A Genova si sprecano circa 10.260 tonnellate di cibo all’anno, che corrispondono in quantità ad almeno quattro volte il cibo complessivamente distribuito alle persone in stato di bisogno. Si tratta di cibo legato alla produzione alimentare (fasi di post raccolto e post macellazione), alla trasformazione (industrie che fanno anche confezionamento), alla distribuzione (stoccaggio, piattaforme logistiche e trasporto), alla vendita (mercati, negozi, gdo, piattaforme di vendita online) e al consumo finale (mense, ristorazione, consumo domestico).
Le associazioni presenti sul territorio genovese recuperano circa 400 tonnellate di eccedenze, che corrispondono al 4% dello spreco generato. La rete Ricibo recupera la metà di ciò che è fatto a Genova per un valore di 561 mila euro nel 2023 e un risparmio di 30 mila euro nella gestione del rifiuto.
Dal 2017 la rete Ricibo ha progressivamente raccolto le realtà che sul territorio genovese si occupano di sistemi di recupero delle eccedenze alimentari e distribuzione beni di prima necessità alle persone in stato di bisogno. Oggi sono 90, ma occorre fare attenzione, come ha spiegato Roberta Massa, della Comunità di San Benedetto al Porto e responsabile del progetto durante uno dei panel della prima edizione di Circular Value Forum: «Il recupero delle eccedenze alimentari però non risolverà il problema della povertà alimentare. Il cibo recuperato non è idoneo a una dieta sana, ma può solo arricchire un paniere composto da altre fonti di approvvigionamento. In sostanza il legame tra la lotta allo spreco e il contrasto alla povertà alimentare si sta dimostrando inefficace».
Analizzando i risultati nel 2023 del recupero delle eccedenze a Genova attraverso la rete Ricibo emerge che le eccedenze recuperate sono in prevalenza pane e sostituti del pane (circa il 60%, in porzioni), che non garantiscono una dieta equilibrata. A livello territoriale questo evidenzia una sovrapproduzione di pane e una non idoneità del recupero delle eccedenze a scopo sociale se si vuole garantire una dieta sana ed equilibrata. «Fino a quanto si può spingere l’aumento dei servizi di recupero? Sono da valutare i pro e i contro − si chiede Massa − sarebbe necesario invece orientare le politiche urbane sulla prevenzione dello spreco e ottimizzare i servizi di recupero solo su specifiche tipologie di cibo adatte a migliorare il paniere dei beneficiari come ortofrutta, latticini eccetera».
Ricibo recupera soprattutto dai supermercati, che rappresentano più della metà delle tonnellate recuperate, anche se in città solo il 15% dei punti vendita della gdo dona eccedenze. Seguono produttori, negozi e piattaforme logistiche. «Lo spreco generato è molto maggiore rispetto al cibo recuperato, perché gli alimenti freschi e freschissimi non vengono donati. Non conosciamo il valore complessivo dello spreco generato».
La gdo spreca oltre i 16 kg a mq di superficie di vendite all’anno, il 35% delle tonnellate.
Nel 2016 il tema dello spreco alimentare è stato affrontato a livello legislativo con la legge Gadda (166) che ha trasformato il cibo da rifiuto a eccedenza donabile. «Una normativa non vincolante, però», commenta Massa. Il decreto rifiuti 116/2020 norma le filiere produttive in ottica di riduzione dei rifiuti da conferire in discarica e per lo spreco alimentare rimanda sempre alla legge Gadda. Secondo Massa occorrerebbe affiancare alla legge nuove norme che prevengano lo spreco alimentare e garantiscano l’accesso a cibo sano e sostenibile.