In Liguria sono 4.500 i nuovi casi di ictus cerebrale ogni anno. La più importante variabile che può determinare l’esito della terapia dopo un ictus ischemico è rappresentata dal tempo tra l’esordio clinico e l’intervento medico. Per questo Regione Liguria ha avviato un progetto per migliorare la consapevolezza dei sintomi dell’ictus e la necessità che la popolazione si rivolga al Numero unico dell’emergenza (in Liguria il 112) in caso di sospetto.
La risposta immediata ai sintomi dell’ictus da parte di una vittima o di uno spettatore è il primo e più critico passo per diminuire i tempi tra l’insorgenza e il trattamento e, di conseguenza, per poter avere trattamenti efficaci per l’ictus acuto.
A presentare i risultati dello studio è stato Massimo Del Sette, direttore della struttura complessa di Neurologia dell’ospedale Galliera, presidente di Alice Liguria onlus e vicepresidente della Società italiana neurologia Sin. Al suo fianco la vicepresidente e assessore regionale alla Sanità Sonia Viale e il direttore di Alisa Walter Locatelli. Presenti anche il presidente di Fondazione Carige Paolo Momigliano e Nicoletta Reale, presidente nazionale dell’Associazione per la lotta all’ictus cerebrale Alice Italia Odv e dell’Osservatorio Ictus Italia.
La campagna informativa regionale Presto (acronimo di Perdere forza, Riduzione vista, Esprimersi, Sorridere, Tempo, Ospedale), che si è conclusa il 31 maggio scorso, ha avuto la durata di 16 mesi e si è articolata in tre fasi: la prima ha avuto l’obiettivo di rilevare i tempi di accesso ai pronto soccorso e alle neurologie dell’area metropolitana; la seconda fase (terminata il 31 gennaio 2019), prevedeva la diffusione di messaggi sui sintomi dell’ictus, attraverso vie istituzionali, organi di stampa, Tv, radio, web, su tutto il territorio regionale; nella terza fase, tra il 1 febbraio e il 31 maggio 2019, è stato effettuato il secondo rilievo dei tempi di accesso ai pronto soccorso e alle neurologie della medesima area metropolitana genovese per valutare le differenze nei tempi di accesso e negli effetti delle terapie dell’ictus ischemico, confrontando i due periodi pre-campagna e post-campagna.
Il 31 maggio si è conclusa anche la raccolta dati per verificare l’impatto della campagna educazionale nel migliorare i tempi di cura.
Risultati
Nel periodo compreso tra il 1 febbraio 2018 e il 31 maggio 2019 sono stati analizzati 1283 soggetti, di cui il 53% sono uomini e il 47% donne. L’età media è più elevata nella popolazione femminile, con una mediana di 80 anni nelle donne e di 75 anni negli uomini. Le donne, inoltre, presentavano mediamente un ictus di gravità maggiore rispetto agli uomini e sono state sottoposte meno frequentemente a trombolisi.
Significativa la differenza nel tempo dall’insorgenza dell’ictus alla porta dell’ospedale tra chi è giunto in pronto soccorso chiamando il 112 (in media 111 minuti) rispetto ai soggetti che si sono auto presentati con altri mezzi (circa il doppio, in media 203 minuti). Nei 3 ospedali cittadini (Policlinico San Martino, Azienda Ospedaliera Villa Scassi, Ente Ospedaliero Ospedali Galliera) con reparti dedicati alla cura della fase acuta, il 74% dei soggetti con sospetto ictus giunge con l’utilizzo del Nue (Numero Unico Emergenza 112) e soprattutto l’arrivo con il 112 riduce significativamente i tempi di intervento e facilita enormemente l’accesso a trombolisi/trombectomia.
Il confronto tra i tempi dall’esordio e la porta dell’ospedale, prima durante e dopo campagna, ha dimostrato un trend di riduzione, in media di 37 minuti.
Il significativo aumento del numero assoluto di soggetti con ictus ammessi precocemente (entro 24 ore) negli ospedali cittadini dimostra l’efficacia della campagna Presto.
La riduzione del tempo tra esordio e ingresso in ospedale, anche se statisticamente non significativa, dimostra che lo sforzo educativo si è dimostrato di successo, ma deve essere proseguito e focalizzato, probabilmente anche con mezzi comunicativi che devono più diffusamente penetrare nella cultura cittadina.
Durante tutte e tre le fasi è proseguita la raccolta dati del sistema di sorveglianza “Passi”, già in atto in tutte le Asl liguri, che si giova del supporto e dell’assistenza di un coordinamento centrale, a cura dall’Istituto Superiore di Sanità (Iss). La sorveglianza Passi si caratterizza come una sorveglianza in sanità pubblica che raccoglie, in continuo e attraverso indagini campionarie, informazioni dalla popolazione italiana adulta (18-69 anni) sugli stili di vita e fattori di rischio comportamentali connessi all’insorgenza delle malattie croniche non trasmissibili e sul grado di conoscenza e adesione ai programmi di intervento che il Paese sta realizzando per la loro prevenzione. I dati del 2019 saranno disponibili dalla primavera 2020.
I fattori di rischio sono: ipertensione arteriosa, obesità, diabete, fumo ed alcune anomalie cardiache e vascolari. Le nuove terapie della fase acuta (trombolisi e trombectomia meccanica) possono evitare del tutto o migliorare spesso in modo sorprendente questi esiti, ma la loro applicazione rimane a tutt’oggi molto limitata per una serie di motivi, tra i quali il ritardo con cui il paziente arriva in ospedale, il ritardo intra-ospedaliero e la mancanza di reti ospedaliere appropriatamente organizzate.
«La Liguria – dichiara Massimo Del Sette – compare già al primo posto in Italia per numero di trattamenti effettuati nell’ictus ischemico, rapportato alla popolazione. Ma solo il 50% dei pazienti che potrebbero essere trattati viene in effetti sottoposto alle terapie di ricanalizzazione arteriosa: questo avviene nonostante il fatto che le attuali linee guida non prevedano più limiti legati all’età o alla gravità. Causa principale è l’arrivo tardivo dei pazienti agli ospedali attrezzati per le terapie dell’ictus ischemico».