Negli ultimi trent’anni sono sparite il 33% delle imprese ittiche italiane per una perdita complessiva di 18mila posti di lavoro. La flotta che resta oggi è composta da appena 12mila unità e la dipendenza dall’estero per gli approvvigionamenti di pesce è salita dal 30% all’85%. Per Coldiretti il dato “non è solo preoccupante, è sconvolgente”.
Coldiretti Pesca Liguria ha accolto dunque con favore l’intervento del ministro Lollobrigida al Consiglio Agrifish, che ha evidenziato la necessità di rivedere il Piano pluriennale per il Mediterraneo occidentale. “Le attuali disposizioni, pur alleggerite dall’accordo raggiunto a dicembre, continuano a imporre sacrifici insostenibili per le marinerie liguri e italiane, già duramente colpite”, commenta l’associazione.
La Liguria naviga in acque altrettanto torbide: «Anche nel nostro mar Ligure assistiamo da anni a una progressiva riduzione delle attività legate alla pesca, un settore strategico per il nostro territorio e per l’esistenza stessa delle sue comunità costiere», sottolineano Gianluca Boeri, presidente di Coldiretti Liguria, e Bruno Rivarossa, delegato Confederale.
Per questo, oggi più che mai, risulta indispensabile “un cambio di passo a livello europeo, con regole che tengano conto non solo degli obiettivi ambientali ma di un concetto di sostenibilità a livello tridimensionale: anche economica e sociale dell’intero settore, che deve mantenersi competitivo, all’avanguardia, e pulsante per le comunità”.
«Bisogna tutelare le nostre marinerie − spiega Daniela Borriello, responsabile nazionale Coldiretti Pesca − perché rappresentano un patrimonio di tradizioni, identità e lavoro. In merito al concetto di lavoro, risulta dunque fondamentale rivedere le politiche europee in materia di pesca, garantendo equilibrio e maggiore flessibilità. Solo così sarà possibile sostenere le imprese, incentivare il ricambio generazionale e preservare il valore delle nostre comunità costiere. Non possiamo permetterci di perdere un settore così importante per la Liguria, sia dal punto di vista economico che culturale».
Aggiungono Boeri e Rivarossa: «Da troppo tempo assistiamo a una drastica riduzione del numero di imprese e lavoratori nel settore della pesca italiana: meno di un marinaio su 10 (9%) imbarcato sulla flotta peschereccia italiana ha oggi meno di 30 anni, a causa della mancanza di un vero ricambio generazionale proprio legato alle troppe incertezze che gravano sul futuro della pesca italiana. È il momento di invertire la rotta e adottare una nuova strategia europea che ponga sullo stesso piano gli aspetti ambientali, economici e sociali. Se non si interviene subito con decisione, rischiamo di vedere scomparire intere comunità legate alla pesca, con una perdita irreparabile per l’economia, la cultura e l’occupazione del nostro Paese. Serve un impegno collettivo per preservare un patrimonio insostituibile per l’Italia e per le generazioni future».