Altro passo avanti verso la conclusione di quello che comunemente in Italia viene chiamato “risiko bancario” e che, in realtà, è diventato un intricatissimo garbuglio in cui c’è la possibilità che nessuno dei protagonisti raggiunga il proprio obiettivo strategico, come invece accade quando il risiko, che si gioca a carte, giunge a termine.
La sottosegretaria dell’Economia Maria Cecilia Guerra nel corso di un Forum con l’agenzia Il Sole 24 Ore Radiocor ha confermato che la manovra conterrà una proroga degli incentivi alle aggregazioni a giugno 2022. Si tratta della norma che consente di trasformare le Dta in credito d’imposta, introdotta con l’ultima legge di Bilancio.
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La misura era attesa da quando l’agenzia Reuters ne aveva pubblicato una bozza, ora è ufficiale. Ed è indispensabile (anche se non sufficiente) per la soluzione del nodo Mps, che attualmente ostacola il riassetto del sistema bancario. Solo dopo che il tassello Mps sarà andato a posto si potrà pensare alla collocazione dei tasselli minori, tra i quali quello di Carige.
Sulla banca senese da tempo sono in corso trattative tra il Tesoro e UniCredit. L’obiettivo sarebbe quello di trovare un’intesa entro il 27ottobre, giorno in cui UniCredit approverà i conti del trimestre. Il ceo di UniCredit, Andrea Orcel, ha fatto sapere alla controparte che la scadenza è funzionale anche al rispetto dei tempi del nuovo piano industriale del gruppo bancario, che sarà presentato al mercato a novembre.
Grazie alla proroga agli incentivi annunciata dalla sottosegretaria Guerra, Unicredit ha più tempo per trovare un accordo che porterebbe a conto economico circa 2,3 miliardi di crediti fiscali. Ma gli ostacoli all’accordo non sono affatto agevoli da superare. Il colosso bancario chiede che prima di procedere all’acquisizione della banca senese questa venga rafforzata con aumento che si stima sui 7 miliardi: 2,5-3 miliardi per riportare il Cet1 di Siena a livello di UniCredit (15,5%), fino a 3,5miliardi per finanziare i circa 7mila esuberi e 2,5 miliardi circa per svalutare una porzione di Stage2. Da questa somma verrebbero detratti i circa 1,8 miliardi netti di Dta. Il Governo punta a limitare quanto più possibile l’esborso a carico dello Stato, anche per evitare contestazioni da parte di Bruxelles. Inoltre Orcel vorrebbe ricevere la banca senese già alleggerita degli esuberi, mentre il Governo intenderebbe lasciare la spinosa questione all’acquirente. Inoltre Unicredit non è interessata a Capital Services, Fiduciaria, Leasing& Factoring e Consorzio operativo, servizi specialistici per i quali evidentemente dispone già di competenze e risorse sufficienti. Ma i sindacati non vogliono sentire parlare di spezzatino e dovrà essere il Governo a trovare una soluzione.
In sostanza ci sono gli incentivi, il tempo e la volontà delle parti per trovare un accordo ma l’esito non è scontato. In caso positivo si riaprirebbe il discorso, che ogni tanto viene ripreso, di un terzo polo bancario italiano: e Carige (che avrebbe da offrire Dta per un valore da un minimo di 420 milioni a un massimo di 1,3miliardi, secondo le condizioni fiscali del partner) potrebbe rientrare in una delle combinazioni di cui si parla da mesi, con Banco Bpm, PopSondrio, Bper, e altre. Eventuali soggetti interessati a un’aggregazione con la banca ligure dovranno però tenere conto della richiesta di risarcimento (oltre mezzo miliardo) presentata al Tribunale di Genova dai vecchi azionisti nei confronti dell’attuale Carige. Siamo al primo grado di giudizio, ma la decisione dei giudici, in un senso o nell’altro, avrà la sua importanza. I vertici della banca ritengono infondate le ragioni delle controparti, tanto che non hanno neppure predisposto alcun accantonamento a bilancio nel caso di un esito negativo della vertenza. La sentenza è attesa per il 4 novembre.