Il Gaslini di Genova ha condotto lo studio internazionale che ha individuato nuovi geni responsabili della spina bifida. I risultati della ricerca, svolta dall’unità di Neurochirurgia insieme al Sainte-Justine Research Center di Montreal, sono stati pubblicati dalla rivista scientifica internazionale Journal of Medical Genetics.
I ricercatori dei due centri hanno esaminato il Dna di bambini affetti e quello dei genitori sani con tecnologie di “sequenziamento” di nuova generazione: si tratta di un processo che serve a determinare l’esatta struttura primaria di un biopolimero, come il Dna appunto. L’obiettivo è capire e individuare l’impatto di mutazioni non ereditate, che determinano una perdita di funzione della proteina. Un’operazione che ha consentito di individuare 42 mutazioni de novo, di cui cinque a carico di geni che erano già noti come responsabili di queste patologie in modelli animali. In particolare, i ricercatori hanno trovato un eccesso di mutazioni del gene SHROOM3 che codifica per una proteina essenziale per il corretto processo di chiusura del tubo neurale dell’embrione.
I neurochirurghi del Gaslini, guidati da Armando Cama, direttore di Neurochirurgia, si occupano da anni del trattamento multidisciplinare di bambini affetti da questa grave disabilità, mentre i genetisti della stessa unità, Valeria Capra, Patrizia De Marco ed Elisa Merello, in collaborazione con la Zoha Kibar di Montreal, hanno dedicato gli ultimi 20 anni alla comprensione delle cause genetiche della spina bifida.
«L’identificazione di nuovi geni – spiega Valeria Capra, coordinatrice del progetto – ci permetterà di chiarire, nel tempo, tutti i meccanismi biologici, ancora in gran parte sconosciuti, che portano all’insorgenza della spina bifida e per mettere a punto nuove e più mirate strategie di prevenzione primaria, individuando i soggetti con maggiore rischio dell’insorgenza di queste malformazioni. La conoscenza delle basi genetiche della spina bifida permetterà la creazione di pannelli di screening nella popolazione a rischio e nelle coppie fertili e ci auguriamo di poter inoltre individuare nuovi target terapeutici di prevenzione, oltre all’uso già efficace dell’acido folico».
Nonostante i progressi degli ultimi anni, rimane ancora molto da fare per identificare completamente i fattori di rischio genetici associati alla spina bifida, ma con le nuove tecnologie oggi a disposizione è possibile che i ricercatori siano in grado di arrivare a una risposta in modo molto più veloce, confrontando i dati di sequenziamento del Dna di ogni paziente con quelli prodotti in altri soggetti con le stesse caratteristiche, identificando così i meccanismi comuni che ne sono alla base.