Ha collaborato EMANUELA MORTARI
È una Liguria per tutti i palati, per tutte le voglie e per tutte le età quella che, soprattutto durante la stagione estiva, ma non solo, si anima con feste, sagre, fiere, eventi enogastronomici, serate danzanti, serate a tema, rievocazioni storiche. Secondo l’agenzia In Liguria è la regione con il più alto rapporto sagre/abitanti. Numeri in crescendo per la Liguria, una delle regioni italiane più attive dopo Emilia Romagna, Lazio, Lombardia, Piemonte, Toscana e Veneto. Lo dimostrano i dati raccolti nell’indagine economica sul fenomeno della somministrazione erogata presentata a Roma lo scorso giugno 2012 da Fiepet (Federazione italiana degli esercenti pubblici e turistici) e Assoturismo, le associazioni di settore di Confesercenti, indagine che ha voluto connotare e contestualizzare quelle iniziative in cui vengono somministrati cibi e/o bevande da parte di soggetti diversi dai pubblici esercizi. In Liguria, la Fiepet, utilizzando i principali motori di ricerca (inserendo parole chiave come “sagra”, “festa enogastronomica”, “enogastronomia”), ha censito nel 2011 91 sagre, 384 feste, 1evento classificato come “folklore”, 120 eventi di tipo enogastronomico, fiere, 5 cene con spettacolo e 195 eventi classificati nell’indagine come “varie” per un totale di 837. Comparando questo dato con le analisi effettuate su sei regioni campione (tra le quali anche la Liguria), la ricerca ha calcolato circa 778 eventi nell’arco di tutto l’anno. Nel 2012 le città, le riviere, i paesi degli entroterra liguri hanno proposto 1307 eventi, di cui circa l’80% sono serate di tipo enogastronomico in cui, oltre al momento conviviale si abbina una serata danzante. Sempre secondo i dati elaborati da Fiepet, i 18 mila eventi che si sono svolti sul territorio nazionale nel 2011 (anno analizzato integralmente) hanno generato un giro d’affari di circa 350 milioni di euro. In media gli eventi hanno una durata di 5 giorni, durante l’intero anno solare si sono svolti in media 237 eventi, cifra che sale a 941 se si considera solo il periodo estivo.
QUANDO IL PROFITTO NON È IL FINE ULTIMO
In particolare per la Liguria il volume d’affari complessivo si aggira sui 15 milioni di euro, calcolando in media circa 200 coperti per evento, con una spesa di 20 euro a pasto erogato (quasi 75 mila in tutta la regione). Il dato colloca la Liguria all’ottavo posto a livello nazionale per volume d’affari generato da questi tipi di eventi (davanti ci sono Emilia Romagna, Lombardia, Toscana, Piemonte, Campania, Puglia e Veneto). «La sagra nasce come momento di convivialità e di socialità in occasione di una festività religiosa – spiega Luca Fazio, ideatore e gestore, insieme a Marcello Guiducci del sito “Feste e Sagre-Liguria” – in passato la gente del paese metteva a disposizione gratuitamente il cibo da loro preparato. Al giorno d’oggi si è un po’ perso questo legame con la ricorrenza religiosa, generalmente le sagre vengono organizzate da associazioni non profit e possono essere identificate come un evento pubblico, su suolo pubblico e non a scopo di lucro. Tuttavia rimane il coinvolgimento della gente del paese nella preparazione dei pasti e, generalmente, minori sono i numeri dei pasti somministrabili, maggiore è la qualità del cibo».
Tantissimi i prodotti proposti come tema della serate gastronomiche: molti legati ai prodotti tipici del territorio, come i pansoti, i panigacci, le trofie, il pesto (prodotto che unisce tutta la regione in tema di sagre e feste), al pigato e ai vini liguri, ai testaieu, agli sgabei, alla capponadda, alle acciughe. «Caratteristiche della Liguria sono anche le rievocazioni storiche – spiegano Fazio e Guiducci – ce ne sono per esempio ad Albenga, Finale Ligure, Giustenice, Casella. In quest’occasione vengono rievocati attraverso cibo e costumi le usanze del luogo, dei veri e propri tuffi nel passato. Si stanno diffondendo negli ultimi anni nella nostra regione sono le cosiddette sagre itineranti, le “mangialonga” o “mangiaspassu” nate nel vicino Piemonte: si tratta riscoprire il territorio attraverso il cibo e il prodotto tipico, a ogni tappa dell’itinerario viene proposto un assaggio». La più famosa è quella di Levanto, si tiene a maggio, è aperta a non più di mille partecipanti (25 euro il biglietto per gli adulti) ed è organizzata dal consorzio Occhioblu: 10 km nei borghi dei dintorni con tappe enogastronomiche che vanno dalla focaccia alla salvia alle verdure ripiene, dalla cima alla genovese alle fragole col vino. Tra le sagre più grosse, la Festa della Croce D’Oro di Sciarborasca, dal 5 al 13 luglio, l’EcoSagra che nonostante i 16 mila pasti serviti riesce a riciclare tutto, la festa dei gunbi di Toirano in programma dall’1 al 4 agosto, Sagràlea (rassegna del Pigato e dei vini liguri) a Sàlea di Albenga dal 20 al 25 agosto. Probabilmente la più celebre, visivamente, resta la sagra del pesce di Camogli, che si svolge la seconda domenica di maggio: la prima edizione nel 1952 per idea dell’avvocato Filippo Degregori, l’attuale padellone che cuoce 30 mila piatti di pesce al giorno, pesa 28 quintali, ha un diametro di 4 metri e un manico di 6 e viene richiesto in tutta Italia (4 le trasferte nel 2012), contribuendo a finanziare l’ufficio di informazione turistica e le attività di promozione della città.

Crevari Invade, la tre giorni gastronomico-musicale all’Anpi di Campenave, sulle alture di Voltri, devolve in beneficenza gli incassi garantiti dalla vendita delle celebri focaccette di Crevari, della carne alla brace e delle magliette della manifestazione diventate ormai un cult, cambiando ogni anno e “prendendo in giro” con frasi in genovese la moda del momento (nel 2013 twitter). Nel 2012 sono stati donati 33 mila euro all’ospedale Evangelico. Un importante momento di aggregazione per il turismo del paese e la solidarietà territoriale e internazionale. Queste le parole chiave della festa dei gunbi, dal nome degli antichi frantoi, all’insegna della buona e tipica gastronomia ligure, unita alla riscoperta di un borgo caratteristico che in tale occasione, apre le cantine, i carruggi e le piazzette ai visitatori. «L’edizione di quest’anno parte con un po’ di apprensione da parte degli organizzatori – spiega Anna Carrara dell’Associazione festa dei gunbi – sono sorte delle problematiche di tipo logistico e solo la nostra tenacia e la consapevolezza che dalla nostra festa di agosto dipende anche la sopravvivenza delle associazioni da essa sostenute, oltre al fatto innegabile che rappresenta un valore promozionale e turistico per il nostro territorio, ci hanno convinto che era ancora necessario il nostro sforzo organizzativo nonostante le avversità sempre maggiori ogni anno». Un lavoro, quello del direttivo dell’associazione (circa 15 persone) che dura tutto l’anno per organizzare un evento che coinvolge quasi 450 volontari, provenienti anche dai territori limitrofi, per affrontare in sicurezza l’affluenza di circa 10-12 mila persone a sera. «Purtroppo ogni anno la nostra fatica maggiore è cercare di contenere i costi, per garantire una buona vivibilità alla comunità residente – spiega Carrara – per fortuna le istituzioni ci sostengono attivamente e i nostri obiettivi statutari di solidarietà e promozione sociale e turistica ci danno la carica necessaria per mettere in moto ancora una volta una macchina organizzativa di notevole impegno». La novità di quest’anno è rappresentata dal fatto che alla fine della stagione estiva gli organizzatori dovranno smantellare per adeguamenti indispensabili la struttura fissa del Parco del Marchese e tentare di ricostruirne un’altra rispondente a tutte le norme edilizie e sanitarie in tempo per l’edizione 2014. «Per reperire i fondi per tale progetto occorrerà lo sforzo e la collaborazione di tutti – esorta Carrara – associazioni aderenti, istituzioni, commercianti per evitare che quella del 2013 sia l’ultima edizione della festa che apre le porte della tradizione più profonda della Liguria».
OBIETTIVI CONCRETI
Una nuova struttura, inaugurata nel 2010, finanziata con gli incassi delle sagre degli ultimi 25 anni. Non hanno fretta i soci del Circolo giovane Ranzi di Pietra Ligure, che nell’omonima località, intorno a ferragosto organizzano la sagra del Nostralino, sagra che presto compirà 100 anni, organizzata con l’iniziale obiettivo di creare un bacino idrico, «poi i tempi sono cambiati e così le esigenze – racconta uno dei componenti del direttivo del circolo Simone Rembado – abbiamo pensato di realizzare la struttura in muratura per la grande zona verde in località Madonnina, che gode di un panorama invidiabile da Alassio alla Spezia». 200 i soci del Circolo, in pratica il 90% degli abitanti del paese. Nella sagra lavorano quasi tutti: tra le 150 e le 200 persone (parcheggiatori, cuochi, casse, servizio tavoli).

Il Nostralino, vino povero dei contadini, realizzato a fine vendemmia con gli avanzi delle uve, non è un vino pregiato, ma è quello che si beve in compagnia. La sagra di Ranzi punta sulla qualità: «Piatti della tradizione a partire dai ravioli preparati dalle donne del Paese, lo zemin di ceci, la panissa fritta, senza dimenticare le tradizionali trenette al pesto», elenca Rembado. Negli ultimi 30 anni ha rappresentato un richiamo anche turistico per tutta la riviera con la mission di far conoscere tradizioni gastronomiche.
«Nel corso degli anni – ricorda Rembado – abbiamo creato un parco giochi, uno studio medico, aiutato la parrocchia. Prima operavamo in baracche di lamiera, ora, dopo un’opera di sbancamento della montagna abbiamo un’area che si presta a essere anche servita da fogne e luce elettrica 365 giorni all’anno, con un parcheggio di mille posti auto. Non così fortunati sulla struttura gli organizzatori di Sagràlea, la rassegna dei vini liguri ospitata a Sàlea d’Albenga dal 20 al 25 agosto. Flavio Maurizio, storico presidente della cooperativa Macchia Verde, non si fa illusioni: «La nuova struttura che avrebbe dovuto ospitare l’edizione 2013 non è ancora disponibile per via di un ritardo del progetto, l’iter burocratico va avanti da circa 10 anni, nel frattempo sono anche aumentati i costi, da mezzo miliardo di lire a quasi 2 milioni di euro. Dopo la sagra vedremo cosa si potrà fare». Sagràlea da 46 anni promuove i prodotti tipici del territorio. È la sagra più vecchia del comprensorio e una tra le più antiche della regione. «A livello regionale è quella più importante sui vini – ricorda Maurizio – e in questi anni abbiamo creato una vera e propria filiera con annessi posti di lavoro. Ospitiamo 200 spazi espositivi, i tempi sono difficili, ma speriamo di riempire anche quest’anno tutti i nostri spazi». L’organizzazione punta molto sulla giornata del martedì che apre ufficialmente la rassegna: «Da 11 anni consegniamo durante la serata d’apertura il “premio Salea e Il Vino” alle persone che hanno contribuito alla promozione del territorio, quest’anno sarà assegnato ad Antonello Maietta presidente dell’Associazione italiana sommelier nazionale».
DIFFERENZE TERRITORIALI
Se pesto e falò di San Giovanni sono il collegamento tra tutta la Liguria anche per quanto riguarda le sagre, esistono molteplici differenze nel territorio. «La sagra dell’asado c’è solo a Levante – spiega Fazio – perché storicamente è la parte della Liguria che ha vissuto una maggiore migrazione verso l’Argentina. A Ponente invece c’è una forte prevalenza di sagre ed eventi legati al vino, perché sono zone dove la terra viene più coltivata a vite. Nello spezzino sono molto diffuse le sagre della tira e dei panigacci. Trasversali sono sicuramente il pesto, in ogni sua variante, il pesce, tra cui lo stoccafisso e la pasta, come trofie, corzetti, ravioli e tagliatelle». «Un’altra differenza tra le sagre liguri riguarda il servizio ai tavoli – aggiunge Fazio – mentre a Levante si tende prevalentemente a far servire i pasti dagli organizzatori, a Ponente, soprattutto oltre Varazze, la tendenza è quella di far fare la fila ai consumatori». La sagra del Nostralino di Ranzi ha ideato un servizio taglia-code sempre più apprezzato: la cassa-web: «Un fiore all’occhiello – dichiara Rembado – perché il grande inconveniente delle sagre sono le code e le casse mai sufficienti; con questo metodo si sceglie il menù a casa al pc, lo si stampa e si ritira il buono per i vari piatti alla cassa dedicata, saltando il 90% della coda. Ogni anno aumentano gli estimatori, che ricevono anche un sms di conferma con il codice da mostrare alla cassa dedicata.
Tra gli eventi più legati alla tradizione, la gara di lancio dello stoccafisso a Cantalupo, frazione di Varazze, che si tiene a gennaio, la festa dell’aglio di Vessalico, prodotto Dop presidio Slow Food dal 2000, le sagre del Vermentino, del Rossese, delle pesche di Valleggia, la cucina bianca di Mendatica. Quest’ultima, in programma il prossimo 24 agosto, porta nel paesino della valle Arroscia (204 abitanti) tra le 4 e le 5 mila persone. Alessandro Lanteri della Pro Loco è uno degli organizzatori della festa che coinvolge tutto il borgo con un itinerario gastronomico che propone assaggi di 20 piatti diversi (al costo di 20 euro), che sono intrisi dell’antica tradizione ligure: «Gli ingredienti principali sono tutti di un colore chiaro, farina, latte, patate, noci, castagne. Ogni aia propone un piatto tipico della tradizione della transumanza e si crea una piacevole competizione tra di loro per offrire il prodotto migliore».

Tra i piatti tipici ci sono le turle (ravioli ripieni di patate e menta) e gli “streppa e caccialà” ovvero dei maltagliati di pasta semplice con cavoli, rape, patate e brusso (una ricotta fermentata dal sapore piccante). «È una delle feste che resta di più nel cuore di chi ama questo tipo di iniziative – dice Lanteri – poiché i piatti cucinati sono poi riproposti tutto l’anno da ristoratori ed esercenti e alcuni di loro sono riusciti a far arrivare questi prodotti nei banchi dei surgelati della Liguria, come il pastificio dei Fratelli Porro che, proprio per questo, è passato da 3 a 20 dipendenti. È un’importante occasione di promozione del territorio che ne risente per tutto l’anno». Ma spesso nelle sagre liguri sono protagonisti della serata anche cibi e bevande non tipicamente locali, come la birra, la Nutella, la pizza, la paella.
Il Circolo giovane Ranzi a fine agosto, per esempio sfrutta il gemellaggio di Pietra Ligure con cittadina della bassa Baviera. I tedeschi portano la birra e i loro piatti tipici, i pietresi quelli liguri un po’ rivisitati. Proprio il legame intrinseco del prodotto protagonista della serata con il territorio è la richiesta avanzata, anche per questa stagione estiva, dalle associazioni di categoria che da anni protestano contro quello che hanno definito «un proliferare di sagre e feste che si svolgono settimanalmente e che hanno come solo scopo la somministrazione e la ristorazione, diventando dei veri e proprio ristoranti all’aperto a discapito sia delle attività locali sia non locali – spiega Cesare Groppi, segretario Fiepet Confesercenti Genova – lo scorso anno, per esempio, abbiamo avuto il caso di un Comune che quasi ogni settimana proponeva una sagra della pizza».
La scorsa primavera Fiepet Confesercenti insieme ad Ascom ha inviato ai Comuni genovesi una proposta aperta «non intendiamo certo impedire lo svolgersi di questi eventi – aggiunge Groppi – ma chiediamo una regolamentazione più ferrea in materia sia per quanto riguarda la durata dell’evento, non più di uno al mese per Comune sia per la promozione dei prodotti tipici locali. Non ha senso – sostengono Confesercenti e Ascom – che a Sant’Olcese si organizzi la sagra della cozza anziché quella del salame e, vista la crisi che sta colpendo il settore della ristorazione, sarebbe opportuno il coinvolgimento dei ristoratori della zona nella preparazione di prodotti tradizionali del territorio. Finora abbiamo avuto risposte solo dai Comuni di Recco e di Rossiglione, che dovranno discutere la proposta in giunta, per cui abbiamo provveduto a un sollecito nei confronti degli altri Comuni».
UN ASSESSORATO AD HOC
Non è un caso che a rispondere sia stato il Comune di Recco, che alle tradizioni ha dedicato una delega in assessorato, che oggi è detenuta da Franco Senarega.

La sagra del fuoco dell’8 settembre è uno dei volani turistici più importanti a livello regionale, che porta nella cittadina del golfo Paradiso oltre 30 mila persone quando la ricorrenza “cade” nel week end. «La sagra si autofinanzia – dice Senarega – i volontari dei 7 quartieri raccolgono fondi durante l’anno per la parte enogastronomica e per pagare gli artigiani pirotecnici». Lo spettacolo sul mare e nel cielo è la caratteristica che ha fatto di Recco una delle capitali dei fuochi d’artificio (sulle città dei fuochi l’agenzia turistica In Liguria sembra puntare molto), con i migliori “fuochisti” d’Italia che si danno battaglia in uno spettacolo unico. L’amministrazione finanzia la sagra solo con il personale in rinforzo per gestire l’afflusso di visitatori, una cifra che si aggira intorno ai 50 mila euro, un’inezia paragonata al ritorno economico per bar, negozi, stand gastronomici. «La preparazione dura 365 giorni – spiega Senarega – e aggrega, unisce, fa “comunità”. Tanti volontari usano le proprie ferie lavorative per contribuire alla buona riuscita della manifestazione. Il risultato è che in quei giorni arrivano persone anche extra-regione». Le notizie dei festeggiamenti della sagra del Fuoco (abbinata alle celebrazioni religiose della Madonna del suffragio) si perdono nella notte dei tempi, Senarega cita l’epoca dei saraceni, mentre la versione “moderna” ha oltre 150 anni. L’evento è talmente popolare che la Regione Liguria mette a disposizione treni straordinari, Atp aumenta le corse e le società dei battellieri offrono la possibilità di ammirare lo spettacolo sul mare.
TRADIZIONE GRATUITA
In Liguria esiste ancora una sagra che permette di mangiare il “piatto forte” senza pagare. È una delle sagre più grandi d’Italia e, come ricorda uno degli organizzatori, Franco Po, «è rimasta gratuita grazie all’aiuto economico di Regione Liguria e Comune di Sestri Levante, che riescono a finanziarla con circa 40 mila euro». È la sagra del bagnun a Riva Trigoso, ovvero il piatto povero dei pescatori del Tigullio.
Gli ingredienti vengono acquistati per soddisfare circa 6 mila palati: 120 kg di gallette, offerte da 5 panificatori della zona, 320 kg di pomodori “pendini”, 10 kg di aglio, 30 kg di cipolle, 10 kg di prezzemolo, 700 kg di acciughe, 50 litri di olio extravergine, vino, sale e zucchero per togliere l’acidità al pomodoro. «Tutto intorno c’è una festa che dura da 53 anni – dice Po – organizzata da un’associazione che ha 50 membri e cerca pulitori di acciughe che siano veloci e in un’ora siano in grado di fare una cassetta. La ricompensa? Focaccia e vino bianco al mattino per quelle tre ore di lavoro e saltare la coda alla sera durante la distribuzione del bagnun». La novità dell’anno sarà il corso di sfilettatura di pesce povero, nel solco della tradizione che vede le cooperative di pesca e di prodotti tipici in prima fila: «Come quella degli olivicoltori sestresi, per esempio, è una delle più grandi in Liguria, ha 1700 soci».