Sebbene la Liguria presenti a livello generale performance di circolante migliori rispetto al resto d’Italia, analizzando gli ultimi bilanci disponibili si evidenzia per le aziende liguri un trend negativo in controtendenza rispetto al dato a livello nazionale.
Lo rileva EY (Ernst & Young) network mondiale di servizi professionali di revisione e organizzazione contabile, fiscalità e consulenza di business. L’analisi è stata effettuata sui bilanci delle prime tremila aziende italiane e le prime 150 della Liguria e presentata in un ciclo di incontri di approfondimento professionale che EY Genova e Andaf Liguria, Associazione nazionale direttori amministrativi e finanziari, stanno organizzando a beneficio delle aziende del territorio. Il ciclo di incontri, organizzato da Enrico Lenzi (partner responsabile per i servizi di EY in Liguria), dopo il primo appuntamento, dedicato alle novità apportate ai principi contabili italiani, e il successivo, incentrato sul Job Act, mette in luce l’importanza del capitale circolante.
«La gestione del capitale circolante e i benefici che derivano dall’ottimizzazione integrata dei cicli aziendali sottostanti è spesso ancora guidata da logiche tattiche e non in maniera strutturata – spiega Riccardo Pastore, Director EY – ci sarebbero ampi margini di miglioramento per le aziende e la loro capacità di finanziare la gestione caratteristica oltre che di supportare piani di crescita ed investimento».
Il capitale circolante, o working capital, nella definizione più semplice, è dato dalla differenza tra le attività e le passività a breve di natura commerciale. Nelle prime rientrano i crediti verso i clienti, il magazzino e gli anticipi ai fornitori. Nel passivo rientrano i debiti verso i fornitori e gli anticipi da clienti.
«A livello europeo – sottolinea Pastore – abbiamo condotto un’analisi comparativa che ha portato a identificare un potenziale di cassa inespresso complessivo, ottenibile da una migliore gestione del capitale circolante, compreso tra i 275 e i 475 miliardi di euro». Cifre importanti, soprattutto dopo un periodo di crisi come questo in cui è proprio la generazione di cassa la vera sfida che molte aziende si trovano ad affrontare.
«Paragonando gli Stati Uniti e l’Europa – dice Pastore – emerge che le aziende statunitensi sono state capaci di migliorare tutti i cicli del circolante, mentre quelle europee hanno fatto ancora ampio ricorso alla leva dei fornitori, allungando i tempi di pagamento per compensare peggioramenti nella gestione del credito e del magazzino».
L’analisi di trend del capitale circolante per macro settori fatta da EY, evidenzia una notevole influenza sulle performance da parte dell’andamento del prezzo delle materie prime, petrolio in primis: in settori come l’Oil & Gas e relativo indotto, si sono registrate significative riduzioni del “cash to cash” (C2C). In Europa si evidenziano ancora ampi margini di miglioramento in settori quali il chimico, l’alimentare e l’industriale.
Entrando nel dettaglio italiano, l’analisi di EY mostra una sostanziale stabilità del C2C, frutto di un miglioramento della gestione del credito, dovuto anche all’introduzione di normative favorevoli, controbilanciato da un peggioramento delle performance di Dpo (days payable outstanding), cioè il numero medio di giorni di dilazione dei pagamenti a fornitori; in leggero miglioramento il livello di rotazioni di magazzino, guidato principalmente dalla ripresa delle vendite e dagli effetti residuali delle politiche di destocking (alleggerimento delle scorte) intraprese dalle aziende. A livello di macro-settori a peggiorare sono soprattutto l’editoria, il “fashion” e la meccanica, mentre migliorano servizi, tecnologia e life science.
Il peggioramento delle performance di C2C rilevate per le aziende liguri deriva principalmente da un leggero peggioramento del Dso, cioè i giorni di dilazione del pagamento, (da 76 a 78 giorni) contestuale a una riduzione dei tempi di pagamento a fornitori (passati da 92 a 88 giorni).
«Ci sono alcuni passaggi critici all’interno dei processi aziendali che necessitano di un approccio maggiormente strutturato– rileva Pastore – per migliorare le performance del circolante occorre coinvolgere l’intera struttura organizzativa, dando la necessaria solidità alle catene di fornitura e vendita, e dotando l’azienda di sistemi di controllo e di misurazione delle performance del cash flow in grado di indentificare e quantificare l’impatto delle attività di ciascun attore con un ruolo attivo lungo la catena del valore fornitore-cliente».
Per questo, secondo Pastore, la figura del Working Capital Manager, appare sempre più importante, soprattutto in aziende medio-grandi: «Deve avere un mix di competenze finance e operations, saper parlare con la banca, ma anche con le direzioni commerciale, acquisti e supply chain, tipicamente guidate da obiettivi diversi e ciascuna di esse avente un forte impatto sui livelli di circolante, in pratica deve avere competenze gestionali ma non solo, un “poliglotta” per restare nella metafora del linguaggio».
Tale figura non deve essere letta come un’alternativa al buyer, al controllo di gestione, al credit manager o al tesoriere, ma come un valido supporto al miglioramento continuo delle performance degli stessi, sottolinea Pastore, che aggiunge: «La nostra esperienza ha dimostrato che in breve periodo è possibile accelerare i flussi di cassa, intervenendo in modo integrato su fornitori e clienti e lavorando sui processi aziendali in modo da rendere il beneficio sostenibile nel tempo. Abbiamo esempi di progetti di ottimizzazione del circolante che hanno consentito aumenti di cassa superiori al 10% del fatturato».