Il centro di ricerca Fondazione Cima ha realizzato la prima mappa a scala sovranazionale per la pericolosità degli incendi relativa al Mediterraneo Orientale.
L’articolo scientifico è stato recentemente pubblicato sulla copertina dell’International Journal of Wildland Fire: i ricercatori dell’ambito incendi boschivi di Fondazione Cima, in collaborazione con colleghi dell’Istituto di Geoscienze e Georisorse del Cnr e dell’Università di Losanna, hanno presentato una mappa di pericolosità degli incendi boschivi per il Mediterraneo.
La mappa è stata ottenuta elaborando una vasta mole di dati riguardanti le caratteristiche bioclimatiche, topografiche e antropiche del territorio, attraverso tecniche avanzate di machine learning.
«La nostra mappatura copre Italia, Slovenia, Croazia, Balcani occidentali, Grecia, Cipro, Bulgaria e Turchia: comprende tutte le le regioni in cui stiamo lavorando nell’ambito del progetto IPA Floods&Fires, dedicato al rafforzamento della gestione del rischio alluvionale e di incendi boschivi e nell’ambito del quale è stato possibile iniziare a testare i nostri algoritmi. Nel complesso, parliamo di un’area molto vasta e, soprattutto, caratterizzata da una varietà di differenti regioni biogeografiche, ossia con caratteristiche in grado d’influenzare gli incendi molto diverse tra loro», spiega Andrea Trucchia, ricercatore di Fondazione Cima e primo autore dello studio.
Le caratteristiche climatiche e geografiche del territorio sono tra gli elementi più importanti nel valutare la probabilità che un incendio si verifichi e nel prevedere come possa comportarsi.
«Per fortuna, abbiamo molti dati a disposizione, provenienti da database internazionali e a libero accesso. Raccoglierli e incrociarli per creare la mappa di pericolosità è stato proprio quello che abbiamo fatto in questo studio: ci siamo avvalsi delle informazioni disponibili su diversi sistemi per capire come prima cosa quali sono le zone in cui gli incendi sono più frequenti», spiega Trucchia.
Oltre a questo i ricercatori hanno guardato le aree che hanno anche disponibilità di combustibile, quelle in cui i danni a infrastrutture e persone sarebbero maggiori, e hanno incrociato la presenza degli incendi con le caratteristiche del territorio.
Si tratta di una mole vastissima di dati da incrociare tra loro, tanto più che alcuni s’influenzano l’un l’altro. È qui che entra in gioco il machine learning, che Fondazione Cima aveva già impiegato per creare mappe di pericolosità per la Liguria.
«Il machine learning è una tecnica di intelligenza artificiale che “impara” a incrociare e interpretare i dati per fornire delle previsioni: è impiegata in molti campi diversi, compreso quello della previsione del rischio degli incendi boschivi, ma ancora relativamente poco sfruttata per le mappature di pericolosità. Nel nostro caso, si trattava d’istruire il sistema operativo a riconoscere le situazioni che aumentano il rischio d’incendio, come per esempio la presenza di una pineta in un clima secco, combinando i dati che gli si fornisce − spiega Trucchia −. In questo processo di “apprendimento” degli algoritmi, ci siamo resi conto che uno dei fattori più importanti da tenere in considerazione quando si lavora a grande scala, come in questo studio, sono i climi e microclimi delle diverse aree, ed è importante riuscire a insegnare al sistema come sfruttarli».
Il risultato è una mappa statica, ossia che non tiene in considerazione, per esempio, variabili meteorologiche giornaliere come vento e pioggia, ma che fornisce quasi a colpo d’occhio e ad alta risoluzione alcune delle più importanti informazioni da tenere in considerazione per la gestione del rischio incendi – comprese le strategie di mitigazione. Per esempio, la mappa evidenzia il ruolo della continuità della vegetazione nell’influenzare il rischio: se una zona presenta una copertura vegetale continua di arbusti o pinete mediterranee, il fuoco ha maggiore facilità di propagazione. Ma, allo stesso tempo, una pianta non vale l’altra e la presenza di foreste autoctone di latifoglie può contribuire a limitare la propagazione dell’incendio.
«In generale, un vantaggio di questo approccio è che risulta molto modulare e flessibile: incrociando nuovi layer con i diversi dati che si vogliono tenere in considerazione, è possibile avere un risultato chiaro e immediato», conclude Trucchia.
«Il percorso che ci ha portato a svilupparlo è nato prima a livello regionale, con le mappe per la Liguria, per poi ampliarsi via via a livello nazionale e, oggi, sovranazionale. Adesso vogliamo andare avanti con questo lavoro rifinendo sempre più il sistema, per esempio fornendogli dati locali più accurati e cercando di tenere in considerazione anche la stagionalità degli eventi; inoltre, stiamo lavorando per implementare delle procedure di validazione spaziale ad hoc».
Immagine tratta da Wildfire hazard mapping in the eastern Mediterranean landscape (Trucchia A. et al, International Journal of Wildland Fire, 2023; doi:10.1071/WF22138. Licenza CC BY-NC-ND)