Il numero delle imprese che negli ultimi 5 anni ha deciso di investire in tecnologie e prodotti green è cresciuto del 51% rispetto al quinquennio precedente, riuscendo ad affrontare meglio le crisi.
A dirlo è il tredicesimo Rapporto GreenItaly, realizzato dalla Fondazione Symbola e da Unioncamere, con la collaborazione del Centro Studi Tagliacarne. Al rapporto hanno collaborato Conai, Novamont, Ecopneus; molte organizzazioni e oltre 40 esperti.
L’Italia è il principale destinatario delle risorse del Recovery Plan e anche per questo è chiamata a un ruolo da protagonista nella transizione verde. La sostenibilità, oltreché necessaria per affrontare la crisi climatica, riduce i profili di rischio per le imprese e per la società tutta, stimola l’innovazione e l’imprenditorialità, rende più competitive le filiere produttive.
Secondo il rapporto, la green economy accelera. Negli ultimi 5 anni, 531 mila imprese italiane hanno investito sulla sostenibilità per affrontare il futuro, con un aumento del 51% rispetto al periodo di rilevazione precedente (2014-2018). Il 40,6% delle imprese nell’industria ha investito, valore che sale al 42,5% nella manifattura. Le imprese eco-investitrici sono più dinamiche sui mercati esteri rispetto a quelle che non investono (il 35% delle prime prevede un aumento nelle esportazioni nel 2022 contro un più ridotto 26% di quelle che non hanno investito) percentualmente aumentano di più il fatturato (49% contro 39%) e le assunzioni (23% contro 16%).
La graduatoria regionale secondo la numerosità delle imprese che hanno effettuato eco-investimenti nel periodo 2017–2020 e/o investiranno nel 2021 in prodotti e tecnologie green, mostra uno stacco netto tra i diversi territori: la Lombardia è la protagonista assoluta con 90.520 imprese. Segue, con uno stacco importante, un altro blocco di regioni. In questo scenario La Liguria si colloca a metà, con poco meno di 14 mila imprese che hanno deciso di investire nel green.
Nel 2021 l’occupazione green non è stata in grado di differenziare il proprio andamento rispetto alla dinamica occupazionale generale, interrompendo il trend di crescita riscontrato negli ultimi anni. I contratti relativi ai green jobs – con attivazione 2021- rappresentano il 34,5% dei nuovi contratti previsti nell’anno. Andando nello specifico delle figure ricercate dalle aziende per le professioni di green jobs, emerge una domanda per figure professionali più qualificate ed esperte in termini relativi rispetto alle altre figure, che si rispecchia in una domanda di green jobs predominante in aree aziendali ad alto valore aggiunto.
Anche la graduatoria che tiene conto dei contratti relativi a green jobs, la cui attivazione è prevista dalle imprese nel 2021, e l’incidenza sul totale delle assunzioni dell’Italia e della regione, mostra una situazione disomogenea. Unica ligure nelle prime 20 province italiane è Genova con quasi 25 mila assunzioni (su 38 mila 500 registrate in tutta la regione).
«Nell’anno di ripresa post-pandemia, nel 2021, è cresciuta la quota di imprese eco-investitrici, rilanciando il processo di transizione verde del Paese. Si è passato, infatti, da una quota del 21,4% del 2020, anno in cui gli investimenti green avevano comunque tenuto, ad una del 24,3%». È quanto ha sottolineato il presidente di Unioncamere, Andrea Prete, che ha aggiunto: «Da anni il nostro mondo produttivo dimostra un’attenzione specifica ai temi della sostenibilità ambientale, e oggi, anche in ragione dell’emergenza energetica, guarda con interesse alle potenzialità delle rinnovabili. Ma, purtroppo, i tempi autorizzativi stanno rallentando l’installazione di impianti per la produzione di questo tipo di energia. Basti pensare che nel 2021 è stata installata solo una potenza pari a 1.351 MW, un dato molto lontano dal target definito dal Governo pari a 70.000 MW da installare entro il 2030».