In 18 mesi l’Iit raddoppierà l’infrastruttura attuale di Morego, diventata decisamente troppo stretta per la quantità di ricerca di altissimo livello e per le numerose startup nate all’interno dell’Istituto italiano di tecnologia.
Agli Erzelli la firma dell’accordo di programma con Regione Liguria per la realizzazione dello Human Technology Hub nell’ambito dell’evento “High Tech in Liguria, moving to the next level”.
Quattro piani più uno spazio dedicato appunto alle startup per le cosiddette tecnologie legate all’essere umano, mentre a San Quirico andranno ad installarsi tutte le ricerche legate alla robotica, a Morego resteranno le cosiddette tecnologie convergenti (nanotecnologie, information technology eccetera). «Grazie a questa espansione riusciremo a fare qualcosa di unico a livello internazionale», assicura Roberto Cingolani, direttore scientifico dell’Iit. Un triangolo della tecnologia raggiungibile in pochi minuti di auto.
Attualmente all’Iit lavorano 1550 persone, i 12 laboratori in Italia sono comunque coordinati da Genova. I ricercatori appartengono a 58 nazioni, l’età media è sotto i 35 anni, il 41% sono donne. Sono 21 le discipline scientifiche racchiuse attualmente a Morego.
Grazie a ciò che verrà sviluppato nella sede del Great Campus agli Erzelli, non dovrebbe diventare un miraggio vivere sino a 120 anni senza per questo diventare un vegetale: «Non è sorprendente – ricorda Cingolani – visto che nella metà del secolo scorso l’aspettativa di vita era 50-60 anni. Noi dobbiamo sfruttare madre natura, le tecnologie, ma non solo: serve un Paese avanzato, un welfare strutturato, ma anche un cittadino informato, questo è possibile».
Agli Erzelli è già operativo lo spazio dedicato alle attività legate all’interazione uomo-macchina, seguiranno, a poco a poco, i trasferimenti di chi si occupa di modelli computazionali e calcolo ad altissime prestazioni sia per la farmaceutica sia per le scienze della vita, un altro piano sarà dedicato alla genetica (genomica) e diagnostica avanzata, Cingolani mantiene il mistero sul resto: «Sarà un ambito molto innovativo, ma dipenderà dal reclutamento che faremo a breve». Spazio anche per l’incubatore delle startup che sono già attive e di quelle che arriveranno.
Cingolani sottolinea che esistono già soluzioni per problemi che ancora non si hanno e che tutta l’area dedicata all’essere umano e alla sanità, sarà realizzata parlando con i pazienti stessi, disegnando la tecnologia insieme con l’utilizzatore finale.
Icub diventa empatico
Il robottino dell’Iit è ora in grado di cambiare espressione: grazie a una fascia elastica, l’automa è ora in grado di esternare espressioni che facilitano il rapporto visivo e un rapporto più empatico con l’uomo. Merito appunto di una nuova “mascherina” che consente di far cambiare espressione alla bocca del robot, simulando il movimento delle mascelle umane. La combinazione con il movimento degli occhi fa sembrare Icub molto più emotivo.
Il direttore scientifico dell’Iit fa qualche accenno a ciò che si sta studiando in questi mesi: analisi genetica dei disturbi del neurosviluppo (per cui l’Iit ha ottenuto, unico in Italia, un finanziamento di 6 milioni dalla Commissione Europea), machine learning, braccialetti direzionali per bambini non vedenti, robotica riabilitativa (Icub verrà utilizzato per lavorare con i bambini autistici), la realizzazione dei macchinari di imaging più sofisticati al mondo per Nikon, disegno cad dell’interazione tra farmaco e cellule (per esempio di un chemioterapico), che consente un risparmio di 5 anni (anche di denaro) rispetto alla ricerca tradizionale per poi passare i risultati al laboratorio di chimica. Cingolani descrive anche l’espansione delle tecnologie a basso costo ma ad alto impatto sociale che si portano direttamente nel punto di cura, cioè che non sono legate alla presenza di un laboratorio di analisi o di un ospedale: un test per capire se ci sono i presupposti del papilloma virus (che provoca il tumore della cervice uterina) è possibile con un cip di plastica che costa 20 centesimi, ma questo tipo di analisi è possibile anche per smascherare eventuali contraffazioni nel cibo.
«Stiamo avviando l’interazione con il mondo clinico ligure – aggiunge Cingolani – gli ospedali Santa Corona, San Martino, Galliera, Gaslini e l’istituto Chiossone per gli ipovedenti, nell’ottica di un modello circolare che consente di organizzare i dati, classificare i pazienti, per tornare agli studi clinici».