Il focus dei mercati e delle banche centrali nelle prossime settimane sarà sulle possibili interazioni tra prezzi del petrolio e conseguenti livelli dell’inflazione attesa e dei tassi d’interesse a medio-lungo termine, nonché sugli ulteriori sviluppi di possibili nuove tensioni commerciali, geopolitiche (Medio Oriente) e politiche di alcuni Paesi membri dell’Ue (Italia, Spagna, Germania).
Che cosa abbiamo visto negli ultimi giorni
Negli Stati Uniti, in calo l’indicatore anticipatore PMI del comparto manifatturiero di giugno (54,6 punti dai 56,4 di maggio e vs. i 56,1 attesi dagli analisti) e l’indice manifatturiero Philadelphia Fed Business (“Philly Fed”) di giugno, scivolato a 19,9 punti (minimo da novembre 2016) dai precedenti 34,4 e contro i 29 previsti: la crescita, seppur portandosi da elevata a moderata, permane saldamente in fase espansiva.
In Eurozona, secondo le stime flash dei PMI di giugno, migliora la crescita economica, dopo il rallentamento e i minimi degli ultimi 18 mesi di maggio scorso: il balzo, oltre le attese degli analisti, da 53,8 a 55,0 punti del comparto terziario ha controbilanciato il calo, comunque atteso, da 55,5 a 55,0 punti del comparto manifatturiero, dovuto ai timori di possibile ulteriore deterioramento delle tensioni commerciali (“guerre dei dazi”) tra Stati Uniti e Cina e tra Stati Uniti ed Europa ed alle conseguenti ripercussioni sul commercio e sulla domanda globali. In Germania, l’indice di aspettative IFO è ulteriormente migliorato a 98,6 punti dai precedenti 98,5. I segnali di ripresa del ciclo economico europeo in giugno potrebbero risultare solo temporanei, in caso di eventuali nuove fasi d’incertezza politica a livello europeo (molto seguito sarà l’esito del consiglio europeo del 28-29 giugno e che avrà, tra i temi centrali, la gestione dei flussi migratori, la difesa e la sicurezza, il bilancio europeo e la competitività) e di alcuni paesi membri (Italia, Spagna, Germania).
In Giappone, l’indice PMI di maggio è cresciuto ai massimi degli ultimi 3 anni, mentre l’inflazione al consumo resta debole (+0,7% annuo) e ben lontana dal target della banca centrale, a causa di uno yen troppo forte, che, insieme ai timori legati alle recenti tensioni sul commercio internazionale, ha determinato una clamorosa diminuzione dell’export in maggio, la prima da agosto 2016.
Gran Bretagna: la banca centrale ha lasciato il tasso di riferimento fermo (dal 2009) allo 0,50%, ma sono ulteriormente aumentate le aspettative di un primo rialzo alla prossima riunione del 2 agosto.
Sui mercati finanziari a livello globale, continuano a preoccupare le tensioni sul commercio internazionale: sul fronte Cina-Usa, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha annunciato nuove tariffe su prodotti cinesi per 200 miliardi di dollari, da sommare ai 50 già precedentemente annunciati. A farne le spese, le borse asiatiche, Cina in testa (a sua volta, dichiaratasi pronta a rispondere a tono); sul fronte Europa-Usa, l’U.E. ha deliberato “misure di equilibrio” ovvero dazi sui prodotti made in Usa (dai jeans Levi’s ad alcuni grandi marchi cosmetici fino alle celebri moto Harley Davidson) per 2,8 miliardi di euro. I mercati azionari europei temono, però, l’eventuale arrivo delle sanzioni statunitensi sul comparto automotive, dove il calo delle quotazioni azionarie è stato pesante.
Le flessioni dei principali listini azionari internazionali della scorsa settimana (Usa -0,92%; Giappone -1,31%; Europa -0,83%) si accompagna a un nuovo aumento della volatilità implicita (VIX sul principale indice azionario statunitense, l’S&P500, risalito a oltre il 16%) e a una diminuzione del rendimento del titolo governativo decennale tedesco (Bund) allo 0,35%, mentre l’omologo italiano (il Btp) è risalito in poche sedute di 40 punti base, sfiorando il 2,95% e lo spread oltre i 260 punti base, facendo da cassa di risonanza alle tensioni politiche interne italiane ed europee sul tema della gestione dei flussi migratori nel Mediterraneo e penalizzando, così, le azioni del comparto bancario e assicurativo del principale indice azionario italiano, il Ftse Mib, sceso in poco più di una settimana di quasi il 4% e nuovamente appoggiatosi all’importante supporto in area 21.300-21.350)..
Sui mercati internazionali delle materie prime, in recupero le quotazioni del greggio WTI e Brent, a oltre 68 e 75 dollari/barile, rispettivamente, dopo l’intesa raggiunta alla riunione Opec della scorsa settimana per un aumento di produzione inferiore alle attese del mercato.
Dati in uscita questa settimana
Dagli Usa, pil definitivo I trimestre, indice di fiducia dei consumatori rilevato dall’Università del Michigan, ordini di beni durevoli, spesa personale.
Dall’Europa, fiducia dei consumatori, tasso d’inflazione al consumo; dalla Germania, tasso di disoccupazione (attualmente al minimo assoluto del 3,3%); dall’Italia, indice di fiducia del comparto manifatturiero e tasso d’inflazione al consumo.
Dal Giappone, produzione industriale, disoccupazione, commercio al dettaglio.
Strategia di allocazione del portafoglio
I fondamentali dell’economia confermano uno scenario di espansione economica sincronizzata nelle principali aree geografiche, in un contesto di graduale rimozione da parte delle banche centrali delle politiche monetarie espansive: la banca centrale statunitense, la Fed, potrà, per ora, proseguire l’annunciato programma di 4 rialzi dei tassi ufficiali (da 25 punti base ciascuno) previsto per il 2018 (due già attuati il 20-21 marzo e il 12-13 giugno scorsi e due da attuare, presumibilmente, nelle riunioni del 25-26 settembre e 18-19 dicembre), mentre la Bce ha annunciato il mantenimento di una politica monetaria ancora prudentemente accomodante sui tassi ufficiali almeno fino all’estate 2019 ovvero anche dopo la fine del Quantitative Easing annunciata per il 31 dicembre di quest’anno.
Grazie a incoraggianti segnali tecnici e pur tenendo conto che la volatilità da sostenere nei prossimi mesi sarà mediamente più elevata rispetto a quella degli ultimi anni, rimaniamo costruttivi sul comparto azionario, che continuiamo a preferire, in termini relativi, a quello obbligazionario, su cui suggeriamo, in generale, scadenze molto brevi, in quanto i tassi d’interesse tenderanno ad aumentare, seppur gradualmente, a seguito dell’ormai avviata annunciata fase di normalizzazione di politica monetaria delle banche centrali. La velocità dei rialzi determinerà il livello di volatilità dei mercati azionari, obbligazionari, delle materie prime e valutari.