«Rispetto al 2010, su 17 dimensioni dello sviluppo sostenibile l’Italia è andata indietro su ben sei e una di queste sono gli ecosistemi terrestri e marini». Parte da questo dato Enrico Giovannini, direttore dell’ASviS, l’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile che stamattina a Genova al Festival dello sviluppo sostenibile a Palazzo Ducale ha presentato il position paper con le proposte per restaurare gli ecosistemi degradati.
E la prima è istituire una cabina di regia nazionale per portare avanti in Italia il nuovo Regolamento europeo sul ripristino della natura. Lo riporta l’agenzia Ansa.
«Che ci sia il nuovo regolamento che obbliga tutti i Paesi a fare molto è la buona notizia − dice Giovannini − peccato che il governo italiano non abbia stanziato un euro per i prossimi anni. Noi oggi proponiamo non solo di andare avanti, ma anche come organizzare la preparazione del piano di ripristino della natura che è obbligatorio per il nostro Paese».
Il Regolamento, approvato dal Parlamento e dal consiglio Ue nel 2024 per tutelare la biodiversità e contrastare il degrado ambientale, prevede il ripristino di almeno il 20% degli ecosistemi degradati entro il 2030 e almeno il 90% entro il 2050.
Nello specifico, almeno il 30% degli ecosistemi marini a partire dalla posidonia oceanica. Poi il ripristino di almeno 25 mila km di fiumi a scorrimento libero in Europa entro il 2030 e, ancora, misure di tutela e ripristino di aree verdi per gli ecosistemi urbani e altre misure per ecosistemi agricoli e forestali oltre al ripristino delle popolazioni di insetti impollinatori.
«La salvaguardia della biodiversità è fondamentale non solo per la terra, ma anche per il mare, in particolare in Liguria, una regione che per sua natura, nasce, vive e prospera sul confine tra terra e mare − sottolinea a margine dell’evento il presidente della Regione Marco Bucci che ha ricordato ome esempio dell’impegno della Liguria alla tutela del mare − il decalogo di rispetto per gli oceani realizzato nel 2023 in occasione di Ocean race, che è arrivato fino all’Onu, e su cui stiamo ancora lavorando affinché venga adottato in tutte le nazioni che toccano i mari».