Acustica subacquea e monitoraggio ambientale, sono questi i campi in cui eccelle la spezzina Co.L.Mar., che fa parte del Consorzio Tecnomar del Distretto Ligure delle Tecnologie Marine, ente gestore del Polo Dltm. Sviluppo, ingegneria e test dei prodotti e dei servizi proposti sono effettuati internamente grazie anche a un’imbarcazione adibita a rilevamenti acustici e a una vasca interna, la più grande d’Italia.
«L’azienda è nata nel 1982 – racconta l’amministratore unico Luigi Barbagelata – fondata da mio padre insieme ad altri soci e poi acquisita interamente da lui. L’idea era di creare una realtà che utilizzasse l’acustica subacquea, di cui mio padre era esperto, per applicazioni civili e non più militari». Sia rilievi marini, dunque, basati su tecnologie acustiche per conto delle autorità portuali o enti che hanno a che fare con la costa, sia sistemi acustici subacquei tipo sonar per applicazioni civili.
«Ci siamo evoluti nel corso di questi anni, ma l’attività principale è rimasta l’acustica subacquea e attualmente siamo impegnati in tre settori di attività: i rilievi del fondale, la produzione di sistemi idrofonici con la specializzazione soprattutto nella costruzione dei sensori, mentre la terza è legata a un brevetto che abbiamo da circa 20 anni per l’individuazione di falle su tubazioni subacquee offshore nel campo petrolifero». Quest’ultimo è un settore di nicchia, con sole tre aziende attive, che ha consentito a Co.L.Mar. di lavorare nel Far East, nel Middle East, nel Mare del Nord, negli Stati Uniti. Oggi l’impresa ha circa 15 dipendenti e la famosa vasca è il fiore all’occhiello: «Per noi è di vitale importanza – spiega Barbagelata – è una struttura imponente, 14 x 11 metri, per 8 metri di profondità ed è al chiuso, sormontata da un carroponte da 4 tonnellate. Era stata costruita da Usea, poi passata a Wass che poi è stata assorbita da Leonardo, e da questa noi l’abbiamo acquistata. Per noi è un asset, per usare una parola che piace tanto, molto strategico perché ci permette di fare calibrazioni acustiche che si possono fare su vasche anche più piccole, ma la qualità della calibrazione acustica è tanto più alta quanto più grande è la vasca che hai a disposizione».
Di recente, grazie alla vasca, Co.L.Mar. ha collaborato con il Politecnico di Milano e con Saipem.
Co.L.Mar. ha aderito sin dall’inizio al Consorzio Tecnomar che raggruppa le pmi all’interno del Distretto Ligure delle Tecnologie Marine. «Eravamo già soci del Consorzio Tecmar, la realtà che poi si è trasformata in Tecnomar e ciò ha creato la possibilità di conoscere molte altre aziende che lavorano nel nostro settore. Noi siamo complementari a molte altre imprese e spesso collaboriamo: c’è chi sviluppa la parte elettronica o di processing, mentre noi la sensoristica. Il Dltm ci ha permesso poi di partecipare a vari bandi. L’ultimo che c’è stato concesso qualche settimana fa è Leviatad».
Il finanziamento ricevuto riguarda l’ultimo sviluppo del sistema brevettato per trovare le falle che è stato convertito passando da una comunicazione digitale audio, che su alcuni veicoli non era più utilizzato, a un’uscita ethernet. Un lavoro abbastanza oneroso, riferisce Barbagelata.
«Inoltre, grazie al Polo Dltm collaboriamo con Leonardo Sistemi Integrati, con Graal Tech, per citare le aziende con cui abbiamo più contatti. Con Lsi stiamo lavorando ora su un progetto per creare un sistema di difesa costiero, una barriera acustica che servirà alla difesa di zone portuali. Noi in particolare ci stiamo occupando della parte dei sensori e lo stiamo facendo proprio in questi mesi».
Come tutte le aziende ultraspecializzate anche Co.L.Mar. ha difficoltà a trovare personale competente: «Più che difficile è impossibile. L’unica speranza è prendere dei ragazzi, formarli e cercare di farli star bene perché poi dopo due o tre anni se ne vanno, è veramente controproducente perché diventa un boomerang. L’alternativa, per fare geofisica marina, è far arrivare stranieri da fuori Europa: messicani, nigeriani, azeri con tutte le problematiche che ci sono, perché c’è il permesso di soggiorno. Forse anche l’Università italiana dovrebbe pensare a formare un po’ di ragazzi in questa materia».