L’Inps mi pare un vecchio treno che arriva sempre in ritardo, senza giustificazione. Così che il suo comunicato del 16 aprile appare non solo colpevolmente tardivo, ma anche provocatorio.
Lo riporto qui per chiarezza
Roma, 16 aprile 2021
Chiarimenti sui periodi di copertura CIG – settimana dal 29 marzo al 4 aprile 2021Sarà a breve chiarito in una circolare Inps, su conforme parere del Ministero del Lavoro, che non vi sono “vuoti” di copertura di cassa integrazione per la settimana al 29 marzo al 4 aprile 2021. Infatti, la Legge di Bilancio riconosce 12 settimane di “Cig Covid” per il periodo 1 gennaio – 31 marzo 2021 e il successivo DL Sostegni riconosce ulteriori 13 settimane nel periodo dal 1 aprile al 30 giugno 2021. Il primo giorno lavorativo dell’anno 2021 è stato il 4 gennaio e le 12 settimane decorrenti dal 4 gennaio terminano il 28 marzo 2021. Dunque, nella prossima circolare in corso di emanazione da parte di Inps verrà chiarito, con parere conforme del Ministero del lavoro, che le 13 settimane del DL sostegni comprendono i periodi decorrenti dalla settimana in cui è collocato il 1 aprile. Ciò significa che sono coperti dalla “Cig Covid” del DL Sostegni anche i giorni lavorativi del 29, 30 e 31 marzo 2021. Non risultano pertanto periodi di scopertura per i lavoratori, salvo per coloro che hanno fatto ricorso alla CIG sabato 2 gennaio 2021 per i quali le settimane di “Cig Covid” terminavano il 27 marzo 2021 per tornare a decorrere dal 29 marzo 2021.
Che accerti, l’Inps, quanti lavoratori dipendenti hanno dovuto spendere i soldi delle loro ferie (o peggio ancora delle loro retribuzioni) per cancellare i dubbi e i rischi relativi al “vuoto” normativo che hanno coinvolto le giornate lavorative dal 29 al 31 marzo scorso. Vuoto normativo che neppure la maggioranza degli addetti ai lavori è stato in grado di colmare.
La questione del “vuoto” è nata il 23 marzo, giorno in cui è entrato in vigore il Decreto Sostegni (DL 41/2021).
Già da quel giorno nessuno ( o forse solo ben pochi?) ha saputo individuare, con certezza, quale sarebbe stata la corretta sorte retributiva e contributiva delle giornate di fine marzo.
Anche l’Inps, checché dica o non dica, non sapeva che pesci pigliare: lo prova il suo messaggio n. 1297 del 26 marzo, nel quale avrebbe già potuto (e dovuto) scrivere le identiche parole che hanno poi composto l’intempestivo comunicato del 16 aprile.
È una vicenda, questa, che rappresenta una sconfitta dell’Inps ma anche delle associazioni di categoria, delle associazioni professionali e delle associazioni sindacali.