Non bastiamo a noi stessi, per vincere alle prossime amministrative genovesi il Pd deve arrivare a una mediazione politica con forze politiche esterne «anche a costo di fare un passo indietro e di dialogare con chi invita a votare non al referendum» e, prima di tutto, è indispensabile ascoltare i cittadini. Così il segretario genovese del Partito democratico, Alessandro Terrile, presenta la sua relazione, approvata dalla direzione provinciale il 30 giugno con il voto favorevole di tutti i presenti e un astenuto.
Per arrivare alle elezioni genovesi con un partito forte di un programma condiviso con le parti sociali, e al centro di un sistema di alleanze, Terrile intende in primo luogo avviare una fase di consultazione diretta con i cittadini. Banchetti nelle strade, dal 9 luglio, per ascoltare bisogni e lagnanze, e anche rimproveri. Ci sono difficoltà nei quartieri popolari che devono essere considerate, capite meglio rispetto al passato, bisogna riallacciare un dialogo. «Con i segretari di circolo abbiamo deciso di lanciare nel mese di luglio una campagna di mobilitazione e di ascolto, occuperemo decine di piazze».
Il Pd dovrebbe disporre di altri terminali di raccordo con le parti sociali, oltre ai banchetti: tuttora in realtà come il Cep di Pra’ o Begato troviamo suoi militanti, o più o meno simpatizzanti, impegnati a far fronte alle difficoltà, come ne troviamo ancora nelle fabbriche e in vari comitati e associazioni di volontariato.
Comunque, da questa mobilitazione estiva si dovrebbe arrivare a un giudizio condiviso, a sua volta piattaforma per la proposta di alleanze alle forze politiche. Proposte e ricerca di mediazioni anche nei confronti di chi, per esempio, sta invitando a votare no al referendum sulla Costituzione, decisivo per la sorte del segretario del Pd, Matteo Renzi.
«Fuori del nostro partito – spiega Terrile – uno spazio politico non c’è oltre al 5%. Eppure quando ci troviamo contro di noi un’opposizione organizzata da sinistra, corroborata da corpi sociali, una parte dei nostri rimane a casa. Ed è un fenomeno che rischia di ampliarsi nei prossimi mesi per ragioni nazionali, anche perché le riforme del governo vanno sì nella giusta direzione ma per il momento non hanno portato frutti nelle fasce della popolazione più colpite». Per facilitare la strategia delle alleanze Terrile vedrebbe bene un ripensamento del Pd nazionale sulla possibilità di assegnare, con la nuova legge elettorale, il premio alla coalizione e non al partito.
Stabilito un programma d’intesa con le forze sociali e politiche e un’alleanza sulla base di questo programma, si potrà parlare del candidato o dei candidati sindaci, e preparare le primarie. Di cui si potrebbe anche fare (volentieri) a meno ma soltanto nel caso che si trovasse una candidatura unitaria, condivisa da tutte le varie anime o correnti del Pd. Eventualità al momento improbabile. Quanto al candidato uscito dalle primarie, secondo il segretario genovese del Pd, «non sarebbe una tragedia se non fosse del nostro partito. L’importante è che il centrosinistra vinca e amministri».
Terrile nella sua relazione ha tenuto conto delle sconfitte delle ultime regionali e di Savona, ma non solo. Deve avere guardato anche alle esperienze liguri, di Torino e di altre realtà italiane. Da cui emergono la capacità dei grillini di presentarsi come forza di innovazione e la tendenza degli elettori, di centrodestra e dell’M5S, di convergere ai ballottaggi sull’avversario del centro sinistra. Senza bisogno di accordi di vertice. Tra gli elettori la voglia di cambiamento supera anche il giudizio sull’amministrazione uscente. Fassino, a detta dei più, aveva governato bene. E ha perso. Il rischio per il Pd è di arrivare ai ballottaggi, forte di una base di consensi erosa ma ancora notevole, e poi perdere in favore del centrodestra o ell’M5S.
Inoltre, in Liguria, il Pd deve fare i conti con un avversario temibile, Giovanni Toti, che ha vinto le regionali riunificando il centrodestra. Toti, oltre a disporre delle leve fornitegli dall’utilizzo della macchina regionale, sta diffondendo il suo modello. Un modello che, secondo il segretario genovese del Pd, è niente altro che «immobilismo e prima repubblica». Però ha successo. «Non c’è Comune – osserva Terrile – in cui il centrodestra si andato diviso a queste amministrative. Anzi, ce n’è uno. Spotorno. E infatti lì abbiamo vinto noi».
Toti è anche abile nel mettere alle corde il Pd, facendolo passare come una forza di opposizione al cambiamento. Nei giorni scorsi il governatore ligure aveva lanciato una proposta per animare l’estate genovese: poiché la facciata del palazzo della Regione, in piazza De Ferrari, è coperto da un telo a causa dei lavori di restauro, approfittiamone per proiettarvi la notte dei filmati che mostrino le bellezze del nostro territorio e offrano un”occasione di svago ai genovesi e ai turisti. Una proposta che non avrebbe certo fatto del capoluogo ligure un centro d’ attrazione mondiale, e inoltre realizzata con il contributo di Liguria digitale, che non sembra una garanzia assoluta di efficienza e qualità, ma era a costo basso e offriva comunque una chance in più a chi non vuole restare in casa nelle notti d’estate, spesso afose. Perché no? Dal Comune è arrivata una raffica di no: le sedie, l’illuminazione, il traffico, la fontana… Secondo alcuni l’amministrazione comunale temeva che l’iniziativa si risolvesse in una promozione della figura di Toti. Che la causa fosse una deliberata scelta anti Toti o una spontanea fioritura di dossier dei burocrati comunali, fatto sta che il governatore ha avuto buon gioco a rispondere che, di fronte a tutte quelle difficoltà, avrebbe rinunciato all’iniziativa. E il Pd, che sostiene la giunta, è apparso come il paladino del vecchiume, dell’immobilismo e dei cavilli.
Ma la giunta genovese causa al Pd motivi di preoccupazione ben più gravi. Al centro della rete in cui si trova impigliato il Partito democratico genovese è il nodo rappresentato dal sindaco Marco Doria. Il primo cittadino si è distinto per la disastrosa gestione dell’auspicata riforma delle società partecipate, per l’atteggiamento nei confronti delle grandi opere, che ha deluso i suoi sostenitori e talvolta irritato il Pd, fino a costringerlo in più occasioni a dichiarare ufficialmente che la realizzazione delle opere era più importante della sopravvivenza della giunta, e per la gestione dell’ordine pubblico, peraltro solo in parte responsabilità dell’amministrazione comunale. In questo ambito Doria spesso è apparso lontano dalla sensibilità dei suoi cittadini. La questione del mercato abusivo di via Turati, un suk dove si vendevano oggetti raccolti dai bidoni della spazzatura, davanti al Porto Antico, cuore turistico della città, è stata risolta con legalizzazione del fenomeno e il suo dislocamento pochi metri lontano.
La giunta Doria, composta da alcuni bravi tecnici e tecnocrati, da qualche signora che sembra sottratta impropriamente al burraco e alla canasta, e da esponenti della vecchia sinistra, può anche vantare dei successi, in particolare una oculata gestione della finanza che ha permesso di fare fronte ai tagli alle entrate senza sacrificare in misura drammatica il welfare e nella promozione turistica della città, che anno dopo anno si afferma come meta di vacanze. Alcuni di questi meriti sono riconosciuti dalle categorie economiche, anche datoriali, e dalle associazioni. Ma probabilmente non basta. L’esperienza amministrativa di Doria non sembra avere soddisfatto buona parte dei genovesi. I renziani e soprattutto i cosiddetti nuovi renziani detestano l’attuale primo cittadino e non vogliono assolutamente che si ricandidi. E secondo insider del Pd, Doria non sarebbe gradito neppure dai segretari dei circoli, almeno da molti di essi.
Ma rinunciare a Doria, a parte il fatto che per il Pd vorrebbe dire svalutare l’operato di una giunta di cui è tuttora l’asse portante, e l’esperienza delle regionali e di Savona insegna che parlare di discontinuità quando si fa parte del gruppo che ha amministrato è difficile, vuol dire camminare sulla fune con il forte rischio di cadere senza rete, potrebbe anche compromettere quella ricerca di intese alla sinistra del Pd che Terrile giudica indispensabile. Doria ha vinto le primarie sostenuto dalla sinistra radicale e, verosimilmente, dai militanti del Pd che a questa sinistra sono vicini, oltre che dagli amanti del nuovo.
L’ideale sarebbe se Doria annunciasse di non volersi ricandidare. Ma finora non lo ha fatto e alcuni indizi lasciano pensare che non lo farà. Nei giorni scorsi il primo cittadino è intervenuto a un dibattito pubblico sulle misure da prendere in questo ultimo anno di amministrazione.Si potrebbe anche intendere l’iniziativa come una prima chiamata a raccolta di forze sociali e politiche vicine, in vista poi di un bilancio e di un nuovo programma: vediamo che cosa non siamo riusciti a realizzare e possiamo fare nei prossimi cinque anni.
Ieri il sindaco, intervistato da Telenord, ha affrontato il tema dell’ordine pubblico, a lungo lasciato ai suoi avversari. E ha dichiarato che «la situazione deve essere affrontata, la criminalità dev’essere repressa e contrastata con un’azione incisiva delle forze dell’ordine». Non con pensosi seminari, convegni e corsi di formazione. Con la repressione. Potrebbe essere un tentativo di conquistare di conquistare nuove fasce sociali, aldilà della sinistra radicale.