Certo, i numeri sono datati e attendono un refresh che non si avrà fino a ottobre. Ma sono dati che fanno riflettere perché, se i primi sussurri saranno confermati, il teatro (il cinema poi vedremo) sembra essere una delle principali attrattive per i genovesi metropolitani che, di sera o di pomeriggio, decidono di uscire di casa.
Questione di comunicazione, di attrazione, di capacità, soprattutto umana, di offrire pathos. Il teatro – quando fa teatro- è pura rappresentazione, in gesti e parole, anche della politica.
Oggi le assi del palcoscenico ricominciano a piacere. Anche ai piedi della Lanterna.
I genovesi hanno il terribile vizio di non volersi raccontare né – tantomeno – voler sentir parlare di se stessi e delle proprie abitudini. Specie se sono buone. In città ci si confronta su crisi (in generale), disoccupazione (sempre in generale) o su soluzioni che non arrivano mai, pur avendo ogni genovese una propria ricetta risolutiva.
Eppure Genova sta cambiando, a dispetto di se stessa, proprio nella propria parte più intima e dunque meno evidenziata: la cultura.
I musei hanno avviato la propria rivoluzione e cominciano a richiamare visitatori. I teatri presentano importanti incrementi nel numero di spettatori, anche se molte persone quasi si vergognano nel dire che a teatro ci vanno. E in tanti. Davanti ai sipari in attesa dello spettacolo si sono seduti, nel 2012, in 358 mila.
Siccome in città il termine di paragone di ogni cifra è sempre il calcio, allora recuperiamo quella su quanti sono andati allo stadio. Nel 2012 a vedere il Genoa sono accorsi in 375 mila. A godersi la Sampdoria in 439 mila. Sorpresa. I numeri delle sciarpe sugli spalti non dicono di cifre così diverse dalle poltroncine di sala…
Teniamo poi presente che i 34 teatri cittadini hanno in complesso 19.882 posti a sedere, poco più della metà dello stadio Luigi Ferrraris. I dati relativi alle presenze a teatro per il 2013 (di prossima pubblicazione), offriranno dati che potrebbero anche sovvertire l’ordine di graduatoria rispetto allo stadio e vedere gli attori superare, in termine di spettatori, i campioni delle singole squadre rossoblucerchiate.
Una notiziona? Forse. Per certo un cambio di orientamento negli interessi dei genovesi. E il puntare verso il teatro è importante e significativo. Perché è un mondo particolare e spesso sconosciuto ai più. Il Comune, nell’ottobre scorso, ha pubblicato un’ “analisi delle gestioni teatrali di Genova”. Un appunto che racconta come e di cosa vive il teatro, di cosa avrebbe bisogno, quanto “pesa” in termini di contributo pubblico e quanto invece riesce a finanziarsi con la biglietteria. Ovviamente, in terni di denari, le cifre del Teatro Stabile sono imponenti e sostanzialmente “falsano” (si fa, ovviamente per dire, ndr) le somme totali del settore. Sciorinare qualche numero serve. Così come serve comprendere che il “contributo pubblico” non è uno dei consueti interventi di Pantalone all’italiana. Nel resto d’Europa, come scrive il ministero per i beni culturali nella pubblicazione “Osservatorio dello spettacolo – analisi comparata del finanziamento culturale e dello spettacolo dal vivo” il contributo ai teatri è una priorità pubblica e la cultura del teatro non è trattata (come da noi) alla stregua di un passatempo fine a se stesso, ma come un patrimonio al servizio del benessere dei cittadini. Le cifre, si diceva.
Nella media i teatri genovesi, nel 2012, sono riusciti a coprire il 52% delle proprie uscite senza l’utilizzo di fondi pubblici.
È una percentuale alta. In Francia, ad esempio, la media è al 43%. Nella media va tenuto presente che il Teatro Stabile ha coperto – con incassi e vendite – solo il 24% delle spese, il Politeama il 79%, La Tosse il 34%, il Teatro della Gioventù il 43%. Prima degli incassi, leggiamo quanto si spende per tenere in piedi una componente particolare qual è un teatro. Le spese per il personale, ad esempio. Nel complesso i palcoscenici cittadini hanno speso 7,7 milioni. Tra questi 3.3 di pertinenza dello Stabile, 1.6 dell’Archivolto. Poco meno di 1,3 per la Tosse, 594 per il Teatro della Gioventù e 355 per il Politeama. Anche gli allestimenti pesano complessivamente sui bilanci. Ma sui 2,1milioni complessivi oltre 1,7 li spendeva lo Stabile, per ragioni ovvie. Dunque i costi ci sono, eccome. Stilando un “bilancio consolidato” dei principali teatri genovesi, il complesso delle spese ammontava, nel 2012, a 17,7 milioni di euro. A fronte di queste uscite i teatri hanno iscritto ricavi complessivi da incassi al botteghino per 6,7 milioni. A questi, per circa 2 milioni ha contribuito lo Stabile, 1,4 li ha portati l’Archivolto, 1.3 il Politeama, 728 la Tosse e 492 il Teatro della Gioventù, che però nel 2012 iniziava il proprio nuovo percorso sotto la guida di Massimo Chiesa.
Oltre ai contributi pubblici, infine, a sostenere i bilanci dei sipari hanno contributo gli sponsor. Poco più di 2,4 milioni, 1.1 dedicato allo Stabile, 681 all’Archivolto 285 alla Tosse e 150 al Politeama. Agli altri bricioline.
Si diceva che il teatro attira pubblico in quantità crescenti. E che per continuare a farlo deve saper cambiare anche se stesso.
Un esempio arriva, a Genova, da un teatro. Quello della Gioventù.
Lì si lavora all’inglese, nel senso che non è il teatro a dettare il tempo della presenza degli spettacoli in cartellone, ma il pubblico, finché ci va. In una città anti-cambiamento come Genova (e sotto certi aspetti così simile a Londra) l’innovazione che crea nuova abitudine consolidata paga sempre. Ora abbiamo scoperto che vale anche per l’andare a teatro. Il Teatro della Gioventù è l’unico che lavora sulla sola produzione interna. Non vede sul palco compagnie itineranti. Ma soprattutto “fa stagione” non solo nei periodi canonici (da ottobre ad aprile), ma rimane aperto al pubblico anche d’estate. Come negli altri Paesi europei, dove è normale andare a teatro anche d’estate. Dunque il Teatro offre opportunità di lavoro a giovani attori per quasi tutto l’anno, in un ambiente dove il lavoro di attore si riesce ad esercitare, quando va bene, per uno o due mesi l’anno. Organizzazione e numeri del teatro sono particolarissimi, con caratteri di unicità in Italia. Il teatro, nei propri spazi, non fa solo teatro. In poco meno di due anni e mezzo il Teatro della Gioventù ha ospitato convegni, congressi, incontri di ogni tipo per 392 volte con un’affluenza di pubblico di circa 70 mila presenze. Nello stesso periodo ha avuto 1.195 aperture al pubblico con un’affluenza totale di circa 200 mila persone, oltre a ciò in questo periodo il teatro è stato usato per le prove degli spettacoli, per le audizioni e per le lezioni di recitazione per circa 630 giorni. Per quanto riguarda la parte economica, la situazione è stata trascinata coi denti. Nel 2012 le entrate totali sono state di circa 403 mila euro, più la sovvenzione del Ministero per i Beni e le attività culturali 485mila euro, per un totale di ricavi di 888 mila euro. Nel 2013 le entrate totali sono state di quasi 607 mila euro oltre alla sovvenzione ministeriale 445 mila euro. Complessivamente 1.051mila euro. E veniamo a oggi, anzi a ieri. Al 10 luglio 2014 le entrate ammontavano a 320 mila euro, ai quali andrà sommata la sovvenzione del Ministero, incredibilmente ancora non deliberata. Se la cifra fosse come quella del 2013 il Teatro della Gioventù ipotizza una quota parte al 10 luglio di circa 233 mila euro e quindi un totale di periodo prossimo ai 553 mila euro. L’obiettivo finale, per poter tenere in piedi il teatro, sarebbe quello di raggiungere 1250 mila di euro. Tutto difficile, ovvio, ma la voglia di fare c’è.