Le incognite sulla formazione del Governo e i timori per i contenuti del “contratto” tra Lega e M5S frenano la Borsa di Milano, in un contesto di debolezza generalizzata dei listini europei, e fanno aumentare lo spread. Piazza Affari ha chiuso con Ftse Italia All-Share a 25.644,75 punti (-1,54%) e Ftse Mib a 23.449,65 punti (-1,48%). Il differenziale tra Btp decennale e Bund si è ampliato ancora fino a raggiungere i 164 punti base, il massimo da inizio anno. Il rendimento del decennale del Tesoro è al 2,22%. Poco mossi il Dax di Francoforte (-0,3%), il Ftse 100 di Londra (-0,1%) e il Cac 40 di Parigi (-0,1%).
Nel listino milanese le vendite hanno colpito il comparto bancario (-3,1% Ftse Italia Banche), in particolare Ubi (-7,8%), Bper (-6,6%), Banco Bpm (-6,4%), Mediobanca (-3,1%), Unicredit (-2,8%), Intesa (-2,4%). Banca Carige resta sulla parità.
Continua la discesa di Mps, che ha ceduto il 3,52% a 2,82 euro. In due sedute la perdita di Montepaschi sfiora il 12%. Intanto una portavoce della Commissione europea in relazione al caso Mps, dopo le indiscrezioni sulla prospettiva di un cambio di management e di strategie voluto dalla futura nuova maggioranza di governo ha dichiarato che «La Commissione europea monitora l’attuazione della decisione sugli aiuti di Stato ed è responsabilità degli Stati membri rispettare gli impegni».
Giù anche Poste Italiane (-3,4%) e Telecom Italia (-3,4%). Chiude in controtendenza Cnh (+3,7%) grazie anche all’avvio di copertura con rating “buy” di Kepler Cheuvreux.
A Wall Street gli indici americani oscillano intorno alla parità. Gli operatori attendono notizie sulla trattativa commerciale tra Usa e Cina.
Il rendimento del Treasury al di sopra del 3% sostiene ancora il dollaro, a 110,7 yen e a quota 1,177 nei confronti dell’euro, penalizzato dall’incertezza politica in Italia.
Fra le materie prime i futures sul petrolio restano in prossimità dei massimi da novembre 2014 toccati ieri, con Wti e Brent rispettivamente a 71,5 e 79,3 dollari al barile, sostenuti dalle tensioni in Medio Oriente e dai segnali di riduzione delle scorte globali. Poco mosso l’oro a 1.291 dollari l’oncia.

























