Un danno di circa 3 milioni per Aqua srl, tra la distruzione degli impianti e la perdita di oltre il 60% del prodotto. Questi gli effetti della storica mareggiata dello scorso 29 ottobre sull’azienda di itticoltura che opera con 16 reti circolari offshore a circa un miglio dalla costa di Lavagna.
L’impresa, che ha recentemente acquisito un nuovo socio, Davide Orsi, oggi presidente, non solo ha mantenuto i 15 addetti, ma rilancia: dopo aver ricostruito impianti più robusti per fronteggiare eventi potenzialmente catastrofici, aumenterà la produzione di orate e branzini, lancerà una linea con il prodotto già sfilettato ed è alla ricerca di un altro posto in Liguria che possa garantire la stessa qualità di allevamento.
La logica produttiva di Aqua prevede un notevole rischio d’impresa, con impianti esposti, ma una resa qualitativa senza pari, testimoniata anche dagli studi dell’Università di Genova che hanno certificato lo stato di salute del pesce, la qualità dell’acqua e il minimo impatto sull’ambiente circostante.
«Lo scorso novembre siamo passati da 600 tonnellate di prodotto a 220 – racconta l’a.d. Roberto Cò, ingegnere meccanico che ha fondato l’azienda nel 2000 – i fondi per il ripristino sono arrivati in parte grazie all’assicurazione, a cui versiamo circa 100 mila euro all’anno, ma che ha limiti di franchigia e copertura, visto l’alto rischio di impresa, inoltre abbiamo utilizzato gli accantonamenti degli utili di bilancio, mentre è ancora attivo l’iter per avere un contributo pubblico».
Pur essendo state abbassate le reti per fronteggiare la mareggiata, la potenza delle onde è stata troppo forte, tanto che con i pesci usciti dalle reti, si è praticamente ripopolato il Golfo del Tigullio.
Davide Orsi, che per anni ha lavorato nel settore recupero crediti, spiega di aver scelto Aqua proprio per la filosofia imprenditoriale: «Qualità al primo posto: l’impianto offshore è ossigenato da una corrente costante. I nostri avannotti provengono da allevamenti certificati». Orate e branzini vivono quasi come in mare aperto, per questo il prodotto è assimilabile al pescato. Un allevamento sostenibile perché non ad alta densità di pesce nelle grandi reti. Il pescato finisce sui banchi di vendita in poche ore e non è esposto al calore.
Acquacoltura, un business necessario
I dati mostrati da Cò, testimoniano che l’aumento dell’allevamento pesce è ormai superiore a quello carne. Il motivo: l’aumento del consumo (dovuto all’incremento della popolazione mondiale e del consumo pro capite) non può essere soddisfatto dalla pesca tradizionale. Le catture ormai sono stabili. La situazione non è ancora consolidata: nel 2014 il pesce allevato consumato era il 44% del totale mondiale, la proiezione al 2025 sale al 60%.
Acquacoltura ha alcuni vantaggi: il pesce costa meno, il sistema è più efficiente, disponibile tutto l’anno e a ciclo controllato. Inoltre così si salvaguardano gli stock ittici. Per contrastare alcuni pregiudizi infondati, Aqua punta anche sulla comunicazione e la divulgazione scientifica: ha prodotto anche una guida pratica che smentisce alcuni luoghi comuni e fornisce anche consigli di educazione alimentare: rispetto al pesce selvatico, per esempio, si registra una bassa concentrazione di mercurio e metalli pesanti. Inoltre, per quanto riguarda l’impatto del refluo sulle acque, è di uno a 10 mila rispetto al carico antropico, tanto che l’azienda ha sipulato un disciplinare con Legambiente.
Aqua è tra i pochi attori al mondo di questo settore a operare in off-shore. Tutto questo garantisce il benessere animale, la qualità del prodotto e la qualità ambientale. L’acqua non viene riscaldata, non viene inserito ossigeno. «Il metabolismo del pesce dura due anni – spiega Cò – altri scaldano per farlo crescere anche d’inverno, noi no e questa scelta paga perché il nostro pesce ha un basso contenuto di grassi e quello che c’è è ricco di Omega 3. Il ciclo di produzione costa di più perché perdiamo giornate di alimentazione a causa delle condizioni meteo». Pur essendo più caro, il prodotto è ricercato e non c’è invenduto. Dal 2004, quando è entrata a regime, Aqua è cresciuta del 470% confrontando i dati con il 2017. Dal 2014 al 2018 sono stati investiti quasi 2 milioni per l’ampliamento degli impianti, il miglioramento delle attrezzature e della sede per le lavorazioni. Prima le gabbie erano 12, ora 16. La produzione si attesta a 532 tonnellate all’anno, il fatturato sui 3,2 milioni.
Tra i partner commerciali ci sono Basko, Coop Nord Ovest, Iper, Unes, Eataly, pescherie locali raggiunte tramite grossisti, ma anche i gruppi di acquisto solidale. Il pesce va sul mercato con il marchio dell’azienda, che lo rende facilmente riconoscibile. (prosegue dopo la gallery)
«Abbiamo studiato per due anni le acque di questo impianto – racconta Mariachiara Chiantore, professore associato Bio/07 – Ecologia dell’Università di Genova – e abbiamo visto una buona qualità ecologica sulla colonna d’acqua sia in mezzo alle gabbie, sia fuori dall’impianto. Verificata anche l’ottima qualità ambientale, tanto che il tentativo di avviare un allevamento di ostriche non è poi proseguito perché la qualità dell’acqua era troppo alta e le ostriche restavano troppo magre. Abbiamo anche fatto un’analisi istologica delle branchie e del fegato, oltre che enzimatica ed è emersa una situazione ottimale». Anche Arpal monitora annualmente l’allevamento.
Per poter affrontare mareggiate devastanti, ormai sempre più frequenti, Aqua ha puntato sull’innovazione: «Abbiamo modificato il sistema di ancoraggio – dice Cò – modificato le gabbie, raddoppiato la pala delle ancore, visto che, nonostante pesassero una tonnellata, si sono mosse. Abbiamo raddoppiato lo spessore dei tubi e lavorato sull’affondamento delle gabbie. Prima se finiva sul fondo rischiava di schiacciarsi. Ora non più. Siamo gli unici in Italia a usare questo tipo di tecnologia, tanto che siamo stati contattati da altre imprese del settore che vorrebbero approfondire».
Aqua, come detto, alleva orate e branzini. Le orate rappresentano il 65%, perché più richieste, ma anche perché più facili da allevare. I branzini hanno una resa minore e scappano più facilmente. Una vasca con orate di un anno equivale a circa 50 tonnellate di pesce che arriveranno, a regime, a 70. Per produrre un kg di pesce durante il ciclo produttivo vengono consumati 2 kg di alimento. Si pescano circa 4 tonnellate con frequenza di 2 o 3 volte alla settimana.
Le figure professionali richieste per l’ampliamento che ha in mente l’azienda non sono di facile reperimento: «Abbiamo bisogno di comandanti di barche da lavoro o operatori tecnici subacquei», spiega Cò.