I timidi segnali di migliormento potrebbero essere vanificati dall’allentamento delle misure. La Liguria è ancora fuori dalle percentuali ritenute accettabili per consentire il ricovero anche di persone che non hanno il Covid: rispetto al 30% di posti occupati in terapia intensiva da pazienti Covid positivi, la Liguria è sesta con il 47%.
Per quanto riguarda l’occupazione dei posti letto la situazione è ancora lontana dalla normalità: 54% contro la soglia fissata del 40%.
Per questo secondo Gimbe e il presidente Nino Cartabellotta occorre fare attenzione, perché «i pazienti Covid-19 “invadono” i altri reparti limitando la possibilità di curare pazienti con altre patologie e determinando il rinvio di altre prestazioni, interventi chirurgici inclusi».
Per ora le misure di contenimento si riflettono sulle curve degli attualmente positivi, di ricoveri e terapie intensive, che sembrano avere superato il picco e iniziato la fase discendente, mentre la curva dei decessi continua a salire.
La Fondazione Gimbe ha valutato l’impatto delle misure introdotte dal Dpcm del 3 novembre con il “sistema a colori”, esaminando il trend di alcuni indicatori nel periodo compreso dal 6 novembre (data d’introduzione delle misure) al 28 novembre (ultimo giorno prima degli allentamenti in alcune Regioni). In dettaglio, sono state riportate le variazioni in 23 giorni di osservazione su 5 indicatori.
Risulta evidente che sull’allentamento delle misure del 29 novembre, deciso sulla base dei criteri del Dpcm 3 novembre, pesa di fatto solo la riduzione dell’indice Rt, visto che tutti gli altri indicatori sono peggiorati rispetto al 6 novembre, tranne rare eccezioni (la Liguria è una di queste).
«La nostra analisi – ribadisce Renata Gili, responsabile Ricerca sui servizi sanitari della Fondazione Gimbe – conferma che, Rt a parte, non si intravedono risultati tangibili a 3 settimane dall’introduzione delle misure. Inoltre, suggerisce che sbiadire troppo presto il colore delle Regioni rischia di determinare una risalita prima dell’indice Rt, poi della curva epidemica e quindi dei tassi di ospedalizzazione. In altre parole, con la circolazione del virus ancora troppo elevata per riprendere un efficace contact tracing e con la pressione sugli ospedali molto alta, i primi timidi segnali di miglioramento rischiano di essere vanificati dall’allentamento delle misure».
«L’entità del miglioramento di alcuni parametri – spiega Cartabellotta – è peraltro sovrastimata sia da ritardi di notifica e completezza dei dati comunicati dalle Regioni, sia da alcuni fattori di non sempre chiara interpretazione. Diminuzione dei casi testati e limitata esecuzione del tampone nei contatti di positivi, con conseguente riduzione dell’incidenza di nuovi casi; ritardo di comunicazione delle date di diagnosi, prelievo e inizio sintomi, che abbassano il valore dell’indice Rt; conversione di posti letto di area medica destinati a pazienti affetti da altre patologie, con conseguente riduzione del tasso di occupazione ospedaliera».
«A poche ore dalla firma del nuovo Dpcm – sostiene Cartabellotta – che dovrebbe guidare i nostri comportamenti sino alla fine delle festività natalizie, la Fondazione Gimbe chiede al governo di mantenere la linea del rigore, al fine di evitare una nuova inversione della curva del contagio e aumentare la pressione, già intensa, sugli ospedali dove i professionisti sanitari sono al limite dello stremo. Chiediamo inoltre di rivedere le tempistiche per ridurre l’intensità del colore delle Regioni: i dati confermano che due settimane di “osservazione” sono insufficienti per valutare un miglioramento tangibile sulla curva dei contagi e, soprattutto, sui tassi di ospedalizzazione. In tal senso, l’ipotesi di un'”Italia tutta gialla” in tempi brevi è più un desiderata della politica che una strategia di controllo dell’epidemia».