In Italia, nella settimana 9-15 giugno, tutti gli indicatori relativi al contagio da Covid-19 sono in calo: nuovi casi per 100 mila abitanti, trend della diffusione del virus, posti letti occupati negli ospedali, anche quelli di terapia intensiva. Solo il Molise spicca per un andamento dei nuovi casi ancora in crescita del 15,4% rispetto alla settimana precedente, ma a fronte di soli 28 nuovi casi ogni 100 mila abitanti. Proprio questo dato, in Liguria, è il migliore d’Italia: nell’ultima settimana in media si registrano appena 25 nuovi casi Covid ogni 100 mila persone. Il quadro emerge dall’ultimo monitoraggio indipendente della Fondazione Gimbe.
I dati sono positivi, ma devono essere comunque analizzati – sottolinea la Fondazione – anche tenendo conto del fatto che è letteralmente crollato il numero dei tamponi effettuati alla popolazione: nelle ultime 5 settimane il numero di persone testate si è ridotto del 31,5%, scendendo da 3.247.816 a 2.223.782.
«La progressiva diminuzione dell’attività di testing − afferma il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta − sottostima il numero dei nuovi casi e documenta la mancata ripresa del tracciamento dei contatti, fondamentale in questa fase della pandemia». In media, sono 107 le persone testate al giorno ogni 100 mila abitanti. In Liguria in media sono 102 le persone testate al giorno.
In calo anche gli ospedalizzati: in Liguria sono il 3% i posti letto occupati in area Covid e il 6% quelli in terapia intensiva. «La costante riduzione dei pazienti ospedalizzati – sostiene Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione Gimbe – ha portato l’occupazione dei posti letto da parte dei pazienti Covid al 6% sia in area medica che in terapia intensiva, con tutte le regioni ampiamente sotto le soglie di allerta». In dettaglio, dal picco del 6 aprile i posti letto occupati in area medica sono scesi da 29.337 a 3.333 (-88,6%) e quelli in terapia intensiva da 3.743 a 504 (-86,5%). A seguito della rettifica della Regione Campania, poi, le persone in isolamento domiciliare dal picco del 28 marzo si sono ridotte da 540.855 a 102.069 (-81,1%). «Gli ingressi giornalieri in terapia intensiva – spiega Marco Mosti, Direttore Operativo della Fondazione Gimbe – in calo da 10 settimane consecutive sono ora stabili con una media mobile a 7 giorni di 22 ingressi/die».
Variante Delta
Secondo l’ultima indagine di prevalenza delle varianti pubblicata dall’Istituto Superiore di Sanità il 18 maggio, la variante delta (più contagiosa di circa il 60% rispetto alla variante inglese) è all’1% con differenze regionali e un range che va dallo 0 al 3,4%: in particolare, la diffusione maggiore si registra in Lazio (3,4%), Sardegna (2,9%) e Lombardia (2,5%). Tuttavia nell’ultima settimana la variante delta è stata isolata in due focolai a Milano e Brindisi, segno di una sua maggiore diffusione sul territorio nazionale che si rileva anche dal database internazionale Gisaid: rispetto ai sequenziamenti su campioni raccolti dal 19 maggio al 16 giugno, su 881 sequenze depositate 57 (6,5%) corrispondono alla variante delta. Rispetto all’efficacia dei vaccini, secondo i dati del Public Health England una singola dose di vaccino (Pfizer-BioNTech o AstraZeneca) ha un’efficacia solo del 33% nei confronti di questa variante, percentuale che dopo la seconda dose sale, rispettivamente, all’88% e al 60%. Inoltre, l’ultimo studio inglese (Public Health England) attesta che l’efficacia del ciclo completo nel prevenire le ospedalizzazioni è del 96% con il vaccino Pfizer-BioNTech e del 92% con quello AstraZeneca.
Vaccini: le somministrazioni
La Liguria risulta prima per popolazione vaccinata con entrambe le dosi: ha completato il ciclo il 28,5% della popolazione.
Vaccinazione “eterologa”
«Riguardo al nuovo caos AstraZeneca – afferma Cartabellotta – se nell’attuale contesto di bassa circolazione virale è totalmente condivisibile la decisione di limitare questo vaccino agli over 60, emergono alcune perplessità in merito all’obbligo di effettuare negli under 60 la seconda dose con vaccino a mRNA, già ribattezzata come “eterologa”». Negli under 60 che hanno ricevuto la prima dose di AstraZeneca, la circolare 11 giugno 2021 del Ministero della Salute dispone che “il ciclo deve essere completato con una seconda dose di vaccino a mRNA (Comirnaty o Moderna)”.
Evidenze scientifiche: Nonostante i presupposti immunologici, biologici e alcuni precedenti storici sul mix vaccinale, le evidenze scientifiche sono ancora preliminari. In particolare i 4 studi citati dal parere del CTS arruolano poco più di 800 persone e misurano l’efficacia del mix solo sulla risposta immunitaria e la sicurezza solo sugli effetti collaterali frequenti e a breve termine. In altre parole, a oggi non esistono prove di efficacia della vaccinazione “eterologa” su Covid-19 severa, ospedalizzazioni e decessi, né su eventuali effetti collaterali rari.
Aspetti regolatori. Alla data di pubblicazione della circolare del Ministero della Salute il mix vaccinale risultava essere off label, ovvero fuori dalle indicazioni autorizzate. La determina AIFA del 13 giugno 2021 ha “sanato” il problema, con riferimento alla legge 648/96 e disponendo che i vaccini a mRNA “possono essere somministrati come seconda dose per completare un ciclo vaccinale misto”. Ovvero, la formula possibilista usata dell’AIFA per consentire l’utilizzo della vaccinazione “eterologa” contrasta con quella perentoria prevista dalla circolare del ministero della Salute.
Consenso informato e responsabilità professionale. Il riferimento alla L. 648/96 prevede il “consenso informato scritto del paziente dal quale risulti che lo stesso è consapevole della incompletezza dei dati relativi alla sicurezza ed efficacia del medicinale per l’indicazione terapeutica proposta”. Ovvero, la legge 648/96 impone al cittadino di accettare o meno l’informativa fornitagli (se non firma il consenso non può completare il ciclo vaccinale) e al medico la responsabilità della prescrizione, in presenza di un’alternativa il cui profilo di efficacia e sicurezza è stato ribadito dall’EMA.
«Se presupposti immunologici e biologici e dati preliminari – conclude Cartabellotta – lasciano supporre che la vaccinazione “eterologa” sia efficace e sicura, rimane l’incongruenza tra l’obbligo previsto dalla circolare del ministero della Salute e la possibilità riportata dalla determina Aifa. Secondo la formula possibilista di Aifa per gli under 60 la seconda dose con Pfizer o Moderna è solo un’opzione che il paziente è libero di accettare o rifiutare, optando per la seconda dose con AstraZeneca. In ogni caso, è indispensabile adeguare il modulo di consenso informato a quanto previsto dalla L. 648/96 con adeguata informazione su benefici, rischi e incertezze delle opzioni per la seconda dose dopo AstraZeneca. Infine, per evitare che l’incongruenza tra le espressioni “dovere” e “potere” si traduca in una responsabilità esclusivamente a carico dei medici, con il rischio di disincentivare l’attività vaccinale, la Fondazione Gimbe chiede al Ministero della Salute e all’Aifa di esprimersi congiuntamente con una nota univoca e definitiva».