Un’analisi delle correlazioni tra Pil Usa, Ism servizi (eff. di maggio: 52,9, in rallentamento rispetto al mese precedente) e manifattura (eff. 52,9, in leggero rialzo), suggerisce che l’economia americana ha il potenziale per crescere attorno all’1,5% nel secondo trimestre dell’anno, un valore leggermente inferiore all’attuale consensus mediano degli analisti (pari a 1,6%).
Desta qualche preoccupazione il forte calo della crescita dei salari non agricoli (eff. 38.000 unità; consensus: 160.000), un dato che, dal 1997, si è osservato poco prima delle recessioni del 2001, del 2007-2009, e, temporaneamente, nel 2011. Tre le possibili cause: la prima, che la flessione possa essere dovuta, almeno in parte, a una prima stima ufficiale eccessivamente pessimistica (gli esperti ricordano che il dato in questione è soggetto a successive revisioni): nei prossimi mesi potrebbe pertanto essere rivisto al rialzo, su valori più in linea con quanto atteso venerdì dagli analisti. A supporto di questa ipotesi, si nota che il tasso di disoccupazione è sceso al 4,7%, più velocemente di quanto atteso dagli analisti di mercato, e che il sondaggio Adp occupazione, che misura la dinamica della creazione di buste paga nel settore privato, storicamente molto correlato ai salari non agricoli, non abbia registrato rallentamenti di sorta (eff.: 173.000; consensus: 173.000; prec.: 165,8).
La seconda possibilità è data dal fatto che il calo rappresenta correttamente la dinamica del mercato del lavoro, ma è principalmente dovuto a fattori solo temporanei.
Infine, terza ipotesi, gli Stati Uniti stanno per entrare in recessione, circostanza che determinerebbe, nei prossimi mesi, un ulteriore calo di questa statistica, che tipicamente sconfina in territorio negativo, in fasi storiche di contrazione dell’attività economica.
A supporto delle ultime due ipotesi, quanto rilevato dalla componente occupazione dell’Ism servizi (in contrazione a 49,7), nonché le indicazioni di rallentamento emerse dall’indice di fiducia dei consumatori del Conference Board. Il calo dei Pmi cinesi di maggio, in quest’ottica, non fa che aumentare i rischi di ribasso per l’economia globale. Nel complesso, la lettura del contesto economico globale, e più nello specifico di quanto emerso di recente sugli Usa, porta gli esperti a concludere che delle tre possibilità, quella di un avvitamento in una spirale recessiva è ancora la meno probabile, almeno nei prossimi mesi; tuttavia, l’aumento dei consensi su un’uscita dell’Inghilterra dall’Unione Europea rilevata dagli ultimi sondaggi di opinione, e l’impatto atteso su economia e mercati finanziari globali di uno scenario di questo tipo potrebbe, in una fase congiunturale piuttosto fragile come quella attuale, esacerbare i rischi macroeconomici e finanziari di ribasso, specie nel breve periodo (gli esperti si aspettano, in questo caso, un elevato potenziale di ribasso sui mercati azionari, un ampio margine di ulteriore deprezzamento della sterlina, la possibilità di una recessione tecnica per l’Inghilterra e di un calo del Pil mondiale, senza tuttavia ripercussioni strutturali di grande rilievo nel medio lungo periodo).
A livello di strategia-tattica di asset allocation, quanto descritto suggerisce, prima di tutto, di mantenere un atteggiamento di cautela di breve termine, viste le tiepide indicazioni dei dati sul mercato del lavoro, dell’Ism servizi, e dei sondaggi in tema di Brexit. Stanti questi ultimi sviluppi, e il fatto che i mercati finanziari globali siano rimasti fondamentalmente in una fase di risk on, negli ultimi mesi, sembra molto sensato procedere a prese di profitto sulle asset class più performanti di questi ultimi mesi; in secondo luogo, il suggerimento è quello di rimanere orientati all’accumulo sui risky asset nel medio lungo termine: i dati Usa di venerdì 3 giugno hanno portato i mercati finanziari a ridurre ulteriormente le probabilità attribuite alla possibilità di un rialzo dei tassi Fed a giugno (prob.: 4%) e a luglio (27%), circostanza che dovrebbe mantenere elevata la liquidità sui mercati finanziari globali; inoltre, il rally di mercato osservato da febbraio, associato a stabilizzazione dei prezzi delle materie prime, dovrebbe costituire, a parità di ogni altro elemento, un fattore di sostegno al ciclo economico globale.