cittadinanza che viene proposta come valore non soltanto da enunciare ma da vivere davvero.
Quello che emerge è che comunque nessuno Stato ha una ricetta univoca, come spiega Fernanda Minuz consulente del Consiglio d’Europa: «Il quadro è molto complesso perché ovviamente i sistemi scolastici sono prerogative nazionali anche all’interno dell’Unione Europea, addirittura in alcuni paesi come la Germania sono strutturati a livello regionale. Ci sono però alcune tendenze di fondo che sono in parte negative, nel senso che è molto difficile trovare la ricetta. La soluzione non l’ha in mano nessuno, ma la direzione da intraprendere sembra avere un approccio largo al problema». Minuz evidenzia che i Paesi in cui le cose vanno meglio sono quelli che hanno forti politiche sociali per tutti. «L’altro aspetto rilevante è che c’è un quadro che si sta consolidando di tendenze positive, tipo i miglioramenti nei punteggi, per esempio dell’indagine Pisa, per cui c’è effettivamente un riscontro che testimonia come si sia consolidata una cultura dell’accoglienza linguistica per gli allievi stranieri». Minuz sottolinea anche quanto tutti gli organismi internazionali sottolineino l’importanza del coinvolgimento delle famiglie. «Soprattutto con i minori il successo dipende dal sostegno familiare e la ricerca ci dice che le famiglie migranti molto spesso hanno un atteggiamento estremamente positivo verso la scuola».