Un mortaio automatizzato per produrre pesto di altissima qualità in quantità tale da consentirne la commercializzazione. È questa l’idea alla base di Boccamatta, startup fondata da Anis Hafaiedh e Nicholas Diddi che stanno investendo tempo e lavoro per la loro passione per il pesto e ospite del secondo appuntamento di Startup Social Club al Mentelocale di Palazzo Ducale, evento promosso dalla neonata Fondazione Genova StartUp Ets.
«L’idea nasce cinque anni fa dalla passione che abbiamo sia io sia Nicolas per i viaggi e per il pesto − racconta Hafaiedh − viaggiando ci siamo resi conto che fuori da Genova non esisteva un pesto di alta qualità e ci siamo chiesti le motivazioni. E da qui abbiamo capito che sono due: la prima è legata al metodo di produzione e la seconda è la qualità degli ingredienti che vengono utilizzati. Oggi tutte le ricette industriali producono frullando il basilico, ma le lame si surriscaldano, ossidano il basilico che perde proprietà organolettiche e diventa amaro, marroncino e quindi non esprime appieno la potenzialità della qualità e della freschezza, dei profumi, degli odori, dei sapori che potrebbe avere. La produzione tradizionale al mortaio è costosa e non sostenibile, per cui abbiamo pensato di creare una macchina che automatizza il processo di produzione del pesto e da due anni stiamo testando il prototipo con un mortaio singolo che ruota e un pestello che pesta, che ci ha dato già delle grandi soddisfazioni».
Boccamatta è arrivata al 95% della costruzione di un macchinario che avrà 9 mortai e l’automatizzazione di tutto il processo di produzione: «Quindi l’inserimento degli ingredienti, la produzione del pesto, lo svuotamento del prodotto in un contenitore, la pulizia dei mortai che entrano praticamente in una cabina in cui vengono puliti con dei getti di acqua calda e raffreddati, asciugati con un getto di aria fredda», chiarisce Hafaiedh.
A questo progetto i due startupper sono arrivati dopo studi nel campo del marketing della comunicazione: «Io ho una triennale in Scienze politiche e poi ho studiato marketing − racconta Hafaiedh − Nicholas invece ha studiato prima Comunicazione, poi ingegneria umanistica, poi abbiamo trovato un ingegnere, Ivan Rosciano, che si è occupato della parte di progettazione e un’azienda di automazione industriale si sta occupando proprio della costruzione del macchinario, del primo prototipo».
In tutti questi anni i due fondatori di Boccamatta hanno cambiato diverse volte il business plan: «Abbiamo almeno 50 versioni di business plan − sorride − fatte in questi anni. Abbiamo raccolto circa 300 mila euro in questi anni, di cui 100 mila da investitori privati e 200 mila più o meno da bandi pubblici. Da aprile di quest’anno abbiamo ottenuto un finanziamento di 150 mila euro e in questo momento stiamo raccogliendo altri 300 mila euro da investitori privati, di cui avremo poi quasi 100 mila euro di persone che ci hanno espresso la volontà di investire, ma ancora non li abbiamo sul conto. E gli altri 200 siamo in un aumento di capitale aperto».
Prima il pesto, poi i macchinari
Boccamatta ha vinto la SmartCup nel 2021 quando ancora si chiamava PesTop! Era un’idea di Hafaiedh per la sua tesi in marketing: «Ci siamo resi conto che il nome non andava bene − ricorda Hafaiedh − negli Stati Uniti è un marchio di pesticidi e in Italia pronunciandolo prevaleva l’assonanza con la parola Stop. Dopo svariate sessioni di brainstorming abbiamo scelto Boccamatta».
Il macchinario è brevettato sul pesto, ma è possibile anche utilizzarlo per le altre salse al mortaio. Il pestello è in teflon alimentare per questioni igieniche, visto che il legno mantiene carica batterica che non va bene per la produzione.
I progetti dei due fondatori all’origine erano la commercializzazione del pesto nel giro di due anni dalla vittoria della SmartCup, ma non è andata così. Adesso vedono il traguardo, ma si sta creando un’ulteriore possibilità che necessita di fondi: «I ristoranti ci hanno chiesto un macchinario piccolo per poter preparare il pesto».
L’aspetto innovativo del progetto è in effetti il macchinario. Per realizzare una produzione di quel tipo occorrono però molti più fondi ed è questo l’appello dei due giovani startupper: «Abbiamo già avuto importanti sostenitori, ma cerchiamo di allargare la nostra rete e magari di dare in licenza il macchinario grande a un marchio industriale».



























