Ecospray Technologies e Università di Genova (dipartimento di Ingegneria Civile, Chimica e Ambientale) insieme per contribuire alla riduzione delle emissioni di Co2 nelle navi attraverso la sperimentazione di una tecnologia che presto dovrebbe essere anche ingegnerizzata e prodotta. Un investimento di 2 milioni per CapLab, un laboratorio al Molo Giano: un paio di stanze in una location messa a disposizione da Abb.
Il laboratorio ospita una decina di persone (con prospettiva di aumentare) che affinerà la tecnologia di celle a combustibile (fuel cell) a carbonati fusi, una delle tre nuove tecnologie di “carbon capture” lanciate da Ecospray a giugno dell’anno scorso.
Una cella a combustibile è composta da due elettrodi in materiale poroso, separati da
un elettrolita. Gli elettrodi fungono da siti catalitici per le reazioni di cella,
fondamentalmente tra idrogeno e ossigeno, con produzione di acqua e passaggio di
corrente elettrica nel circuito esterno. L’elettrolita ha la funzione di condurre gli ioni
prodotti da una reazione e consumati dall’altra, chiudendo il circuito elettrico all’interno
della cella.
Grazie alla migrazione della Co2 da catodo a anodo, essa si associa al vapore acqueo e può essere stoccata mentre, tra l’altro, produce energia. «Il funzionamento di base è vantaggioso −spiega la professoressa di Chimica Fisica Applicata Barbara Bosio del Dicca − perché non consumiamo energia, ma la produciamo ad alti rendimenti. L’obiettivo è associare pile di celle per ottenere la potenza desiderata».
Per un armatore, soprattutto di traghetti o navi che fanno un tragitto breve, potrebbe fare la differenza in vista degli obblighi al 2030.

I principali ambiti di ricerca del CapLab saranno: cattura della CO₂, produzione di energia pulita, produzione e uso di idrogeno, applicazioni nel settore navale, applicazioni nel settore terrestre (turbo gas, acciaierie), integrazione con fonti rinnovabili (bio-lng, e-methanol).
Maurizio Archetti, presidente di Ecospray, commenta: «Molti armatori si stanno mostrando interessati. Su tre linee legate alla chimica due sono già mature e le abbiamo già proposte. Questa è allo stadio numero 2, ma ha un vantaggio: le celle non riducono l’efficienza globale energetica della nave, che resta inalterata». Una volta terminata questa fase le celle saranno prodotte in uno stabilimento a Isola del Cantone.
Lo stoccaggio della Co2 avviene nella fase liquida e si prospetta un ingombro di un container per una settimana di percorso. Chiaramente per navi che fanno lunghi percorsi lo stoccaggio è complesso, ma il vantaggio di questa tecnologia è che può essere applicata a navi esistenti senza dover fare grandi modifiche. Per esempio si possono sostituire i motori ausiliari con celle di questo tipo e arrivare anche a -25% -30% di emissioni di Co2.
Le tempistiche di applicazione concreta sono: il test di una pila di qualche Kw entro la fine dell’anno e a fine 2024 arrivare a pile di 100 Kw.
Concorrenza ce n’è poca: «Un fornitore negli Usa che utilizza le celle non come carbon capture, ma per generazione energia − dice Archetti − finanziata da compagnie dell’oil and gas per l’industria e le turbine a gas, ci sta lavorando. La cella lavora anche con Co2 al 4%».
La tecnologia è adatta appunto solo a un certo tipo di navi proprio per le problematiche di stoccaggio: per esempio le navi che fanno tragitti lunghi che trasportano minerali possono utilizzare la calce mineralizzata e scaricare direttamente in mare (è lo stesso materiale dei coralli).
«Una volta in porto, invece − spiega Archetti − la soluzione più adatta è la segregazione geologica attraverso il trasporto in navi opportune. In Italia per esempio c’è il sito di Ravenna, ma esistono altri casi in cui per esempio può essere utilizzata in ambito alimentare come per bibite, serre, macelli, poi abbiamo anche casi reali dove la Co2 è trasformata tramite idrogeno green».
Le altre due tecnologie di carbon capture di Ecospray
L’assorbimento di CO₂ tramite ammine è basato su un approccio già consolidato in altri settori industriali, che Ecospray rende utilizzabile in ambito navale, riducendo il footprint e il consumo di energia.
L’assorbimento di CO₂ tramite idrossido di calcio, è invece una soluzione innovativa che consentirà inoltre un investimento di capitali più contenuto. E’ imminente l’installazione di entrambe le tecnologie a bordo nave per una fase di test in ambiente reale.