Anno difficile, questo 2018, per le società liguri quotate in Borsa, che sostanzialmente risultano in linea con l’andamento dei mercati finanziari. Delle 11 società liguri (in senso lato, vale a dire con sede centrale in Liguria o anche con presenze significative nella nostra regione) di cui ogni sera Liguria Business Journal riporta la chiusura a Piazza Affari, soltanto due, Ansaldo Sts ed Erg, dal 27 dicembre 2017 al 27 dicembre 2018 registrano un aumento del valore del titolo. Le altre accusano un calo (in fondo all’articolo i grafici che mostrano visivamente l’aumento o il calo del valore)
Governi, partiti e, in generale, attori politici, non hanno facilitato la vita delle aziende in questo 2018. A produrre incertezza, che frena chi intende investire nello sviluppo e induce a dislocare risorse nei beni-rifugio, sono state le conseguenze del referendum in Catalogna, la tormentata vicenda Brexit, la denuncia Usa dell’accordo sul nucleare con l’Iran, i ripetuti scontri (verbali) tra il presidente nordamericano Donald Trump e quello nordcoreano Kim Jong-un, e i fronti aperti da Trump nelle relazioni commerciali tra Usa e Messico, Canada, Europa e, soprattutto, Cina. Tuttora, l’esito del confronto tra Washington e Pechino è incerto e preoccupa investitori e politici.
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Anche l’esito delle elezioni di marzo in Italia, da cui è uscito il nuovo governo Lega-M5S, ha causato incertezze, in Italia e in Europa. Certe dichiarazioni stravaganti di esponenti della maggioranza giallo-verde, il confronto acceso tra governo di Roma e Commissione Ue sulla manovra economica italiana e gli stessi contenuti della manovra hanno seminato dubbi sulle potenzialità del nostro Paese. Lo dimostra l’andamento dello spread, cioè la differenza di rendimento tra i titoli di Stato decennali italiani (Btp) e quelli tedeschi (Bund), che al 2 marzo (ultimo giorno di contrattazioni prima del voto del 4 marzo) era a 140 punti, oggi si è portato sui 250 punti base e ha oscillato il 21 novembre tra i 312 e i 338 punti, terminando poi la giornata a 314 punti.
Ora tra Roma e Bruxelles è tregua, ma dall’Istat sono arrivate brutte notizie: i dati nel terzo trimestre 2018 segnalano il peggioramento dei conti. Bisogna risalire al 2014 per trovare un segno meno davanti al dato congiunturale del Pil italiano. Il rischio è che il governo, che ha impostato la manovra 2018 su stime di Pil positivo, non possa trovare i fondi per fare fronte agli impegni presi.
Il buon andamento dell’economia americana, con un tasso di disoccupazione a fine 2018 ai minimi dal 1969, accanto agli effetti positivi ne ha avuto uno negativo: la Federal Reserve nel corso dell’anno ha alzato i tassi di interesse quattro volte, in marzo, giugno, settembre e in dicembre, ogni volta di 25 punti base, e ora i tassi sono nella fascia tra 2,25 e 2,50 punti base. Un percorso quasi obbligato ma non gradito da chi investe in Borsa poiché i tassi di interesse più alti penalizzano le azioni, i cui dividendi distribuiti soffrono la concorrenza dei titoli obbligazionari.
Nell’area Ocse, che riunisce i 36 Paesi più industrializzati, è rallentata la crescita nel terzo trimestre: l’incremento del Pil si è fermato allo 0,5%, contro +0,7% registrato nei tre mesi precedenti. Tra i Paesi del G7, il Pil ha accusato una contrazione in Giappone (-0,3% da +0,8%) e in Germania (-0,2% da +0,5%).
E non rasserena questo finale d’anno. Il 27 dicembre 2018 Wall Street tocca i minimi da 19 mesi: era dal maggio del 2017 che non toccava livelli così bassi. Il Dow Jones perde il 2% a 21.997,71 punti, il Nasdaq cede l’1,78% a 6.223,79 punti mentre lo S&P 500 lascia sul terreno il 2% a 2.370,59 punti. Affonda in particolare Amazon, che perde il 4,90%. Amazon è fra le “Faang” (Facebook, Amazon, Apple, Netflix e Google) quella che registra le maggiori perdite. Per il colosso di Bezos le festività sono il periodo più importante dell’anno, con milioni di regolari ordinati online. È in arrivo una nuova crisi finanziaria? È presto per dirlo, e se l’economia globale dà segni di rallentamento proprio i fattori geopolitici a livello mondiale che hanno turbato questo 2018 potrebbero riservare sorprese positive.
Ma torniamo alle nostre liguri in Borsa. Come detto, solo i titoli di Erg e Ansaldo Sts hanno chiuso l’anno positivamente. Erg è stata spinta, oltre che dai buoni risultati, da un contesto generale di prezzi dell’energia elettrica in forte crescita nei mercati di riferimento. Il titolo di Ansaldo Sts, che nel corso dell’anno ha chiuso diversi contratti, ha risentito dell’accordo raggiunto tra Elliott e Hitachi e dell’opa lanciata dal colosso giapponese. (Ansaldo Sts, peraltro, è ormai prossima al delisting).
Se osserviamo da vicino le altre nove società, vediamo che due di esse, Circle ed EdiliziAcrobatica, sono entrate in Borsa rispettivamente il 26 ottobre e l’11 novembre, troppo di recente per valutare le loro performance, e una, Banca Carige, soffre per le sue note vicissitudini. I titoli delle altre sei hanno risentito, in misura variabile, dell’andamento dei mercati, influenzati in buona misura da fattori geopolitici. In particolare, aziende proiettate sui mercati globali come Fincantieri, Leonardo e Giglio Group sono sensibili alle svolte della politica internazionale. E comunque tutte e sei risultano in sintonia con l’andamento di Piazza Affari.
Ecco i risultati al 27 dicembre 2018 (valore del titolo)
Ansaldo Sts
27/12/2017 12,0000; 27/12/2018 12,7
Banca Carige
27/12/2017 0,0082; 27/12/2018 0,0013
Centrale del Latte d’Italia
27/12/2017 3,4660; 27/12/2018 2,69
Erg
27/12/2017 14,9803; 27/12/2018 16,64
Fincantieri
27/12/2017 1,2920; 27/12/2018 0,907
Giglio Group
27/12/2017 6,7550; 27/12/2018 2,03
Iren
27/12/2017 2,5080; 27/12/2018 2,08
Leonardo
27/12/2017 10,0200; 27/12/2018 7,584
Orsero
27/12/2017 9,3500; 27/12/2018 7,22
Ftse Mib: punti
27/12/2017 18.397,19; 27/12/2018 18.064,62
Ftse Italia All Share: punti
27/12/2017 24.543,41; 27/12/2018 19.848,73