Quando Elisabetta Rossetti ha deciso di aprire la sua galleria d’arte contemporanea in via Chiabrera a Genova, con vetrina in piazza Giustiniani, sapeva solo che nel palazzo di fronte stavano facendo dei lavori. Quello che ha scoperto dopo può annoverarsi tra i cosiddetti segni del destino che possono dare la svolta non solo a una scelta di vita, ma anche a un pezzo di città.
«Ho scoperto solo dopo che si trattava di Spazio Giustiniani» racconta con un sorriso. L’attività di interior design di alto livello aveva scommesso, al pari di Rossetti, su una zona di Genova abbandonata, piena di saracinesche chiuse, ma che in passato era stata proprio la via dei mobilieri e dei falegnami. Inevitabile “fare rete”, ma Rossetti e la famiglia Rossi hanno creato qualcosa di più significativo: «Ho inaugurato il 5 ottobre 2018, abbiamo fondato l’associazione Distretto del design, di cui sono presidente, a fine ottobre e a novembre abbiamo dato vita alla prima Design Week – ricorda Rossetti – l’abbiamo realizzata in modo molto timido, se guardo la planimetria di quella edizione fa quasi tenerezza, ma l’evento continua a crescere in modo costante, a poco a poco. Per noi è casa, abbiamo sacrificato tanto del nostro tempo, della nostra professionalità, dei giorni di festa per realizzare questo evento».
Un evento che quest’anno è programmato dal 24 al 28 maggio e che cresce a livello di estensione, di collaborazioni (c’è anche Confindustria Nautica), di iniziative.
Entrando nella Galleria Studio Rossetti si respira la passione per l’arte della sua fondatrice: «Cerco di circondarmi di bellezza – dice – in modo che arrivi anche a me. Per questo scelgo con molta attenzione gli artisti. Tratto principalmente emergenti, ma non nuovi del mercato, che stanno avendo un grande riscontro nazionale e internazionale, quindi che stanno realmente emergendo dalla moltitudine di artisti presenti».
Di solito c’è un nuovo ingresso ogni anno, perché il rapporto con l’artista non si esaurisce, ma evolve insieme a lui: «A loro volutamente chiedo di realizzare la loro firma, che appendo in Galleria. Una firma senza nessun valore commerciale, ma solo la testimonianza di essere parte di un team. Organizzo mostre, li porto alle fiere, cerco di essere il riferimento di quegli artisti per i collezionisti. Faccio capire cosa hanno fatto in quel periodo, il percorso artistico, le eventuali modifiche alle loro tecniche, in sostanza cerco di essere un punto di riferimento solido per togliere quell’aura che l’arte contemporanea sia effimera e che perda valore col tempo. Tornare a come si era un secolo fa non è possibile, ma contribuire a fondare una base più solida sì».
Un entusiasmo tangibile, quello di Rossetti: «Credo che lavorare per passione sia una chiave per una vita di successo a qualunque livello. Io mi sono laureata in architettura nel 1994 e ho fatto la libera professione per anni, un lavoro che mi piaceva moltissimo, ma poi ho iniziato ad annoiarmi per la burocrazia che siamo obbligati a dover seguire. Era diventato un lavoro molto poco creativo: solo scartoffie e presa di responsabilità. Il caso ha voluto che decidessi di trasformare la mia passione per l’arte nel mio lavoro: i figli ormai sono andati a vivere all’estero, ero libera di fare un salto nel vuoto a livello commerciale. Ho rinunciato a una vita sicura, ma oggi dico che è la scelta giusta, sono passati 13 anni anche se ci sono stati alcuni momenti difficili, ma l’entusiasmo cresce di giorno in giorno». La prima galleria Rossetti l’ha aperta a Boccadasse, vicina a dove abitava. Poi si è spostata nel centro storico, in piazza Pollaiuoli, ma a un primo piano. «Ho fatto il passo di essere su strada e ho trovato questo posto che era disastrato. Erano tre locali, un negozio chiuso da anni e due cantine del palazzo».
Tra gli artisti che sono entrati a far parte del “team” ci sono Silvio Porzionato, Paolo Ceribelli, Evita Andujar, Tom Porta, Davide Puma, Gianluca Patti, Florence Di Benedetto, Andrea Savazzi ed Elias Naman.
La ricerca è un aspetto fondamentale per il lavoro di Rossetti: «È la parte più difficile, ma anche molto bella. Si entra a contatto con mondi diversi dai propri. Tutti i miei artisti non sono genovesi, cerco cose diverse da quelle a cui siamo abituati a vedere. A volte mi trovo in situazioni incredibili, è un mondo fantastico che ti consente di aprire la mente. Vado io da loro per capire il loro mondo, le loro idee, che a volte non coincidono con ciò che dice la critica».
L’altra componente importante dell’attività di Rossetti sono le relazioni: «Fondamentali, a me poi piace organizzare continuamente eventi, mi piace che la Galleria sia un riferimento culturale, per togliere l’impressione che sia solo un luogo commerciale».
Oggi come va il mercato? «Per quanto mi riguarda il 2020-2021 è stato un momento d’oro per l’arte, mentre lo scoppio guerra ha come creato un muro di cemento armato, quasi. Con l’inizio del 2023 siamo tornati a lavorare». Oggi, spiega Rossetti, i collezionisti sono di mezza età, professionisti dai 40 ai 60 anni. «I giovani non si avvicinano ancora all’arte in alcuni casi per un discorso economico, oppure perché magari la casa è già ricca di quadri dei genitori. Si crea questa “scusa”, ma in realtà manca forse la voglia di interessarsi e avvicinarsi al percorso dell’arte attuale. Eppure l’arte, pur nella consapevolezza che un investimento non è mai certo al 100%, è comunque uno di quelli più tranquilli».