Il futuro dell’area Enel alla Spezia non sarà il turbogas. È quanto emerso dall’audizione in commissione regionale ambiente di Claudio Fiorentini, responsabile affari istituzionali nord Italia Enel, dell’ingegner Marcello Laviani, responsabile del progetto Bess e di Pierluigi Bianchi, referente affari istituzionali Regione Liguria per Enel.
Lo confermano sia Roberto Centi della lista Sansa sia Paolo Ugolini del Movimento 5 Stelle.
«Oltre che la conferma della definitiva chiusura della centrale a carbone e dismissione della banchina di attracco per le navi carbonifere, a nostra precisa domanda i dirigenti Enel hanno confermato l’abbandono del progetto della centrale a turbogas − dice Roberto Centi − per quanto riguarda il sito della Spezia, Terna ha deciso di puntare sul progetto che prevede l’uso delle batterie di accumulo (Bess), senza emissioni, per un totale di 40 container batteria che copriranno circa un ettaro e faranno uso degli impianti di diffusione e di rete già esistenti; inoltre, attraverso l’aggiudicazione del bando di 13 milioni di euro della Regione Liguria con fondi Pnrr, Enel punterà sulla produzione di idrogeno verde da fonti rinnovabili. È anche in corso la valutazione, da parte di Enel, di investire nell’area di Vallegrande su una fabbrica di produzione di pannelli fotovoltaici con caratteristiche simili a quella di Catania, anche se ci sono in esame anche altre candidature nel Paese.Faremo di tutto per favorire questo percorso».
Secondo Centi ora urge un confronto istituzionalizzato con tutti i portatori di interesse del territorio, a partire dai sindacati, «perché un’area così vasta e così ben servita può diventare un gioiello unico in tutta Italia nella ricerca e nella produzione di energie rinnovabili, mentre a ora i progetti sicuri riguardano solo poco più di 11 ettari su 74, per traguardare industria sostenibile e buona occupazione. Saranno intanto necessari 5-6 anni per la dismissione e lo smaltimento totale della attuale centrale, con precedenza alle aree coinvolte nei nuovi progetti».
«In commissione abbiamo anche richiesto − aggiunge Ferruccio Sansa − di studiare per Spezia la possibilità di creare un polo di ricerca e formazione sulle energie in collaborazione con l’università».
I consiglieri della lista Sansa si dicono però preoccupati dal «numero non chiaro e comunque non elevato di nuova occupazione e la nebulosità della candidatura dell’area di Vallegrande a factory di pannelli fotovoltaici; sarebbe necessario invece un investimento occupazionale reale sul territorio almeno paragonabile a quello di Catania, dove saranno impiegati più di mille lavoratori. Esistono tutte le potenzialità logistiche del sito spezzino ed è già presente un sistema di infrastrutture che possono favorirne lo sviluppo ad ampio spettro per il futuro energetico e industriale in campo Green del Paese».
«Come M5S, abbiamo sempre detto che il no alla centrale a turbogas non era negoziabile e oggi in IV Commissione, come dichiarato dalla stessa Enel, è arrivata la conferma: la conversione al turbogas della centrale non si farà. Vince l’ambiente, vince la sostenibilità, vincono i cittadini di La Spezia». Lo ha dichiarato il consigliere regionale del M5S Paolo Ugolini.
«La società, che non si era presentata all’audizione dello scorso ottobre – aggiunge – ha riconosciuto che la città ha già dato (e tanto) ed è arrivato il momento di demolire la centrale e contestualmente bonificare l’area per poi restituirla alla città con nuove progettualità ecosostenibili».
«La strada tracciata è quella che abbiamo più volte auspicato: bene che sul tavolo ci sia il progetto per un impianto di produzione di energia fotovoltaica, in coerenza con l’impegno che lo stesso gruppo ha preso nel solco della transizione energetica nel nostro Paese. Bene che si stia concretamente ragionando per lo sviluppo di un progetto di idrogeno verde. E bene che per la centrale “Montale” sia stato dato il via alla realizzazione di un progetto Bess, Battery Energy Storage System, per il quale l’apertura del cantiere è prevista entro il primo semestre di quest’anno. Resta da capire il nodo occupazionale dell’area. Sappiamo che nei cantieri della demolizione e successiva bonifica, per le quali sono previsti lavori per 5-6 anni, lavoreranno tra le 20 e le 40 persone con coinvolgimento di manodopera locale, ma non è ancora stata definita o comunque comunicata la forza lavoro che sarà impiegata nell’impianto futuro».